CONTRO LA PENA DI MORTE in tanti anni di manifestazioni, ricerche, proteste, incontri e iniziative contro la pena di morte, abbiamo sempre saputo che il cammino verso la sua definitiva abolizione sarebbe stato inesorabile, anche se difficile. Il primo passo di questo cammino è stato mosso proprio in Italia, nel 1786 quando il Granducato di Toscana decise di abolire questa pena crudele. Fu il primo stato al mondo. Da allora, molte cose sono cambiate. Purtroppo, però, ancora oggi sono diversi gli stati che usano la pena di morte come strumento di repressione e discriminazione, violando i diritti umani. Nel 2021 l’Iran, per esempio, ha messo a morte almeno 314 persone, il più alto numero di esecuzioni dal 2017. In Arabia Saudita, lo scorso anno le esecuzioni sono state almeno 65 e quest’anno andrà persino peggio, dato che sono state uccise 81 persone in un solo giorno. Ogni anno, con il nostro rapporto rispondiamo a tutte le domande sull’uso della pena di morte nel mondo, con dati, statistiche, analisi delle tendenze nel mondo. I segnali che confermano la tendenza globale verso l’abolizione della pena di morte si sono susseguiti durante tutto il 2021. Infatti, per il secondo anno consecutivo il numero degli stati che hanno eseguito condanne a morte è risultato il più basso da quando Amnesty International ha iniziato a raccogliere i dati sulla pena capitale: 18, meno del dieci per cento del mondo. La Sierra Leone ha abolito la pena di morte e, negli Usa, lo stesso ha fatto lo stato della Virginia. Seguici anche su Il trattamento dei dati degli iscritti alla newsletter è conforme a quanto previsto dal GDPR. Se non desideri ricevere ulteriormente questa newsletter clicca qui per rimuovere il tuo indirizzo email |
CONDANNE A MORTE ED ESECUZIONI NEL 2021 INDEX: ACT 50/5418/2022 MAGGIO 2022 amnesty.it Nel monitoraggio sull’uso globale della pena di morte nel 2021, Amnesty International ha rivelato un aumento del 20% delle esecuzioni e del 39% delle condanne a morte rispetto al 2020. 18 paesi hanno messo a morte un totale di almeno 579 persone, mentre 56 paesi hanno condannato a morte un totale di almeno 2.052 persone. Un aumento delle esecuzioni per reati di droga in Iran ha contribuito all’incremento globale, ma sono stati registrati aumenti significativi anche in Arabia Saudita, Somalia, Sudan del Sud e Yemen. La Cina, dove si crede che le esecuzioni siano state migliaia, la Corea del Nord e il Vietnam hanno continuato a nascondere l’effettiva portata del loro ricorso a questa pena. L’allentamento delle restrizioni legate al COVID-19 ha ulteriormente contribuito ad un aumento delle condanne a morte, anche in Bangladesh, India e Pakistan, mentre alcuni stati degli Stati Uniti hanno ripreso a svolgere esecuzioni. Molti stati hanno mostrato disprezzo per le garanzie stabilite dalle leggi e dagli standard internazionali sui diritti umani. Ancora una volta, diversi di questi hanno impiegato la pena di morte come strumento di repressione contro i manifestanti e le minoranze. In Myanmar, le sentenze capitali, adottate sotto la legge marziale, sono state pronunciate ad un ritmo allarmante; in Egitto, le esecuzioni di massa sono spesso seguite a procedimenti iniqui dinanzi a tribunali speciali; in Iran un numero sproporzionato di condannati a morte apparteneva alla minoranza beluci. Tuttavia, la cifra delle esecuzioni globali del 2021 è stata la seconda più bassa registrata da Amnesty International almeno dal 2010, in linea con il trend storico verso l’abolizione globale. Sierra Leone, Kazakistan e lo stato americano della Virginia hanno adottato nuove leggi per abolire la pena di morte. Negli Stati Uniti è stata istituita una moratoria temporanea sulle esecuzioni federali. Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezioni.
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