di Tomaso Montanari*
San Francesco obiettore di coscienza
da Koinonia Forum
Nel terzo episodio della vita di Francesco d’Assisi rappresentata e trasfigurata da Giotto nella Basilica Superiore di Assisi, si vede il santo: è ancora un giovin signore, che dorme nel suo ricco letto a baldacchino. Gli appare in sogno il Signore, che gli mostra un grande ed elegante palazzo, completamente pieno di armi crociate: scudi, elmi, bandiere. Ma cosa c’entrano le armi dei crociati con il santo che seppe vivere in pace anche con il lupo e i lebbrosi, che andò inerme dal Sultano e ordinò ai suoi frati di non suscitare liti e contese con chi non credeva in Cristo? Secondo la Legenda maior, Francesco fraintese il sogno e «ignorando i piani divini, decise di recarsi in Puglia, al servizio di un nobile conte, con la speranza di acquistare in questo modo quel titolo di cavaliere che la visione gli aveva indicato». Ma prima Tommaso da Celano e poi san Bonaventura, imbarazzati dall’incomprensione di Francesco, leggono il sogno sul piano simbolico: la croce di Cristo impressa sulle armi suggerisce il destino del santo, un «guerriero di Cristo». Era un tradimento: «Francesco…, la cui vita si svolse mentre la Chiesa era perennemente in armi, personalmente non aveva alcun desiderio di diventare Christi miles, cavaliere di Cristo: Christi miles, militia e militare sono termini totalmente assenti dai suoi scritti per connotare la missione sua, e dei compagni, nemmeno usati in senso metaforico. Anche per questo aspetto Francesco si distaccava nettamente dal linguaggio presente nella letteratura monastica e agiografica di origine biblica, che amava invece la terminologia bellica» (Chiara Frugoni). Apparentemente, non sembra facile dire per quale versione propenda Giotto, ma le bandiere che egli dipinge sul palazzo delle armi sono porpora e oro: i colori di Roma, e della Chiesa. Il messaggio è molto chiaro: ed è che i frati Minori, committenti degli affreschi insieme a un papa loro confratello, sono «pronti a seguire in tutto le direttive e le lotte del pontefice, fino a schierarsi a favore delle crociate» (è ancora Chiara Frugoni). Del resto, nella pittura suprema di Giotto quelle armi sono davvero troppo belle e invitanti: tanto da sembrare buone e giuste. Tutto il contrario di quello che pensava Francesco, che lodò il Signore per ogni aspetto della vita e perfino per «sorella Morte»: ma mai per le armi, che tutte le chiese, allora e ancora oggi, benedicono e incoraggiano. E forse oggi capiamo ancora meglio perché questo papa profetico venuto dalla fine del mondo ha voluto prendere, primo tra tutti i papi, il nome del piccolo santo di Assisi: che non amava le armi, e amava la vita. Alla memoria di Chiara Frugoni
*rettore dell’Università per stranieri di Siena