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OGNUNO SCELGA LA SUA GUERRA.

Ferdinando Laudiero* 

( versione 4 marzo 2022)

Una prima guerra è quella scatenata da Vladimir Putin, segno della Bilancia, impegnato a ristabilire le glorie del passato, e stretto fra l’insoddisfazione di una popolazione affamata di libertà (soprattutto fra i più giovani) e anche di beni materiali da una parte e, dall’altra, dalla frustrazione di chi non si accontenta di contemplare la propria potenza militare mentre perde peso politico ogni giorno. A questo lo stesso Putin aggiunge una narrazione falsa sull’umiliazione che la Russia avrebbe subito nel ’90 dai corrotti paesi occidentali, e la pretesa che l’Ucraina, come del resto la Bielorussia, sia una versione dello spirito russo priva di una sua vera autonomia. Nei confronti dei suoi sottoposti Sergej Lavrov e Sergej Naryshkin, Putin è stato feroce fino a fare dubitare della sua stabilità emotiva. Non è stato Stalin a creare l’Ucraina come ha detto senza pudore Putin e tuttavia è vero che per noi è difficile comprendere le vicende contemporanee. Infatti, leggendo le opere dell’ucraino Michail Bulgakov e del bielorusso Fëdor Dostoevskij, riteniamo che si tratti di letteratura russa tout court. Con tutte le contraddizioni del caso, compresi i giornalisti assassinati e i personaggi avvelenati in terra straniera, tuttavia nei primi anni di potere Putin ha cercato di utilizzare lo scioglimento del Patto di Varsavia per ottenere un rapporto di maggiore collaborazione con la NATO e l’Occidente. Comunicare a Putin che la sua sfida viene accettata per liberarsi di lui, nella sua visione è la conferma della guerra.

Una seconda guerra è quella che combatte il popolo ucraino sotto l’immediatezza e l’atrocità delle bombe. In questo momento per il popolo ucraino non c’è tempo per analizzare o recriminare. Occorre difendersi e l’aggressione subìta cancella le divergenze e le contrapposizioni che esistevano e che potranno esplodere dopo questa guerra. Le valutazioni di strategia andavano fatte prima e soprattutto con la presenza e l’aiuto dell’Europa. Così non è stato. Nei giorni scorsi Leopoli, ricca di monumenti dell’impero asburgico, è stata sottoposta a continui allarmi antiaerei al solo scopo di coinvolgere emotivamente la popolazione nella guerra per la riconquista della Crimea che si trova laggiù, dall’altra parte del mondo. La parola Ucraina significa terra di frontiera e l’Ucraina è stata sottoposta nel corso della storia a ripetute conquiste, asportazioni di territorio e invasioni da parte di Mongoli, Polacchi, Russi, Austro Ungheresi e Tedeschi. Tuttavia, la resistenza di questi giorni dimostra che esiste un popolo ucraino che rivendica la propria autonomia. C’è chi parla di orgoglio ucraino ricordando che Kiev è stata fondata quando Mosca era, sì e no, un villaggio di capanne. Tuttavia, così si dimentica che la Kiev del XIII secolo era un centro commerciale multietnico con la presenza di slavi, ebrei, greci ed una componente dominante di scandinavi. Se la lingua russa nasce alla fine del ‘700, quella ucraina vede la luce 50 anni dopo come lingua locale; insomma, non è semplice stabilire ragioni e data di nascita dell’orgoglio ucraino. Invece, già negli anni passati, sarebbe stato doveroso fare politica, costruire accordi rinunciando a riarmare l’Ucraina in vista di un futuro conflitto.

Una terza guerra è quella voluta da Joe Biden, segno dello Scorpione, che ormai non sperava più in una rielezione mentre ora punta a rivendicare che non si sarà limitato ad eliminare qualche sceicco del terrore come i suoi predecessori ma addirittura lo zar, l’imperatore del male. La sua non è un guerra per spingere la Russia verso una qualche evoluzione ragionata bensì una guerra per abbattere un leader e confermarsi egli stesso come leader. Per il resto, la sua attenzione principale è rivolta più ad Est. Abbiamo già visto in Iraq e in Libia cosa significhi fare la guerra e abbattere i leader senza avere, non dico un ideale, ma almeno un progetto. La strada scelta, infatti, è quella di mettere i russi contro Putin: i russi affamati, i russi che contano le perdite di vite umane e, soprattutto, i russi che contano. Una operazione che sembra condotta senza chiedersi cosa significhi abbattere la politica e consegnare maggiori poteri agli oligarchi. Sembra di tornare ai tempi nei quali si puntò tutto su Eltsin che prometteva di aprire autostrade ai capitali stranieri costruendo, sono sue parole, una economia di mercato in trenta giorni. Biden si può permettere di fare questa guerra senza troppe preoccupazioni perché paga un prezzo irrisorio. Per questo ha costretto gli alleati riluttanti a sottoscrivere un blocco (sia pure limitato) di trasferimenti internazionali di moneta. Basta guardare gli indici di Borsa di New York. Se il Dow Jones perde qualcosa, quella lieve perdita è compensata dal Nasdaq. Per di più, petrolio, gas, cereali ed armamenti vengono esportati a prezzi prima insperati. È il momento di comprare i titoli degli energetici e degli armamenti e dismettere quelli delle fonti rinnovabili. 

Una quarta guerra è quella combattuta dal leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj, segno dell’Acquario. Non ha alle spalle un percorso politico significativo, è stato eletto soprattutto contro un sistema corrotto, è bravo ovviamente nella comunicazione, aveva un paese attraversato da forti tensioni, ed era atteso ad una prova importante. Nei giorni che hanno preceduto la guerra ha avuto un atteggiamento oscillante. Prima ha accusato l’Occidente di sottovalutare questo pericolo; poi ha esortato l’Occidente alla calma perché l’invasione non era ancora scontata; infine ha rimproverato l’Occidente di non essersi mosso in tempo. Nei confronti dell’avversario diretto non ha cercato un accordo (a quel punto forse impossibile) ma, al contrario, non ha disdegnato la provocazione. Alla vigilia dell’invasione, mentre Putin chiedeva la neutralità dell’Ucraina, dopo che Olaf Scholz (segno dei Gemelli) aveva tentato di smorzare i toni dichiarando che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato non era all’ordine del giorno, Zelens’kyj ha ribattuto che presto l’Ucraina sarebbe entrata nella Nato. Forse Zelens’kyj contava su tutt’altro aiuto da parte dell’Europa, forse alza il livello dello scontro solo per prolungare la sua agonia, ma sta di fatto che oggi non c’è nessuno in Ucraina che più di Zelens’kyj stia capitalizzando l’intransigenza di uno Zelens’kyj in tenuta militare. Il suo futuro, invece, è molto incerto.

Una quinta guerra è combattuta da Boris Johnson, segno dei Gemelli, dal nome slavo che significa glorioso in combattimento. Johnson ha sospeso in modo illegittimo il parlamento inglese perché non potesse ostacolare la Brexit e ha sostenuto in passato l’amministrazione americana quando questa cercava di indebolire l’Unione Europea. Ora è impegnato a contrastare l’eventuale perdita di peso del Regno Unito nei confronti di una Europa che riafferma la sua unità. Tutti hanno notato l’attivismo frenetico di un Johnson che è in visita dovunque, che ha promesso per primo armamenti all’Ucraina, e che favoleggia di brigate internazionali evocando la guerra di Spagna e la lotta al nazismo. Come prima e più di prima, fra tutti gli alleati, il Regno Unito è il più allineato alle richieste degli USA ma è anche il meno vulnerabile alle sanzioni introdotte. Infatti, fra le borse europee quella di Londra è la borsa che se la cava meglio di tutte. Come Putin e come Biden, anche Johnson non era all’apice della popolarità domestica prima di questa guerra.

Una sesta guerra, una guerra ibrida, è quella combattuta dall’Unione Europea che, all’inizio, ha tentato di non esasperare i toni e, soprattutto, di evitare il blocco dei trasferimenti internazionali di moneta. Vale la pena di ricordare che dal 2007, quando Putin annunciò la sua dottrina, ad oggi la dipendenza dell’Italia dal gas russo è passata dal 20% al 40% del suo fabbisogno mentre la Germania ha addirittura patrocinato la costruzione di un gasdotto tutto per sé. Dunque la resistenza agli USA era offerta soprattutto dai due principali paesi manifatturieri, guarda caso i due sconfitti dell’ultima guerra. La Germania per decenni è stata sottoposta ad una punizione molto dura e ancora oggi fa fatica ad integrare pienamente i territori dell’Est con quelli dell’Ovest. Il territorio italiano ha un abnorme sviluppo in direzione Nord–Sud e ancora oggi non riesce ad affrontare seriamente i problemi che ne derivano. Non tutti ricordano che l’ultimo attentato dinamitardo che invocava l’unità del Tirolo è stato compiuto sul territorio italiano poco più di 31 anni fa. Tuttavia l’Italia ha avuto la capacità di dare al Sud Tirolo (o meglio all’Alto Adige) delle forme di autonomia che hanno smorzato il problema. Cosa sarebbe accaduto se l’Italia, anticipando Zelens’kyj, avesse abolito l’insegnamento della lingua tedesca in tali regioni? Forse avremmo dovuto dare in tempo alla Russia e all’Ucraina dei buoni consigli. Tuttavia la pressione USA è stata molto forte e alla fine l’Unione Europea ha deciso di combattere questa guerra. Le critiche verso la UE, o questa UE, sono sempre state molto forti e le individualità nazionali sempre in stato di allerta. Questa era l’occasione buona per mettere a tacere le critiche e chiamare tutti alle armi in nome di una idealità indiscutibile. Così, i due leader inizialmente più prudenti, e cioè Scholz e Mario Draghi (segno della Vergine con ascendente in Capricorno), sono diventati critici intransigenti di Putin in nome della ritrovata unità europea, e del tentativo di riportare l’attenzione di Biden verso questa parte del mondo. In modi diversi, i due leader avevano problemi di unità anche al loro interno ed ora l’unità ritrovata in ambito UE si riflette nei rispettivi paesi. In Italia, ad esempio, a sollevare obiezioni sull’invio di armi in Ucraina sono rimaste solo frange di sinistra e dei 5 Stelle e, mentre Salvini si tappa la bocca, l’opposizione di destra gode nel rilancio dell’idea di patria e di guerre patriottiche. Del resto, anche Marie Le Pen ha stracciato carte compromettenti mentre Emmanuel Macron, segno del Sagittario con ascendente in Capricorno, si accinge ad annunciare la sua candidatura all’Eliseo sulla cresta dell’onda patriottica. Tuttavia, l’aspetto principale di questa conversione non riguarda tanto i singoli paesi dell’Unione quanto l’Unione stessa. La UE, accusata di essere gigante economico e nano politico, incapace di mettere fine alla guerra interna delle politiche fiscali, divisa fra lo sguardo sul Baltico e quello sul Mediterraneo, priva di una vera politica estera comune come di una struttura militare propria, ora utilizza l’accoglienza dei profughi e le forniture militari da inviare al popolo ucraino per stringere al suo interno dei legami fino ad ora rifiutati. È una vittoria degli europeisti fatta pagare agli ucraini perché questa iniziativa non favorisce ma allontana un possibile cessate il fuoco. Ursula Von der Leyen, segno della Bilancia con Luna in Leone, lucida ed equilibrata, ha tempestivamente proposto di avviare la procedura di ammissione dell’Ucraina alla UE, saltando addirittura le regole vigenti. Per quanto possa apparire paradossale, questa è una mano tesa anche alla Russia che in futuro potrebbe sviluppare i rapporti con l’Europa passando attraverso l’Ucraina. Infatti, Sergej Lavrov ha fatto subito sapere che l’iniziativa non dispiace alla Russia. Chissà se ha consultato Putin.

La Turchia sta giocando con prudenza su tutti i tavoli e questa è la prima volta che la straordinaria ambiguità di Recep Tayyp Erdogan, segno dei Pesci con ascendente in Capricorno, diventa un’arma così efficiente nelle sue mani. È vero che laggiù, fra l’impero russo e quello ottomano c’è sempre stato dell’attrito, ma gli affari sono affari. La Cina di Xi Jinping, segno dei Gemelli, siede un po’ infastidita osservando la corrente del fiume. È preoccupata che queste baruffe possano ostacolare gli affari, ma apprezza che questo diversivo sposti altrove l’attenzione degli USA. L’unico che parla poco e cerca innanzitutto la coesistenza è Francesco (segno del Sagittario), anche se non c’è nessuna speranza di ricevere una mano tesa da parte della chiesa ortodossa moscovita. Francesco viene da una tradizione nella quale si è dialogato anche con il Sultano anche se, solo 20 anni dopo quell’incontro, ci fu un papa che impartì la scomunica all’imperatore che aveva ottenuto sì Gerusalemme, ma senza un adeguato numero di morti.

Oggi noi italiani siamo conquistati dalla partecipazione a questa guerra combattuta da altri, come dal compiacimento della nostra umana solidarietà. Siamo sdegnati dalla disinformazione operata dal governo russo dimenticando che la repressione del dissenso e la propaganda sono state la prima arma di guerra in qualsiasi tempo. Addirittura ci stiamo compiacendo di aver oscurato la propaganda russa senza pensare che togliere voce a chi secondo noi sbaglia costituisce un precedente pericoloso. Dopo gli attentati jihadisti, abbiamo messo sotto accusa tutti gli islamici chiamandoli a sottoscrivere la loro dissociazione. Ora tocca ai Russi. Anna Netrebko ha tentato sulle prime di smorzare i toni dichiarandosi contro la guerra, aggiungendo che non le appariva giusto costringere gli artisti ad esprimere opinioni politiche. Alla fine ha rinunciato a cantare alla Scala quando, su iniziativa di Beppe Sala, è stata sospesa l’attività del direttore Valery Gergiev, poi licenziato dalla filarmonica di Monaco. Stiamo dicendo a sportivi ed artisti che, se non sottoscrivono una dichiarazione contro il loro paese, allora sono nostri nemici. Stiamo bruciando quelle figure intermedie che potrebbero essere portatrici di diplomazia.

Non si è ancora compreso appieno che la la UE sarà chiamata a pagare un prezzo molto alto che, oltre la eventuale scarsità di forniture di materie prime, si chiama inflazione con un tasso tendenziale a due cifre. Ovviamente si obietterà che l’Ucraina va difesa ma questa difesa doveva essere esercitata valutando in tempo e contrastando le dichiarazioni di Putin, riducendo la dipendenza dalle sue fonti, e lavorando per evitare la guerra. Oggi, inviare armi all’Ucraina significa esattamente il contrario. Bene, ora ci stiamo appassionando allo spettacolo della guerra a distanza. Sarebbe ora che gli italiani si facessero sentire non solo per condannare l’aggressione (che pure va condannata) ma per proporre una strada di accordo, il cessate il fuoco e l’inizio di trattative. Un paese così sbilanciato in direzione Nord – Sud potrebbe sforzarsi di capire, al di là delle pretese di Putin, quali possono essere i problemi di una forte dilatazione sull’asse Est – Ovest. Laggiù, nel lontano Far Est si potevano immaginare limitati scambi di sovranità e forti concessioni di autonomia. L’ingresso dell’Ucraina nella NATO ad oggi è vietato dal suo stesso statuto e potremmo anche sognare uno sviluppo pacifico di questo lato del mondo visto che ormai i tempi di Colombo sono lontani, il baricentro del mondo si sta spostando sull’altro oceano, e gli USA (e perfino la Russia) possono giocare su entrambe le sponde dei loro paesi. Si potrebbero così contenere gli eventuali spostamenti forzati di quote delle popolazioni locali e magari ci potremmo ricordare che la pace conquistata dopo la II guerra mondiale, con la relativa ridefinizione dei confini, comportò il trasferimento forzato di milioni e milioni di persone. Quella volta l’abbiamo chiamata pace e questa volta esecriamo e invochiamo la guerra, santa, come tutte le guerre.

* Già docente di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università di Ferrara

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