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I muri feriti della memoria

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I MURI FERITI DELLA MEMORIA

di Beppe Manni*

Giornalisti e politologi stupidi e ignoranti, parlano di terza guerra mondiale e di bombe atomiche tranquillamente senza angoscia e commozione. Ma siamo impazziti? Ogni giorno abbiamo davanti agli occhi le rovine di Mariupol. I morti i feriti.

Settantasette anni fa la liberazione dai tedeschi, dal fascismo, dalla guerra: ci dimentichiamo il ‘Prima’ del 22 aprile, quando la città fu liberata da partigiani e alleati; furono giorni pieni di lutti, sangue. E distruzioni: queste ferite furono quasi tutte cancellate. Invece. A Hiroshima il popolo giapponese volle conservare la ‘Cupola della bomba atomica’ lo scheletro del palazzo della prefettura bruciato dall’atomica. A Berlino troneggia il rudere della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche  a eterno monito. A Casaglia di Marzabotto il 16 novembre del ’44, furono massacrati dai tedeschi, 262 donne bambini vecchi; oggi rimangono i ruderi della chiesetta e i fori delle mitragliatrici nel cimitero. A Modena gli ultimi ruderi dei bombardamenti in via Tre Re, furono cancellati negli anni 70. Rimane solo un piccolo segno nascosto. Come fosse una vergogna. A Formigine un paese devastato dai bombardamenti, come ricordo è rimasto solo, nascosto sotto terra, un rifugio antiaereo unico nel suo genere nel Nord Italia. Verrà prossimamente restaurato. Quando il 23 aprile i liberatori entrarono a Formigine erano circondati dalle macerie delle case, delle quattro chiese e del Castello che i loro compagni aviatori avevano appena distrutto. Nei sotterranei della rocca i marchesi Calcagnini d’Este avevano aperto e attrezzato un rifugio per accogliere un centinaio di compaesani. Il 16 aprile del 1945 una bomba ‘liberatrice’ colpì l’entrata del tunnel che portava al rifugio. Crollò la volta della torre, il ‘Campanone’, che rimase intatto mentre il castello veniva sventrato da altre bombe. Morirono ‘assassinati’ venti formiginesi insieme al Marchese e alla Marchesa che protesse con il suo corpo la piccola Marialessandra di quattro mesi che sopravvisse. Rimane una lapide e un muro mitragliato da un aereo in via Trento Trieste.

“Pulchrum et decorum est pro patria mori” è bello e onorevole morire per la patria, cantava il bravo Orazio alla mensa dell’imperatore Ottaviano tra un bicchiere di Falerno e una coscia di agnello, ma il più onesto Erasmo da Rotterdam scriveva nel 1530, in un secolo insanguinato da guerre fratricide, che “bellum dulce inexpertis” la guerra è desiderata e voluta solo da chi non l’ha provata o manda altri ad uccidersi in nome della patria.

Guardiamo di nuovo le macerie di Mariupol, in un anno funestato da tristi presagi, mentre continuano bombardamenti e distruzioni, mi sento di scrivere in memoria, per i miei 25 lettori.

*giornalista in Gazzetta di Modena 18 V 22

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