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Cure mirate migliorano la vita a 79% di pazienti con artrite reumatoide

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Cure mirate migliorano la vita a 79% di pazienti con artrite reumatoide

Reumatologia Redazione

Personalizzare i percorsi di cura dell’Artrite reumatoide (Ar) mettendo al centro il paziente-persona con tutti i suoi bisogni clinici, sociali e relazionali. È la richiesta condivisa dal 79% dei pazienti con Ar, convinti che sia questa la strada maestra per garantire una migliore qualità di vita, intesa come benessere psicosociale correlato ad un buon livello di funzionalità, aspetti centrali per una patologia cronica che molto spesso si accompagna a comorbidità.

“La gestione dell’artrite reumatoide richiede una diagnosi precoce, un intervento tempestivo e un approccio olistico che consideri non solo gli aspetti clinici, ma anche quelli psicologici e sociali. Intendiamo abbracciare e sottolineare la necessità di un cambiamento radicale nei percorsi di cura per i pazienti affetti da artrite reumatoide. Vogliamo garantire a questi pazienti non solo un accesso più rapido e facilitato alle terapie innovative, ma anche un supporto costante lungo tutto il loro percorso di cura, che deve essere sempre più personalizzato e rispondente ai bisogni specifici del singolo, considerando anche i danni strutturali e le diverse comorbidità che anche l’artrite reumatoide comporta”.

Il 34% dei pazienti – riporta una nota – ritiene di non aver ricevuto una diagnosi tempestiva, contro il 32% dei medici che ritiene che l’identificazione precoce dei sintomi sia una pratica comune. Mentre quasi la metà dei professionisti sanitari (44,78%) valuta positivamente l’efficienza nella gestione delle comorbidità, solo il 27,91% dei pazienti condivide questa percezione. Una quota significativa di pazienti (20,93%) esprime insoddisfazione, evidenziando una potenziale discrepanza tra la valutazione clinica e l’esperienza vissuta dai pazienti nella gestione delle comorbidità nell’artrite reumatoide. Quasi la metà dei professionisti sanitari (47,76%) ritiene che il rafforzamento della medicina territoriale possa migliorare significativamente la gestione dell’artrite reumatoide; ma solo una minoranza di pazienti (23,26%) percepisce come adeguato l’attuale supporto a livello locale.

L’incidenza dell’artrite reumatoide è di 2-4 nuovi casi per anno su 10.000 individui adulti. Colpisce le donne più degli uomini con un rapporto di 3-4:1, e in una fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni. Il paziente con Ar deve convivere tutta la vita con la malattia e i suoi trattamenti e l’aderenza alla terapia ha pertanto un ruolo fondamentale, riconosciuto quasi nella stessa misura sia dai professionisti sanitari che dai pazienti. Circa la metà dei pazienti, però, sembrerebbe non essere completamente soddisfatta del piano terapeutico, e questo elemento sottolinea la necessità di rivedere e ottimizzare gli approcci terapeutici per migliorare gli esiti complessivi della cura.

A questo tema si collega quello delle disparità regionali nell’accesso alle risorse e ai servizi per l’artrite reumatoide riconosciute da entrambi i gruppi: pazienti (32,56%), medici (35,82%). I pazienti – dettaglia la nota – percepiscono di più la differenziazione. Le disuguaglianze rischiano di compromettere l’accesso dei pazienti a terapie innovative come i Jak inibitori (inibitori della janus chinasi), una classe di farmaci di recente introduzione nel panorama terapeutico dell’Ar, da utilizzare in base a criteri di appropriatezza, attraverso una accurata valutazione dei pazienti che possono maggiormente beneficiarne. Nonostante una significativa percentuale di pazienti (41,86%) ritenga di avere accesso alla terapia più appropriata, esprimendosi con punteggi elevati, una quota non trascurabile, il 20%, valuta negativamente questa accessibilità, indicando la necessità di migliorare l’adattamento e la personalizzazione del trattamento.

È fondamentale l’approccio interdisciplinare nella presa in carico del paziente, che deve essere curato in modo appropriato in tutte le fasi della patologia, dagli esordi fino ai casi più gravi, quando dolore e inabilità sono costanti compagni di vita.

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