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“La GPA mi pare una scorciatoia per rispondere ad un comprensibile desiderio di genitorialità che andrebbe soddisfatto in altro modo”

  • di

di Paolo Natali*

Vorrei fare qualche breve considerazione a margine dell’incontro sulla Gestazione per altri (GPA),
nel corso del quale diversi interventi hanno argomentato a favore o contro tale pratica.
La principale fra le argomentazioni che giustificavano la scelta della GPA mi è parsa la seguente:
il divieto della GPA è un mezzo per negare alle coppie omosessuali la possibilità di essere genitori,
possibilità che corrisponde ad un desiderio che diventa un diritto se la sua realizzazione non arreca
danno o nocumento ad alcuno.

Devo dire che mi ha stupito che a questo principio, d’ispirazione liberale, facciano ricorso persone
di sinistra e d’ ispirazione socialdemocratica o socialcomunista. Con tale principio infatti si può
rimuovere qualunque limite e giustificare e legittimare praticamente qualsiasi diritto individuale (al
netto del relativismo e del soggettivismo della valutazione del danno arrecato ad altri dalle proprie
scelte). Questo tipo di ragionamento, tra l’altro, trascura ed ignora qualsiasi istanza di carattere etico
condiviso (tra parentesi mi pare che la legislazione sociale e la stessa Costituzione abbiano una
chiara ispirazione etica).

Andando poi oltre questa riserva di principio, provo a considerare i due soggetti chiamati in causa
dalla GPA, il figlio/a e la madre surrogata.
Riguardo al primo concordo con chi pensa che un figlio/a nato/a dalla GPA per conto di una coppia
omosessuale che lo ha fortemente voluto e che vive in armonia, non riceva alcun danno
significativo dall’essere stato generato in questo modo
. Sono convinto che due gay o lesbiche
possano essere una coppia di buoni genitori, penso anzi che andrebbe rimosso per essi il divieto di
accedere all’adozione,
ovviamente, come per tutti, a seguito della necessaria istruttoria di
valutazione.
Per quanto riguarda la donna invece mantengo le mie riserve: non è possibile generalizzare singole
esperienze positive nella relazione fra la donna ed i “committenti”. Anche nell’incontro sono emersi
tanti ineliminabili aspetti critici e negativi legati a quello che è in ogni caso un fatto commerciale
regolato da un contratto riguardante il corpo di una donna che per ragioni di bisogno (condivido le
perplessità emerse sui casi “altruistici”) affitta (per un compenso od un indeterminato rimborso
spese) una parte del proprio corpo
. In tal senso non vedo grandi differenze fra la GPA ed il
commercio degli organi per il trapianto. Nè mi pare una giustificazione valida il fatto che in questo
modo la donna può risolvere i propri problemi economici: il furto o l’abusivismo per necessità
possono essere al massimo un’attenuante ma non la legittimazione di un comportamento
giustamente sanzionato.
In sintesi la GPA mi pare una scorciatoia inaccettabile per rispondere ad un comprensibile desiderio
di genitorialità che andrebbe soddisfatto in altro modo, ad esempio con l’adozione in casi speciali.
Detto ciò non credo che abbia alcun senso la proposta dei partiti al governo di una legge che renda
“universale” il divieto di GPA.

* già membro del Consiglio comunale di Bologna

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