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“I FONDAMENTI BIBLICI DELLA NON-VIOLENZA”

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“I FONDAMENTI BIBLICI DELLA NON-VIOLENZA”
di Pietro Lombardini
La conferenza è tenuta da Pietro nel 1993, presso l’associazione Pax Christi, quattro anni dopo un evento che segna una svolta epocale: la caduta del muro di Berlino. Per la prima volta nella storia l’implosione di un grande impero è avvenuta senza spargimento di sangue. La non violenza è dunque ragionevole. I problemi però si presentano ancora intatti sulla scena della storia: rivalità nazionali, diseguaglianze sociali, disoccupazione, ecc.
In questo contesto il percorso che Pietro intende proporre è questo: l’affermazione dei valori universali (quale quello della pace) non può realizzarsi attraverso l’annullamento delle differenze culturali e religiose, ma dentro di esse, nel rispetto di ogni singola identità. Allora la domanda da farsi è quella che l’antico insegnante di esegesi biblica di Pietro, N. LOHFINK, pose ai delegati di PAX CHRISTI riuniti a Bonn nel 1984: “A partire da che momento un movimento per la pace può dirsi cristiano?”
I – La violenza alla radice della società
Il primo passo da fare è aprire gli occhi sulla violenza. La violenza è alla radice della società e anche la Bibbia, come la riflessione filosofica moderna, presenta un quadro degli inizi segnato da essa in modo determinante. Anche la religione ne è toccata.
A questo proposito Pietro cita RENÉ GIRARD che in migliaia di pagine e con esempi tratti da tutte le culture giunge a questa conclusione: “La violenza e il sacro sono inseparabili”. La violenza viene incanalata e controllata dalla religione nel sacrificio rituale.
Solo a caro prezzo nella Bibbia risuona l’Evangelo, il lieto annuncio di un’alternativa radicale.
Soltanto con questa apertura è possibile cogliere il movimento interno del racconto biblico: il movimento dell’Adam (dell’uomo), quello del popolo che Dio si è scelto con l’Alleanza e quello, infine, della stessa figura di Dio.
II – In principio non la violenza
Ma nella Bibbia, la violenza, malattia degli inizi, non è l’inizio stesso.
Pietro, seguendo le suggestioni offerte da P. BEAUCHAMP, fa seguire a questa affermazione una meditazione sulle 10 parole di creazione: esse non sono un’informazione sull’inizio, sono il dono di un’alleanza tra Dio e l’Adam. Che farà l’Adam? È chiamato a governare il mondo, ma la sua posizione è instabile (la libertà!) collocato com’è tra Dio di cui è l’immagine e l’animale a cui dà la sua immagine. C’è poi relazione tra le dieci parole con cui Dio crea il mondo e le 10 parole con cui sul Sinai crea Israele come suo popolo, suo “figlio primogenito”. Perché questa relazione particolare? Non abbiamo una risposta razionale. Ma Dio procede in questo modo per offrire a tutti i popoli della terra la sua alternativa.
Sceglie Israele e gli dona la Torah. Poi in Gesù Cristo aggiunge la Chiesa come segno.
Scelta ben strana, visto che la storia di Israele e della Chiesa grondano sangue e violenza come quella delle nazioni. Tuttavia è proprio dall’interno di questa storia che scaturisce, come miracolo, l’Evangelo della pace. È il paradosso del “Servo di YHWH” che prende su di sé la violenza del mondo ad aprire la strada al miracolo.

III – Una visione profetica
A questo punto Pietro ci propone una meditazione su due testi profetici.
Il primo si presenta in modo sostanzialmente identico in Isaia 2,1-5 e in Michea 4, 1-5 e ci dice che la società dell’amore e della non-violenza, umanamente impossibile, è un miracolo di Dio, ha un luogo in cui manifestarsi, Sion, e un compito per Israele che deve rendere visibile alle genti la bellezza della “Torah di giustizia” che realizza un ordine alternativo alla società violenta che i popoli si sono data. La profezia esige così una conversione per Israele-Chiesa che fino ad oggi non si è data. Esiste infatti una tensione forte tra il “già” e il “non ancora”. Ma il “non ancora” deve trovare un inizio dentro la storia, nel “già”. Il secondo testo è il quarto canto del Servo di YHWH, Is 52, 1-12.
È un racconto difficile, aspro che vuole far “vedere” la “salvezza del nostro Dio”.
Il paradosso, lo scandalo, è che la violenza si abbatte sul giusto e in questo modo avviene lo smascheramento della violenza stessa e siamo condotti a vedere Dio com-patire la sofferenza del giusto innocente giustiziato!
Il lettore cristiano vi trova quello che ancora non è detto: la resurrezione di Gesù, il giusto che ha offerto la sua vita alla morte. E l’annuncio della resurrezione sigilla il racconto.
IV – Sulla strada dell’adempimento
La meditazione si sposta adesso dal Vecchio Testamento al Nuovo “cuore bruciante” del quale, come dice Pietro, è il racconto della vita e della passione di Gesù la cui esistenza è stata assolutamente libera dalla violenza.
La “magna charta” della sua rivoluzione è il “Discorso della montagna” in cui Matteo ci offre
l’interpretazione definitiva della Torah sinaitica e della profezia di Isaia – Michea.
La “Chiesa” di Matteo si presenta così come il nuovo ordine sociale, miracolo creato da Dio e aggiunta a Israele per viverlo tra le genti.
Purtroppo però la tradizione cristiana ha dimenticato il proprio fondamento giudaico e ha “interiorizzato” e “spiritualizzato” questo annuncio come un messaggio da vivere dalle singole anime, non da realizzare nel mondo.
Ma non era così all’inizio. Pietro cita allora i Padri della chiesa dei primi tre secoli e si ferma ad analizzare la posizione di Ireneo e di Giustino. L’unico elemento distintivo rispetto a Israele è la sequela del Cristo, il riconoscimento di Gesù come Messia che inaugura il Regno di Dio e seguendo il quale si “adempie” la Torah. Quando verrà per i Padri preniceni la pace promessa? La risposta è unanime: è iniziata già oggi!:
È con la svolta costantiniana che avviene il cambiamento e Eusebio di Cesarea (Chiesa d’oriente) fa coincidere la pace messianica con l’Imperium romanum e la Pax augusta, mentre Agostino (Chiesa d’occidente) sposta la pace messianica nell’al di là o (oggi) nell’interiorità dell’anima.
Pietro chiude questa sessione con due citazioni di due donne, una ebrea, CATHERINE CHALIER, e una cristiana, R. RADFORD RUETHER. Compito d’Israele (per l’una) e della Chiesa (per l’altra) è quello di attraversare la storia in quanto popolo per realizzare “un’altra storia”, quella promessa da Dio fin da Genesi 1.
Il suo adempimento è ancora in larga misura davanti a noi, ebrei e cristiani. Lottiamo per una storia irrisolta e il suo adempimento non è tanto uno stato d’essere, ma un movimento, un “entrare nell’…”
Conclusione Provvisoria
Pietro, dopo aver recitato uno dei più bei cantici della Bibbia, il salmo 46, che parla di quella Gerusalemme da cui deve uscire la Torah/la parola di Dio, affida la conclusione provvisoria a cui è giunto alle parole del suo vecchio professore, N. LOHFINK, che dice che la Chiesa non è utile né a sé né agli altri se si esaurisce in appelli morali (propaganda – mass-media) e non nella fede (comunitariamente vissuta) che si abbandona alla promessa di Dio. Se non mostra qualcosa, nella sua vita, nel suo ordinamento comunitario, che già possa ricevere il nome di shalom. Ed è a questo punto che si può formulare una risposta alla nostra domanda iniziale: “a partire da che momento un movimento cristiano della pace può dirsi cristiano?” “A partire dal momento in cui in Israele e nella Chiesa (sebbene in modo diverso!) si prende sul serio il miracolo della propria esistenza come “popolo di Dio” tra i popoli della terra e ci si sa sostenuti dalla parola della Promessa (W. BENJAMIN: “ogni secondo è la porta stretta attraverso la quale può passare il Messia”) e unicamente da essa”.
Infine, quando il discorso sembra ormai concluso, con un omaggio al suo amico PIER CESARE BORI, Pietro riprende e sviluppa l’affermazione iniziale che solo attraverso un approfondimento e una conoscenza critica della propria cultura è possibile aprirsi alla conoscenza delle culture diverse dalla nostra.
Pier Giorgio Vincenzi

PER APPROFONDIRE DIGITA IL LINK:

https://www.fondazioneplombardini.it/file/Home/Manoscritti/I%20fondamenti%20biblici%20della%20nonviolenza/Scheda%20di%20lettura%20per%20I%20fondamenti%20biblici%20della%20nonviolenza.pdf

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