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“La Politica ascolti la Scienza per il Bene dell’Italia”

di Vincenzo Balzani*

“Per il bene del Paese è importante che la politica ascolti la scienza”. A dirlo è Vincenzo Balzani, professore emerito dell’Università di Bologna, socio dell’Accademia nazionale dei Lincei, in lizza per il Nobel per la Chimica nel 2016.

Professore, il manifesto del gruppo “Energia per l’Italia”, che lei coordina, è stato firmato da numerosi scienziati. Ha aderito anche il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. Avete ricevuto risposte dal governo? Il ministro Cingolani lo ha letto?

Il documento non aveva come finalità ottenere risposte immediate ma spingere le forze politiche al ripensamento delle scelte compiute in merito alla crisi del gas seguita all’aggressione russa all’Ucraina. Questo ripensamento non c’è stato: l’azione di governo è schiacciata su una dimensione emergenziale ma la crisi energetica è strutturale. Manca una vera strategia climatica, ambientale e industriale, la sola che possa mettere in sicurezza il Paese.Non sappiamo se il ministro Cingolani abbia letto il nostro manifesto. Se ci sarà richiesto, ci renderemo disponibili ad illustrarlo. In vista delle elezioni, stiamo lavorando alla stesura di un “Decalogo” che verrà presentato e discusso con le forze politiche che vorranno ascoltarci, senza pregiudiziale alcuna.

L’indipendenza dalla Russia sembrerebbe possibile entro il prossimo inverno. Si passerà dalla dipendenza russa ad altre dipendenze. Ancora combustibili fossili. Cambiano gli scenari, ma la sostanza resta. Siamo affetti da gattopardismo?

Più che di gattopardismo parlerei di incapacità, di mancanza di una memoria storica condivisa e di una chiara visione strategica. Dal ‘73, anno della guerra del Kippur a cui seguì l’embargo petrolifero dei paesi Opec, abbiamo attraversato diverse crisi energetiche dovute all’instabilità delle aree in cui sono concentrate le principali riserve di gas e petrolio. Ciò nonostante abbiamo continuato a dipendere dalle fonti fossili: una scelta dannosa dal punto di vista climatico ed energetico che ha accresciuto la vulnerabilità del nostro Paese esposto al ricatto di regimi autoritari ed autocratici. Il governo dimissionario si è impegnato nel ricercare nuove fonti di approvvigionamento soprattutto in Africa, ottenendo in un colpo solo due risultati nefasti: incoraggiare lo sfruttamento di paesi poveri, anziché aiutarli ad investire nello sviluppo di energie rinnovabili, e mantenere il sistema energetico nazionale ancorato alle fonti fossili.

Con la crisi politica e le imminenti elezioni, c’è la possibilità che il Paese sia governato dai cosiddetti negazionisti climatici. Cosa manca ai nostri politici per compiere le scelte giuste?

Manca spesso la capacità di vedere nel futuro. Alcide De Gasperi diceva: “La differenza tra un politico e uno statista sta nel fatto che il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”. In Italia abbondano i politici e scarseggiano i veri statisti. Molti non si sono ancora resi conto che il cambiamento climatico potrebbe portare gravi danni: estensione delle zone desertiche, diminuzione della produttività agricola, perdita di biodiversità, probabile diffusione di virus, aumento del livello del mare, inondazioni, siccità e riduzione del manto nevoso con conseguenti problemi per turismo estivo e invernale. Ancora più importante, l’aumento delle temperature e l’estensione di zone desertiche nella vicina Africa causerebbero un forte aumento dei migranti climatici. Altri politici, invece, sono preoccupati che l’attività di certi settori industriali, specie quelli estrattivi, subiranno un drastico ridimensionamento.

Voi escludete il ricorso al nucleare, ma qualche giorno fa il Parlamento europeo ha confermato la volontà di includerlo – insieme al gas – nella tassonomia green. Basterà un nome a cambiarne gli effetti?

Lo sviluppo del nucleare per combattere la crisi climatica non ha senso per molti motivi. Non è una fonte energetica rinnovabile, le scorte di combustibile sono limitate; non emettono CO2 mentre funzionano, ma ne generano moltissima per processare il combustibile e costruire la centrale. Ci sono poi ragioni di tempo, di costi e di sicurezza. Ad esempio la centrale di Olkiluoto 3 costruita dai francesi in Finlandia, progettata nel 2000, i cui lavori sono iniziati nel 2005, è entrata in funzione nel 2022, con un costo finale di circa 9 miliardi di euro contro i 3,2 stimati inizialmente; in Francia in questi mesi è stato necessario chiudere 12 reattori a causa di impreviste corrosioni; il problema delle scorie non ha soluzioni; la siccità rende problematico il raffreddamento dei reattori; gli incidenti di Chernobyl e Fukushima hanno dimostrato la pericolosità intrinseca degli impianti nucleari, che sono anche punti sensibili in caso di guerra. C’è poi una stretta connessione fra nucleare civile e armi nucleari.

In merito all’efficientamento energetico, proponete la coibentazione delle case. Con il decreto Rilancio è già stato approvato un super bonus del 110%. Ma è molto osteggiato. Secondo lei va eliminato o è efficace?

Il settore edile è fra i principali responsabili delle emissioni di gas serra e dei consumi energetici. Molto si può fare nell’efficientamento delle nostre case e di tutti gli edifici, pubblici e privati. Le nuove tecniche edilizie, i nuovi materiali e le tecnologie oggi ci danno l’opportunità di ottenere edifici a consumo energetico zero, migliorando il confort abitativo.  Il super bonus del 110% in linea di principio ha considerato il tema e ha, in parte, contribuito a quanto detto. Tuttavia, è stato gestito in modo inefficace, lasciando spazio a speculazioni e a comportamenti non corretti.

In merito ai trasporti, la Germania di recente ha promosso i mezzi pubblici con un abbonamento mensile di 9 euro. Potrebbe essere questa la scelta vincente anche nel nostro Paese?

Le tecnologie rinnovabili permettono di produrre energia elettrica in grande quantità. Parallelamente bisogna ridurre i consumi, prediligendo i mezzi pubblici alle automobili. Favorire stili di vita più sobri richiede però molto tempo e società ben organizzate. Il risultato dell’abbonamento mensile a 9 euro potrebbe essere vincente per aiutare le famiglie che fanno già uso dei mezzi pubblici. Il rincaro sui carburanti ha già spinto gli italiani ad utilizzare mezzi pubblici. L’Agi stima che già 16,3 milioni di italiani utilizzano ogni giorno un mezzo pubblico. Non abbiamo nulla da invidiare con i nostri 24,94 barili di petrolio, consumati ogni 1000 abitanti al giorno, ad altri Paesi che sono noti per una maggior organizzazione dei trasporti pubblici come la Germania che ne consuma 30,69 o la Norvegia o i Paesi Bassi rispettivamente 47,01 e 60,32.

Si attende che il ministro Cingolani firmi il decreto sulle comunità energetiche rinnovabili (Cer) e poi occorrerà l’ok del dicastero delle Politiche agricole e della Cultura in merito ai vincoli paesaggistici. Cosa pensa del modello di autoconsumo collettivo?

Le comunità energetiche sono lo strumento necessario per la gestione dell’energia rinnovabile prodotta e consumata nella rete di bassa tensione a cui sono collegati il 97% di tutte le utenze nazionali (famiglie, imprese, attività commerciali). Da sempre gli utenti che immettono energia elettrica dai loro impianti fotovoltaici la scambiano con gli utenti più prossimi così come definito dalla legge n. 8/2020 sulle comunità energetiche. Il 70% dell’energia che consumiamo è ubicato nelle nostre famiglie per cui se ogni famiglia producesse e consumasse la propria energia, allora cittadini e imprese elettrificandosi e producendo energia da fonte rinnovabile su scala locale potrebbero affrancarsi dai combustibili fossili. In questo momento è necessario che il 30% di rinnovabili centralizzate, parchi eolici, impianti fotovoltaici, idroelettrico e in piccola parte biomasse, venga realizzato quanto prima. Il restante 70% avrà certamente tempi più lunghi.

Ondate di calore anomale, incendi, siccità, inondazioni. La crisi climatica è sotto gli occhi di tutti. Secondo Greenpeace però se ne parla ancora poco in tv: i media italiani sarebbero condizionati dall’industria estrattiva. Cosa ne pensa?

Di clima si parla e si scrive troppo poco, abusando di termini non appropriati. Per “emergenza”, ad esempio, si intende una circostanza non prevista né prevedibile; ciò che invece sta accadendo è diretta conseguenza delle emissioni di gas climalteranti causate dalle attività antropiche, documentate dall’Ipcc già dall’88. I media si stanno occupando della crisi idrica e della siccità che sta mettendo a rischio fino al 30% della produzione agricola nazionale ma spesso non mettono in evidenza la relazione tra causa (utilizzo gas, petrolio e carbone) ed effetto (emissioni di CO2, surriscaldamento del pianeta, siccità e povertà alimentare). Ovviamente non si può generalizzare ma certi titoli negazionisti sono frutto dell’incultura scientifica e, pertanto, inaccettabili.

Il 28 luglio – secondo Global Footprint Network – ha segnato la fine delle risorse naturali per il 2022. L’overshoot day per l’Italia è arrivato ancora prima, il 15 maggio. Siamo in debito ecologico col Pianeta di 19 anni. I dati scientifici aumentano ma poco attecchiscano sulla politica. Come mai persiste questo scollamento?

Sono trascorsi più di  40 anni dalla pubblicazione del rapporto Charney sugli effetti delle attività umane sul clima. Da tempo gli scienziati hanno lanciato il grido d’allarme sul depauperamento, l’esaurimento e lo spreco delle risorse naturali. Purtroppo, sempre inascoltati. Molti studiosi, scienziati, filosofi hanno proposto modelli di sviluppo disaccoppiati dai consumi, proponendo la necessità e l’urgenza di un’accresciuta sobrietà, si tratta della sufficiency, la sufficienza, indicata come l’unica strada per un futuro sostenibile. Dobbiamo prevedere di utilizzare solo la quantità di risorse realmente sufficiente per garantire una qualità di vita dignitosa a tutti. La politica invece continua a mantenere un modello che noi definiamo vecchio e sorpassato: quello secondo cui lo sviluppo e il progresso devono coincidere con la crescita economica, l’aumento del Pil, la crescita dei consumi. Sappiamo che è sbagliato.

*Vincenzo Balzani, insignito del Premio Unesco-Russia Mendeleev 2021 e vincitore quest’anno del riconoscimento Ssf Molecular Machinery e del premio internazionale Cervia Ambiente.

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