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Vaiolo delle scimmie, aggiornamenti

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Vaiolo scimmie: in Italia 662 casi, 18 in più rispetto al 12 agosto

DOTTNET | 16/08/2022 17:35

Nel Regno Unito già 27mila persone sono state vaccinate dal servizio sanitario ai soggetti a più alto rischio di esposizione

Continuano ad aumentare i casi di vaiolo delle scimmie in Italia: salgono infatti a 662 quelli confermati, con un incremento di 18 casi rispetto all’ultima rilevazione del 12 agosto scorso. Lo evidenzia l’ultimo bollettino del ministero della Salute, pubblicato ieri.  I casi collegati a viaggi all’estero sono 185. L’età mediana delle persone infettate è di 37 anni: si tratta di 652 uomini e 10 donne. Sono Lombardia e Lazio le Regioni nella quali si registra il numero più alto di casi di vaiolo delle scimmie: in Lombardia i casi confermati sono 291 (+8 rispetto all’ultima rilevazione del 12 agosto) e in Lazio sono 121 (+3).

Intanto, nel Regno Unito già 27mila persone sono state vaccinate contro il vaiolo delle scimmie. Lo ha reso noto l’Health Security Agency britannica (UKHSA), secondo cui “queste migliaia di vaccini, somministrati dal servizio sanitario ai soggetti a più alto rischio di esposizione, dovrebbero avere un impatto significativo sulla trasmissione del virus”. La quasi totalità delle dosi (25.325) sono state somministrate a persone “gay, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini”, ha fatto sapere l’agenzia.

La trasmissione del virus avviene, per quanto sin qui osservato, attraverso contatto stretto, specialmente con lesioni di un soggetto infetto. Poiché tali lesioni possono essere anche molto limitate e facilmente confuse con papule irrilevanti, al momento dell’infezione contagiante e contagiato generalmente non sono a conoscenza del proprio stato. Il DNA del virus è stato rilevato anche nel liquido seminale di uomini infetti, in più di un paese e da parte di ricercatori diversi; tuttavia, al momento non è noto se a tale DNA corrisponda virus in grado di replicarsi, oppure semplici frammenti dovuti a contaminazione del liquido seminale da parte di lesioni preesistenti. Per queste ragioni, la trasmissione per via sessuale non può al momento essere né esclusa né confermata. Date queste modalità di contagio, il fatto che inizialmente sia stata colpita soprattutto la comunità di maschi che hanno rapporti sessuali con altri maschi (MSM) in occasioni e in luoghi ad alta promiscuità (saune gay, festival eccetera) non deve indurre in errore: il virus ha già iniziato a propagarsi al di fuori di questa comunità, sfruttando la “rete sociale” di ciascun individuo e i contatti che questi ha anche in altre comunità strette, come quelle familiari o come quelle eterosessuali. Uno studio nel paese più colpito, la Spagna, ha documentato per esempio i primi casi di trasmissione a seguito di rapporti eterosessuali, osservati nell’8% dei 181 pazienti studiati e comprendenti anche soggetti di sesso femminile. Non solo: pur se fortunatamente ancora molto rare, le infezioni in bambini e adolescenti sono state già riportate, e al 26 luglio ammontavano a 81 casi, secondo i dati disponibili, le infezioni in soggetti al di sotto dei 18 anni di età. Nel loro insieme, questi dati indicano come, pur se iniziata in una particolare comunità, l’attuale pandemia di vaiolo delle scimmie potrebbe ben presto travalicare quella comunità, attraverso le connessioni sociali che ogni essere umano ha con ambienti diversi, particolarmente quando tali connessioni sociali comportano il contatto molto ravvicinato; rientrano fra questo tipo di rapporti non solo gli scambi omo- ed eterosessuali, ma certamente anche il contatto stretto fra genitori e figli e quelli che si verificano in alcuni tipi di sport, definiti appunto “da contatto”. 

A questo proposito, va osservato come storicamente, in alcune parti dell’Africa occidentale e centrale dove il vaiolo delle scimmie è considerato endemico, i casi pediatrici non erano insoliti. Il primo caso umano del virus è stato un bambino nella Repubblica Democratica del Congo nel 1970 e i focolai passati si sono diffusi principalmente attraverso il contatto con animali infetti. E in quei casi, i casi gravi si sono verificati più comunemente tra i bambini, secondo l’OMS. Inoltre, durante l’epidemia di vaiolo delle scimmie del 2003 negli Stati Uniti, che derivava da roditori importati dal Ghana, i pazienti pediatrici avevano maggiori probabilità di essere ricoverati in ospedale in un’unità di terapia intensiva rispetto agli adulti, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases. Quasi un terzo dei 37 pazienti confermati aveva meno di 18 anni, secondo lo studio. Sulla base di questi dati, è stupido aspettarsi che il virus resti limitato alla comunità MSM; è già falso attualmente, e probabilmente lo sarà ancora di più in futuro, perché, contrariamente al passato, quando le epidemie al di fuori dell’Africa apparivano autolimitanti, il virus con cui abbiamo oggi sembra in grado di instaurare lunghe catene di trasmissione da persona a persona. 

 Contrariamente a quanto avvenuto per SARS-CoV-2, nel caso del vaiolo delle scimmie disponiamo di alcuni importanti presidi sanitari. Il motivo principale consiste nel fatto che, nonostante non siano noti più casi di vaiolo umano dal 1978, si è sempre temuto l’utilizzo di questo virus come arma biologica; pertanto, abbiamo farmaci e vaccini ancora disponibili e non abbandonati. Il farmaco di cui disponiamo è il tecovirimat, di proprietà di un’azienda che collabora appunto con la difesa USA. Si tratta di una piccola molecola in grado di legare e bloccare una proteina comune a tutti gli Orthopoxivirus, il gruppo cui appartengono varicella, vaiolo delle scimmie e vaiolo umano. La proteina, denominata VP37, è situata alla superficie del virus. In breve, quando una cellula è infettata dal virus bersaglio, al suo interno comincia la produzione massiva di nuove particelle virali. Uno dei passaggi finali, necessario a rilasciare i nuovi virus all’esterno della cellula colpita, per infettarne altre e continuare il ciclo, consiste nell’aggiungere una terza membrana alle due membrane già formate nelle particelle virali in maturazione; questo passaggio è mediato appunto dalla proteina VP37. Bloccando questa proteina, la terza membrana non è aggiunta, e il virus non può essere rilasciato all’esterno della cellula: la “catena di montaggio” così si interrompe, e l’infezione non si propaga. I primi dati di uso del tecovirimat in pazienti della pandemia corrente, pubblicati da Lancet, sono buoni.

In formulazione orale, il tecovirimat è approvato (anche in Europa, dal gennaio 2022) per la somministrazione in adulti e bambini di oltre 13 kg di peso. Solo negli USA, è disponibile come “investigational new drug” una formulazione iniettabile, che non ha limiti di peso per quel che riguarda la sua somministrazione. Per quel che riguarda i vaccini, vi è innanzitutto la copertura fornita dal vaccino somministrato durante la campagna di eradicazione del vaiolo umano. Dati provenienti dalle passate epidemie in Africa hanno dimostrato che la vaccinazione contro il vaiolo offre una protezione dall’infezione con vaiolo delle scimmie pari all’85%. Il dato è coerente con quanto osservato nello studio spagnolo precedentemente citato, ove è riportato che il 18% dei soggetti diagnosticati e presentatisi in clinica era stato vaccinato da bambino contro il vaiolo. Bisogna poi tener conto che il livello di protezione contro l’infezione dura per un periodo di 3-5 anni, per poi declinare, anche se la protezione contro la malattia severa sembra rimanere buona: il totale dei soggetti infetti, anche se precedentemente vaccinati contro il vaiolo umano, potrebbe essere sottostimato dal campionare solo i soggetti con sintomi tali da presentarsi in clinica. Inoltre, la sospensione della campagna antivaiolosa per estinzione del virus diversi decenni fa, ha in effetti creato le condizioni per la diffusione del vaiolo delle scimmie che stiamo osservando. Per i motivi suddetti, molti paesi, a cominciare dagli USA, stanno autorizzando l’utilizzo di vaccino contro il vaiolo umano quale risorsa di emergenza contro il vaiolo delle scimmie. Negli USA, la FDA ha infatti espanso con un’autorizzazione di emergenza le indicazioni di ACAM2000, originariamente limitato al solo vaiolo umano; questo anche se, per lo specifico prodotto, manchino indicazioni circa la sua efficacia contro il nuovo virus. 

L’unico vaccino approvato contro il vaiolo delle scimmie è JYNNEOS, un vaccino a base di virus vivo non replicativo prodotto dalla Bavarian Nordic. Gli studi di efficacia e sicurezza di questo vaccino hanno dato risultati eccellenti, che per quel che riguarda gli effetti collaterali sono migliori di ACAM2000; tuttavia, i dati disponibili sono limitati a soggetti con almeno 18 anni di età.

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