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“La pandemia non è un capitolo chiuso”

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Il Covid non è un capitolo chiuso

Il Covid non è finito, dichiara Pregliasco. “Le risalite ci sono, le curve ci mostrano che ci sarà un’onda, non un’ondata, e che non sarà pesante. Ma bisogna essere preparati. E con l’influenza stagionale non sarà facile distinguere tra le due patologie. Il desiderio di tornare alla vita normale e una certa rilassatezza nella percezione del pericolo epidemico, sono senz’altro due dei fattori che hanno inciso”, rallentando – spiega – la campagna per la somministrazione della quarta dose. In aggiunta alla naturale stanchezza vaccinale che sentiamo tutti, “la narrazione dell’epidemia e della sua gestione attuale influisce in maniera significativa sulla percezione del rischio pandemico. Per esempio, il recupero del personale medico-sanitario non vaccinato veicola un messaggio di noncuranza. Oltre ad alimentare la facile propaganda no vax, costruita sapientemente anche a livello internazionale per minare la credibilità dei vaccini, e sulla quale sarebbe utile istituire una commissione d’inchiesta”, spiega ancora Pregliasco. All’esperto viene chiesto se, secondo lui, il governo sta sbagliando nella gestione, e nella comunicazione, delle misure anti-Covid. “Sicuramente i messaggi politici relativi alle misure anti-Covid erano attesi da molte persone perché sono stati oggetto di campagna elettorale da parte di almeno due dei partiti che oggi sono al governo. Certo, l’obbligatorietà del vaccino è una scelta politica e ciascun governo stabilisce la propria linea, ma nella fase acuta dell’epidemia era indispensabile come strumento contenitivo dall’efficacia oggettiva, per una più rapida ripresa. Oggi viviamo una situazione relativamente positiva, di stabilità, con qualche lieve oscillazione: l’Rt è inferiore a 1 e l’ospedalizzazione è sotto controllo”. La normalità non è lontana, ma bisogna prima di tutto proteggere i fragili e i soggetti a rischio. 

Il bollettino Covid

Pregliasco, parlando del cambio di periodicità del bollettino Covid, non crede che questo abbia influito sulla percezione del rischio pandemico. Nelle persone, a fare la differenza, è “l’enfasi che si utilizza nel comunicare quei dati. Sono numeri e restano disponibili su Internet, per chi li cerca”. Parlando del vaccino, l’esperto chiarisce ancora: “Al pari del farmaco antinfluenzale, credo sia importante che il vaccino contro il Covid, per le categorie a rischio per patologia e per età, entri a far parte del calendario vaccinale annuale. Non possiamo andare avanti con una campagna emergenziale periodica e disomogenea, sia a livello di costi che di gestione. Quanto alle categorie non a rischio, sulla base dei dati il vaccino è risultato utile anche per far durare meno la malattia in caso di contagio, oltre che per ridurre il rischio di trasmissione della malattia ai familiari fragili. Quindi è uno strumento di protezione sia sociale sia personale”. L’Italia, secondo i dati, è passata dai primi agli ultimi posti nella classifica europea per percentuale di vaccinazioni effettuate. Tuttavia, Pregliasco chiarisce un punto molto importante sul tema: “A livello mondiale non c’è stata la dovuta copertura vaccinale, quindi il virus ha circolato e circola ancora. Il punto è che c’è stata una diseguaglianza a livello internazionale. Alcune iniziative hanno funzionato, altre meno. Quanto all’andamento dell’epidemia, ciascun Paese ha adottato una propria metodologia: Cina e Corea del Nord puntano al contagio zero, ma al momento risulta impossibile per via della contagiosità del virus. India, Brasile e altri, vuoi per ragioni organizzative, vuoi per motivazioni ideologiche, hanno lasciato che la malattia si diffondesse immediatamente. Altri, invece, hanno cercato di spalmare l’incidenza della malattia nel tempo. Ed è quello che abbiamo cercato di fare in Europa”, ha concluso.

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