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PAUSA PRANZO

di Fausto Anderlini*

Il Paese sta tornando a rivivere. Come prima, più di prima, peggio di prima. 

Una gaiezza sforzata come certe risate, tavole imbandite a perdita d’occhio, camerieri che attraversano la strada per servire torme di ruminanti assiepati sui marciapiedi e sotto i portici. Nessuna idea nuova in circolazione. Tutta la tenerezza sociale profusa nell’acme pandemico svanita d’un colpo. Stomaco di tenebra. Ginnastica mandibolare. La Costituzione scolpita nel menu. Movida alimentare. Rischio lo schianto psicologico sotto una marea di fettuccine irrorate con lo spritz. 

Ma qui nella Sovrintendenza lo stato d’animo è generalmente dimesso. Per quanto mi riguarda, anzi, sono già schiantato, anche per il sovrappeso accumulato nella ruminazione solitaria del lockdown. Tuttavia, non è una questione di alimentazione e di ascetica continenza. Come insegna San Paolo mangiare insieme è una sublime esperienza se c’è una fede e una speranza collettiva che trascende la masticazione. Se cioè siamo compagni. Coloro che condividono il pane. 

Non si può mangiare in mistica letizia quando si è sopraffatti da un’ondata di menzogne, manipolazioni, piaggerie e altre stupidaggini. Una supplichevole proroga dei licenziamenti vituperata come una Corea del Nord. Il reddito di cittadinanza sbertucciato perchè inibente il lavoro a salari da fame. Una propostina di patrimoniale minima sommersa dalle urla disperate delle prefiche. Ogni minimo accenno a una politica solidaristica, persino compassionevole, esecrata come un sacrilegio. Le chiavi del potere ben occultate e quelle della crescita consegnate a osti, trattori, albergatori e altri impresari. Figliuolo meglio di Arcuri, Draghi meglio di Conte, la Meloni meglio di tutti. 

Davvero troppo. Quando la forza unidimensionale dell’apparato ideologico è così soverchiante non sembra resti altro da fare se non spegnere la televisione e mangiarsi un panino farcito di prozac.

*sociologo

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