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IL GALLO, ASCLEPIO, IPPOCRATE

di Francesco Domenico Capizzi*

Il Tempo costituisce uno dei pilatri su cui poggia la Medicina, intesa come Scienza, prima e più, che come arte alla quale Socrate in punto di morte raccomanda di regalare “un gallo…dateglielo, non ve ne dimenticate” (Platone, Fedone 399 a.c.). Che venga sacrificato ad Asclepio! Dio propiziatore di guarigioni. Il Tempo contraddice gli esiti miracolosi perché, permeante, comporta attesa, studio, ricerca, riflessione, pazienza, responsabilità, azione, spazio, impegno, fatica, sofferenza, strategia, tattica, immersione nell’Epoca in cui esso scorre e si colloca. 

L’epoca è quella della nostra Costituzione e del Servizio sanitario nazionale universalistico, finalmente accantonate le idee de “l’homme machine” e del lombrosianesimo de “le prostitute che possiedono la prensilità dei piedi delle scimmie” e dei “delinquenti che non hanno la capacità di arrossire…”. In definitiva, il tempo e l’epoca sconfessano atavismi, corrispondenze antropometriche, stigmate genetiche e deviazioni sociali di ascendenza positivista che hanno sorretto, con efficacia e vasti consensi, l’idea di malattia legata alla natura della persona e a misteriosi fattori genetici tali da potere affermare che “si nasce con la cartella clinica già scritta”. 

Principi contraddetti da ricerche epigenetiche ed epidemiologiche che escludono, per larga parte delle grandi classi di malattie, processi fisiopatologici estranei a condizionamenti socio-ambientali e stili di vita. In definitiva, il tempo ha superato il binomio fatale salute-malattia attribuito a concezioni e condizioni esistenziali riconducibili soltanto a formule matematiche, algoritmi e fisio-antropometriche.

Ignorati od accantonati Asclepio emetafisica, confutata la dogmatica e tradizionale Medicina degli umori, nello scorrere del tempo il metodo scientifico è divenuto centrale, anche se bisogna constatare che non pochi fenomeni fisiopatologici risultano tuttora oscuri né subito migliorabili  né risolvibili nell’epoca della Medicina scientifica. Per quanto avanzate, organizzazione e ricerca garantiscono livelli apprezzabili di approssimazione: nonostante i frequenti annunci ottimistici bisogna constatare un crescente andamento epidemico delle grandi classi di malattie.

Ne discende una domanda: come continuare a garantire tutto a tutti con la migliore qualità delle prestazioni diagnostico-terapeutiche e con risultati confortanti a fronte di quantità spropositate di malattie cronico-degenerative e neoplastiche:. 

  • recenti dati ISTAT segnalano circa 22 milioni di portatori di malattie  cronico-degenerative, di cui quasi la metà con due o più malattie e i restanti con una sola malattia, totalizzando la media di 147 persone/1.000 abitanti con una sola malattia, con differenze che vanno da 108 del Trentino a 182 della Calabria, e 211 persone/1.000 abitanti con due o più malattie croniche.
    Inoltre, la quasi totalità degli ultrasessantacinquenni accusa almeno una malattia cronico-degenerativa che necessita di accertamenti e terapie farmacologiche, che ormai rasentano il consumo di 2.000 farmaci al giorno/1.000 abitanti, vale a dire circa due dosi giornaliere per persona pari ad una spesa pro-capite/anno di circa 500 euro, che assommano ad oltre 30 miliardi di euro, in crescita di circa il 20%/anno,  di cui meno della metà a carico dello Stato e il resto a carico dei cittadini (AIFA, 2007-2017; Rapporto Osmed-AIFA, 2016)
  • Da aggiungere le previsioni secondo cui entro il 2035 quasi due anziani su dieci saranno affetti da quattro o più malattie, passando da una prevalenza del 9,8%, registrata nel 2015, al 17% del 2035; un terzo soffrirà di depressione o di danni cognitivi. Gran parte degli anni di vita guadagnati dopo gli ottantacinque saranno impegnati a combattere contro quattro o più comorbilità e con incrementi delle diagnosi di neoplasia del 179,4% e di diabete del 118,1%, anche a causa di un accresciuto tasso di obesità (circa 5 milioni in Italia) e di inattività fisica, peraltro fattori di rischio per l’attivazione di altre malattie (A. Kingston et al., Projections of multi-morbidity in the older population to 2035: estimates from the Population Ageing and Care Simulation model, Age and Ageing, 47, 3, 2018).
  • Per quanto concerne le neoplasie (AIRTUM 2019, ISTAT 2019): in Italia i rischi di insorgenza di tumore nel corso della vita è di uno su due appartenenti al sesso maschile e di uno su tre al sesso femminile con complessive probabilità di guarigione attorno al 50%. In Gran Bretagna i rischi sono sovrapponibili a quelli registrati in Italia (Royal cancer research, London Queen Mary University, British journal of cancer, 2019). 

Di fronte ad una situazione socio-sanitaria paragonabile alle dimensioni di una pandemia è giunto il tempo di puntare decisamente sulla prevenzione primaria e secondaria per non aggravare il già triste bilancio e rischiare di fare esplodere il Servizio sanitario pubblico, di non propagandare ottimistiche mete clinico-tecno-tecnocratico-aziendalistiche e di evitare di “rendere più attrattivo l’ospedale” perché queste vie non costituiscono in nessun modo un progresso scientifico ed organizzativo nel contrastare le crescenti patologie cronico-degenerative e neoplastiche. 

Piuttosto la Medicina rinunci ad Asclepio e segua Ippocrate.

Link di giornali dopo conferenze-stampa: 

  • Già docente di Chirurgia generale nell’Università di Bologna e direttore delle Chirurgie generali degli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna
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