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Scienze della psiche e prassi terapeutiche derivate

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Scienze della psiche e prassi terapeutiche derivate

di Manfredi Lanza°

Ci sono la psicologia, la psichiatria e la psicanalisi, tre discipline che si impernierebbero su un approccio scientifico di conoscenza della mente. Non coincidono però, non concordano nei concreti campi d’azione, nei metodi, né nelle interpretazioni, ideazioni intellettuali e, di conseguenza, scuole cui fanno capo.

Prima cosa che osserverei in proposito è che tre distinte discipline scientifico-terapeutiche riguardanti un’unica tematica sono troppe perché l’uomo della strada riconosca ed annetta loro una piena, incondizionata, affidabilità.

Tutte e tre, comunque, fonderebbero la loro autorità non tanto sulla credibilità di assunti teoretici astratti, quanto sull’esperienza e sui risultati concreti che si dimostrino capaci d’ottenere. In altri termini, non sarebbero vere e proprie discipline scientifiche, quanto semmai prassi terapeutiche con aspirazioni scientifiche.

La psichiatria cura disturbi mentali gravi con farmaci e trattamenti specifici.

La psicanalisi cura stati di disagio della personalità e disguidi mentali, casi al limite della follia e veri e propri casi di follia, mediante esplorazioni del subconscio.

La psicologia muove da ambizioni meno particolari e spericolate, ed è pertanto di più generale e ampia applicazione: sostiene, consiglia, orienta, ricuce e indirizza i rapporti umani. In sostanza, mentre la psicanalisi si è presentata tra la fine dell’Ottocento e nel primo Novecento come una disciplina di rottura con i pregiudizi sanitari e sociali del passato ed è stata a lungo, in vario modo, oggetto di diatribe interne e contestazioni dall’esterno, la psicologia, invece, vanta origini che si perdono nel remoto passato e si presenta pertanto come una disciplina di tutto riposo, in certa misura tradizionale, apparentata alla semplice educazione del buon padre di famiglia e affine o in competizione con il ruolo di guida spirituale svolto per secoli dai sacerdoti.

Il ricorso alla psicologia, sempre più frequente nelle nostre società anche riguardo a casi personali o con riferimento a contesti e situazioni che non sembrerebbero esigere interventi particolari, è stimato pacifico e privo di rischi.

L’inconveniente principale di questa più amena branca delle scienze della psiche sta, però, nel suo essere collusa con l’ordine sociale nel cui quadro si iscrive. Infatti, per una gran parte essa è promotrice di mero adattamento alla realtà, al mondo concreto in cui si vive. Se il mondo in questione fosse neutro sotto il profilo non foss’altro che della giustizia sociale, se fosse il migliore dei mondi possibili, non vi sarebbe nulla da eccepire. Purtroppo non è così, e forse non può essere così per motivi fondativi e strutturali. Il mondo in cui viviamo è minato in partenza da molte magagne e, in larga parte, è una trappola dalla quale l’individuo deve sapersi difendere nello stesso tempo in cui in certa misura vi si adatta per indirimibile necessità.

Pertanto, il privato cittadino si rivolgerà allo psicologo in caso d’insindacabile bisogno d’aiuto per se stesso o per i familiari, soprattutto per i figli, ma preferirà non averne bisogno.

Psicologo e sociologo possono essere considerati come professionisti retribuiti dalla società – non da una società equanime e totalmente giustificata nei suoi assetti dal radicamento in valori universali, incontrovertibili e incontestabili, bensì da una società sempre in bilico e sull’orlo della rivoluzione in quanto inquinata da profonde inefficienze ed ingiustizie – per solo attenuare, palliare i guai che essa stessa determina a livello psicologico nelle famiglie, nelle scuole, negli ambienti di lavoro e via dicendo, e per così permettere malgrado tutto all’umanità di andare avanti barcollando alla meno peggio; d’altro lato e più fondamentalmente, per servirle da alibi etico che, in qualche misura, le valga un qualche supposto riscatto.

*già funzionario del Parlamento europeo

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