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Scienza e certezza

Autore: Manfredi Lanza 

C’è un equivoco, in qualche modo strutturale, in quanto derivante dalla natura stessa e dalle esigenze della mente umana.

Nulla è, ne può essere, assolutamente certo nell’esistenza.

Non sono certe le dottrine religiose. Non è certa la scienza.

La verità è, a livello di esistenza, sfuggente e ondivaga. Non si sa né donde salti fuori, né dove vada a parare. Si presenta in un modo, poi in un altro.

Il mondo, le società civili, sopperiscono, promuovendo pseudo certezze di sostituzione della verità, certezze presunte o convenzionali, imponendole e rendendole cogenti, nonché normative. 

Un esempio: in sede di cosiddetta Giustizia civile o penale, la verità processuale è un succedaneo della verità vera e propria, dal quale non si può prescindere se si vuole garantire l’ordine e la tenuta sociale, dato che la verità autentica è inattingibile.

Quello scientifico, è un metodo di avvicinamento alle verità tramite il ragionamento logico, l’osservazione e l’esperienza o sperimentazione. Per sua natura è falsificabile; nel senso che, procedendo la ricerca, sempre novità più generali e più vere si impongono rispetto a quelle precedentemente enunciate e credute. 

La falsificabilità, che di per se stessa implica una fondamentale incertezza, è il marchio di fabbrica delle conoscenze scientifiche. D’altronde, proprio questa caratteristica di falsificabilità intrinseca, programmatica, è quel che distingue l’approccio scientifico nella ricerca delle verità. Le religioni, dal canto loro, proclamano dogmi e la fede sarebbe una certezza a occhi chiusi riguardo a interpretazioni e precetti emanati da poteri sacerdotali o sapienziali centrali. Le scienze, invece, muovono dalla presa d’atto che l’esistenza è divenire, costante mutamento, e si adoperano per scoprire con mezzi umani, per quanto possibile, le chiavi che regolano tale mutamento.

Il pubblico non riesce a capacitarsi della relatività delle certezze di cui ci è dato fruire nell’esistenza. Non sa adattarsi ad un’incertezza di fondo, nell’ambito della quale tuttavia alcune mezze verità sarebbero comunque più vere, sicure e affidabili di altre, andrebbero pertanto prese provvisoriamente per vere e rispettate come tali. 

Non è facile, per l’uomo della strada, ancor meno per l’acculturato, rassegnarsi a farsi vaccinare in presenza di margini di dubbio sull’innocuità ed efficacia dei vaccini.

Invece è proprio questo che da noi esige la vita. La vita è un arcano e, per certi versi, assurdo dono ricevuto; vivere è un’implicita, gratuita, scommessa. La vera fede non consiste nella credenza fanciullesca in cose dell’altro mondo assimilabili alle fantasie delle fiabe, bensì nell’assunzione del rischio e nell’impegno preso a vivere al meglio in un mare d’incertezze e di guai. L’ubbidienza alle provvisorie regole sociali del gioco è da raccomandare, perché il chiamarsi fuori, oltre a isolarci, nuocerebbe al prossimo, contribuendo a mettere in crisi la convivenza umana. 

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