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“L’Arabia Saudita non sembra di certo il paese riformista e progressista…”

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Quanto ci metti a scrivere un post sui social? In Arabia Saudita, basta un tweet sgradito alle autorità per passare decenni in carcere. Come nel caso di Salma el-Shehab, madre di due figli, attivista per i diritti delle donne e dottoranda dell’Università di Leeds, nel Regno Unito.   L’anno scorso, Salma torna in Arabia Saudita per una vacanza. Non avrebbe mai potuto immaginare di finire dietro le sbarre.   Viene arrestata e tenuta in isolamento per 285 giorni prima di essere processata. Un tribunale antiterrorismo la condanna a 34 anni di carcere. Dopo un ricorso, nel gennaio scorso, le accuse di reati informatici vengono annullate, mentre restano in piedi le altre ai sensi della legge antiterrorismo. La condanna è pesantissima: 27 anni di reclusione, seguiti da altrettanti anni di divieto di viaggio.   Ti starai chiedendo perché è stata giudicata da un tribunale antiterrorismo. Perché per le autorità saudite le donne che vogliono lavorare, spostarsi, vivere liberamente, così come i giornalisti indipendenti, le voci critiche o coloro che  esprimono le proprie opinioni su Twitter sono tutti potenziali terroristi e meritano punizioni esemplari.   L’Arabia Saudita non sembra di certo il paese riformista e progressista, attento ai diritti umani che il principe della Corona descrive in tutte le occasioni pubbliche.   L’attivismo non è terrorismo. Salma deve essere liberata!   Rettangolo con angoli arrotondati: FIRMA IL NOSTRO APPELLO
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