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Malattie rare. Serve uno sforzo mondiale

Autore: Carlo Hanau



Le malattie rare sono circa 7000 e contando tutti coloro che ne sono affetti in un Paese si arriva a cifre molto elevate, ma questi numeri non possono incentivare le decisioni che gli attori pubblici e privati del sistema sanitario prendono quando si tratta di scegliere le linee di ricerca per combattere una sola singola patologia.
 
In un Paese ove nascono mezzo milione di bambini in un anno (più di quelli nati in Italia) una patologia definita molto rara, con un’incidenza di 1 su 5.000, comporta che vi siano soltanto cento bambini affetti da quella patologia, e se la ricerca sarà coronata da pieno successo, salvando la loro vita altrimenti destinata a morte precocissima, il risultato massimo sarà di 8.000 AVBS per ogni anno (100 casi x 80 AVBS guadagnati per ognuno). Se la ricerca è costata 800 milioni di Euro (ipotesi di ricerca molto costosa per una malattia rara), ogni AVBS sarà costato 100.000 Euro, molto più alto di quello che si sarebbe potuto ottenere applicandosi a malattie di grande diffusione .
 
L’industria farmaceutica presenta costi di produzione molto particolari: quasi tutti i suoi prodotti hanno un costo iniziale molto elevato a causa delle spese nelle fasi di ricerca e sperimentazione, mentre il costo di produzione in grande serie del farmaco già registrato e ammesso alla vendita è generalmente molto basso. Il costo marginale, quello di un’unità di prodotto in più rispetto ai costi delle unità precedenti, si riduce drasticamente fino a diventare molto basso (per paradosso, come quello delle caramelle). I costi di commercializzazione, di distribuzione e somministrazione sono invece abbastanza elevati, poichè necessitano di garanzie (personale sanitario abilitato), che qui non si considerano per semplificazione.
Nel mondo la popolazione globale si aggira sui 7,5 miliardi e i nuovi nati nell’anno in corso sono oltre 130 milioni. Il tasso di rarità uno su 5.000 (soglia dei molto rari) comporta 26.000 malati su tutti i nati nell‘anno. Ammettendo che quella patologia rara prima presa ad esempio sia egualmente diffusa in tutto il mondo, il costo dell’intervento su ognuno dei nuovi nati sarebbe di circa 31.000 Euro e il costo di un AVBS sarebbe 385 Euro.

Una vita in buona salute vale bene un Euro al giorno nella gran parte dei Paesi, ma coloro che hanno fatto le spese di investimento per la ricerca non possono attendere 80 anni.

La programmazione dell‘OMS deve uscire dalla situazione del mercato e deve ottenere i finanziamenti dai Paesi aderenti, nei quali non soltanto il PIL pro capite è differente ma anche la vita umana è diversamente apprezzata: infatti il valore percepito della vita di un bambino è inversamente proporzionale al tasso di natalità del Paese. Se l’OMS potesse governare la sanità mondiale dovrebbe stabilire i Livelli Essenziali di Assistenza mondiali andando oltre l’intervento attuale contro alcune malattie infettive come ebola e garantendo una maggiore equità nella salute dei bambini del mondo.

Queste malattie molto rare possono rappresentare un investimento in ricerca appetibile anche dalle case farmaceutiche private a patto che la diffusione del farmaco avvenga a livello mondiale. Si sa che non tutti i malati interessati sarebbero in grado di procurarsi il farmaco, essendo condizionati dalla capacità di spesa propria (disponibilità economica individuale o familiare) o da quella di un terzo pagante (assicurazioni, SSN, atti di liberalità). In molti Paesi del mondo il reddito pro capite è basso al punto di non potere sostenere neppure la modesta spesa di un euro al giorno: sarebbe quindi necessario che il costo dell’accesso al farmaco venisse parametrato su questa base, affinché il fatturato complessivo dei ricavi dei produttori risultasse quanto più possibile sostenuto dal numero di trattamenti piuttosto che dal prezzo unitario.

La segmentazione del mercato mondiale con prezzi differenti da Paese a Paese già oggi avviene, nonostante la relativa facilità della circolazione. Comunque nel caso della malattia molto rara presa ad esempio soltanto l’intervento del governo dell’OMS potrebbe garantire di raggiungere un numero di consumatori sufficiente a garantire la remunerazione attesa dalla casa farmaceutica, abbassando notevolmente il prezzo che altrimenti si determinerebbe in regime di mercato, dove i compratori sono pochi e i prezzi sono elevati.

Per le malattie rarissime che incidono meno di uno su 20.000 i casi nel mondo sono meno di 6.500 e si deve ragionevolmente contare sull’impegno diretto degli Enti pubblici di ricerca o di fondazioni caritatevoli private, sia per la ricerca che per la distribuzione del farmaco.

In ogni caso di malattie rare un governo di programmazione sanitaria mondiale può garantire che le case farmaceutiche private si impegnino con decisione in queste ricerche, assicurando agli investitori una resa immediata adeguata alle risorse impiegate ed al rischio di impresa. Un governo mondiale della ricerca pubblica potrebbe assicurare quei finanziamenti alla ricerca che oggi gli Enti pubblici nazionali (come le nostre Università, il CNR e il ministero della salute con gli IRCCS e l‘ISS) non possono ottenere perché i criteri di assegnazione dei fondi pubblici tengono conto dell’interesse collettivo col metro dei risultati attesi in AVBS e valutano il merito di coloro che propongono le ricerche sulla base di indicatori di impatto delle pubblicazioni fatte, per sua stessa natura sempre molto modesto nel campo delle patologie rare.

Pertanto sia nel settore pubblico che in quello privato un governo sovranazionale come quello dell’OMS favorirebbe gli investimenti nella ricerca, con una correzione in aumento della valutazione dei risultati positivi, allargando il numero dei beneficiari, e riducendo il costo individuale del farmaco.

Carlo Hanau
Presidente dell’OdV Tribunale della salute di Bologna

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