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UCRAINA: a che punto è la notte?

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di Beppe Manni*

UCRAINA: a che punto è la notte?

Migliaia di soldatini dell’età dei nostri figli. Giovani che parlano la stessa lingua, sono mandati a uccidersi l’un l’altro con gli stessi Kalashnikov e lancia missili portatili. Ciechi e chiusi nei carri armati. Nutriti di droghe e sommarie istruzioni farcite di odio. Mandati a uccidersi dai politici che ben vestiti al tavolo dei negoziati si guardano negli occhi.

Nuove parole che nessun pronuncia. “Illegalità”: la guerra uccide la legge. Quando rombano i cannoni ed esplodono le bombe, muore la ragione e il diritto che tanti secoli di sangue e sofferenze è costato. Ritorniamo belve: gli animali in verità attaccano solo per il cibo o per difesa. L’uomo offende, odia, stupra, ruba, tortura, uccide. Se un cittadino danneggia una proprietà, se ferisce o uccide, è giudicato e punito. I soldati hanno come tanti 007, licenza di uccidere quanti più nemici possono, non saranno mai giudicati per questo. L’aviatore che da bravo Killer abbatte l’aereo di un altro giovane riceve una medaglia. E i politici parlano.

Un’altra parola è “Perdono”. In questi giorni ci hanno spinto all’odio verso il nemico vero o presunto. Io non ci sto più. Noi popolo figli dell’umanesimo e di radici cristiane, abbiamo dimenticato il V comandamento di tremila anni fa ‘Non uccidere’ con il pensiero maligno e la mano insanguinata. L’unica soluzione è la riconciliazione mettendoci nell’animo dell’altro, dimenticando per ricostruire, dialogare tutti tra di noi come non sanno fare i politici. Insegniamo loro che esiste una seconda via. Siamo figli di una stessa madre terra. Stiamo impazzendo si parla di guerra atomica come di una partita di calcio. Io non voglio partecipare a questa insana orgia di odio e distruzione.

Il poeta Quasimodo scriveva nel 1946 finita la guerra.

 “Sei ancora quello della pietra e della fionda – uomo del mio tempo. Eri nella carlinga – con le ali maligne, le meridiane di morte – t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche – alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu – con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio – senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora – come sempre, come uccisero i padri, come uccisero – gli animali che ti videro per la prima volta – E questo sangue odora come nel giorno – Quando il fratello disse all’altro fratello – «Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace – è giunta fino a te, dentro la tua giornata – Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue – Salite dalla terra, dimenticate i padri – le loro tombe affondano nella cenere – gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”.

*Gazzetta di Modena

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