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Gli antinfiammatori nella cura anti-Covid

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Scoppia la polemica: Remuzzi: gli antinfiammatori riducono il rischio di ospedalizzazione fino al 90 per cento

DOTTNET | 29/08/2022 15:53

“Insultare il ministro è deplorevole, il vaccino rimane il miracolo della medicina”

Gli anitfiammatori riducono il rischio di ospedalizzazione per Covid dell’85-90 per cento. A confermare che a incidere sul tasso di mortalità, e di ospedalizzazione, è quindi l’infiammazione (o flogosi) provocata dal virus è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Lancet. Questo assunto non è una novità per il mondo scientifico – da tempo anch ein Italia i malati di Covid vengono curati sempre di più con antinfiammatori – ma sta diventando una notizia da cavalcare per chi è contrario ai vaccini. E subito i social si sono riempiti di polemiche e insulti contro i colpevoli della “malagestione della situazione sanitaria”, soprattutto contro Roberto Speranza, ministro della Salute durante l’emergenza, definito da più parti “assassino” e c’è chi tra le forze di estrema destra prova a portare gli antinfiammatori anche nella campagna elettorale.

Tra gli autori dello studio c’è anche Giuseppe Remuzzi (nella foto), direttore dell’Istituto Mario Negri, che in un’intervista su La Stampa si è affrettato a chiarire che accusare Speranza è “deplorevole”, che il vaccino rimane “un miracolo della medicina” e che non si può “manipolare la scienza”. L’attacco massiccio contro il ministro Speranza infatti fa leva sull’accusa di non aver preso in considerazione terapie alternative come gli antinfiammatori, di aver causato centinaia di migliaia di morti, di non aver sostenuto l’efficacia delle cure da casa (il titolo dello studio è: “La casa come nuova frontiera per il trattamento di Covid-19: il caso degli antinfiammatori”). Ma Remuzzi replica: “La cosa peggiore che può capitare ai dati della letteratura scientifica è di essere strumentalizzati durante una campagna elettorale, non importa da quale schieramento. Mettere sotto accusa il ministro Speranza è deplorevole. Gli antinfiammatori possono aiutare contro il Covid però i nostri studi presi in considerazione nella review, tra gli altri, sono robusti ma non ancora definitivi. Non si può pensare che le autorità li usino per dare regole valide in maniera assoluta. In Italia l’atteggiamento del ministero e dell’Aifa è sempre stato impeccabile. Non c’era evidenza che qualcos’altro funzionasse quando sono stati pubblicati i primi risultati sugli antinfiammatori. Quando invece sono apparse le prime evidenze, l’Italia è stato il primo Paese al mondo a introdurre gli antinfiammatori nella cura contro il Covid”.

Un’altra domanda che sta facendo il giro dei social è: “Se bastano gli antinfiammatori perché vaccinarsi?”. Ma per l’esperto non ci sono dubbi: “Il vaccino permette di prevenire la malattia grave indipendentemente dalle varianti del virus che si sono create nel corso del tempo. È il più grande miracolo che la medicina moderna ha messo a disposizione della popolazione. Fare il vaccino non vuol dire non ammalarsi. Però, se ci si ammala, si ha a disposizione la scelta tra antivirali, anticorpi monoclonali o antiinfiammatori. Dipende dalla disponibilità di questi strumenti e dalla storia clinica delle persone. È importante però intervenire subito per evitare che l’infiammazione avanzi”. E chiude sulla quarta dose: “In base agli studi pubblicati, la quarta dose va fatta a tutte le persone che hanno più di 50 anni. E il vaccino migliore è quello che si trova disponibile. I nuovi arriveranno, ma non hanno un grado di copertura poi così diverso da quello dei vaccini tradizionali”.

Lo studio è stato condotto dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e dall’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Gli autori – Giuseppe Remuzzi, Fredy Suter, Norberto Perico e Monica Cortinovis – hanno preso in esame tutti gli studi pubblicati su riviste scientifiche di valore, condotti tra il 2020 e il 2021 (inclusi due lavori dello stesso Istituto Mario Negri), su un totale di cinquemila pazienti, tra gruppi di studio e di controllo. Secondo quanto riportato dalla rivista, per forme lievi e moderate di Covid i risultati sono di grande interesse rispetto all’efficacia dei Fans (gli antifiammatori non steroidei): accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni scendono dell’80% (dato accorpato), le sole ospedalizzazioni dell’85-90%, il tempo di risoluzione dei sintomi si accorcia dell’80% e la necessità di supplementazione di ossigeno del 100%.

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