Vai al contenuto

La spesa militare fa bum!!!

  • di

La spesa militare fa bum Ma per le emergenze umanitarie il piatto
piange sempre
di Lucia Capuzzi in “Avvenire” del 25 aprile 2023
Rispetto al 2021, l’anno scorso, gli investimenti militari globali sono cresciuti del 3,7 per cento
ovvero 127 miliardi di dollari. Ventisette in più dei cento miliardi di dollari annui promessi e mai
raggiunti per mitigare nel Sud del mondo gli impatti del cambiamento climatico. Non solo. L’ultimo
rapporto del Transnational Institute ha dimostrato che i dieci Paesi più ricchi spendono in
armamenti trentotto volte la somma destinata agli aiuti per combattere il riscaldamento del pianeta.
Questi raffronti sono solo due dei molti possibili per comprendere il significato reale, nascosto
dietro il labirinto di cifre, della nuova corsa agli armamenti.
L’incremento di fondi per questi ultimi implica ciò che gli economisti chiamano “trade off” –
ovvero un bilanciamento o, più spesso, una contrazione – con altre voci del budget. A partire dai
servizi sociali nazionali e dagli aiuti ai Paesi poveri. La politica, nazionale e internazionale,
insomma, è questione di scelte, anche economiche. Le risorse per conseguire gli obiettivi contenuti
nell’Agenda Onu 2030, ad esempio, equivalgono al 10 per cento dei fondi militari, già prima
dell’ultima impennata. Nel mondo, inoltre, una persona ogni ventitrè – per un totale di 339 milioni
– attualmente ha necessità di assistenza umanitaria per sopravvivere. Per poterle aiutare, le Nazioni
Unite e le organizzazioni partner hanno necessità di ricevere dagli Stati, nel 2023, di 51,5 miliardi.
La somma è importante. Si tratta di oltre il 25 per cento in più rispetto al 2021. Eppure rappresenta
appena il 2,3 per cento dei 2.240 miliardi destinati agli armamenti. L’anno scorso, di fronte a una
richiesta per lo più analoga, l’Onu ne ha incassato poco meno della metà.
In termini percentuali, la spesa militare mondiale si aggira intorno al 2,7 per cento del Pil globale.
Per la salute, secondo gli ultimi dati di Banca mondiale relativi al 2020, gli Stati spendono intorno
al 10 per cento, poco meno di quattro volte tanto. All’educazione va il 4,3 per cento – il numero è
sempre del 2020 –, nemmeno il doppio. La proporzione, inoltre, varia in modo significativo a
seconda del Paese. L’India, ad esempio, è il quarto acquirente mondiale di armi e munizioni, con
una spesa di 81,4 miliardi di dollari, il 6 per cento in più del 2021. Una somma che equivale a sei
volte l’investimento in istruzione pubblica. Un recente rapporto di Onu Donne sostiene che le
nazioni a basso reddito colpite da conflitti tendono a dare priorità agli investimenti nella difesa a
discapito della spesa per la protezione sociale. Il che non solo non ha effetti evidenti sulle guerre in
atto mentre ha un forte impatto sulle condizioni di vita delle popolazioni.
Vi è, infine, un’altra considerazione importante. La spesa in armi ha un potenziale destabilizzante
sulla politica internazionale poiché genera un incontrollabile effetto domino. Un aumento degli
investimenti militari di un Paese viene considerato una minaccia dagli avversari strategici che
tendono ad armarsi di conseguenza. Da qui la richiesta, poco più di un mese fa, di una cinquantina
di premi Nobel per la Pace e di responsabili di prestigiose istituzioni scientifiche alla comunità
internazionale di ridurre il bilancio della difesa del 2 per cento. Il mondo, purtroppo, sembra seguire
la strada opposta.

(Visited 10 times, 1 visits today)

Lascia un commento