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Italia sempre più divisa in due

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Italia sempre più divisa in due

SANITÀ PUBBLICA | REDAZIONE DOTTNET | 21/06/2023 17:45

Cinque Regioni “promosse” (Piemonte, Lombardia, Emila Romagna, Toscana e Marche) di cui tre con lode (Veneto, Trento e Bolzano). Sette “rimandate” (Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo) e sei “bocciate” (Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria).

Questo il quadro delle Regioni italiane alla prova delle Performance 2023 su appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione, disegnato dalla XI edizione del rapporto “Le Performance Regionali” del CREA Sanità, Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità.

Una fotografia dalla quale emerge con prepotenza un’Italia divisa in due l’Italia, con circa 29 milioni di cittadini nelle prime otto Regioni sul podio che possono stare relativamente tranquilli e altri 29 milioni nelle Regioni rimanenti che potrebbero avere serie difficoltà. Un quadro, evidenzia il Crea, che sottolinea la nuova impostazione di ammodernamento dell’assistenza che punta sul territorio e sulla domiciliarità, come prescritto dal Pnrr e dal Decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza territoriale e che si affianca (suggerendone anche alcuni criteri di implementazione) al Nuovo Sistema di Garanzia per il controllo dei Lea.

I “voti” alle Regioni sono state assegnati quest’anno da oltre 100 esperti raggruppati in un Panel multistakeholder diviso in cinque grandi gruppi: istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti, industria medicale, che hanno anche ideato un sistema di monitoraggio ‘dinamico’ degli effetti dell’autonomia differenziata. Un sistema che da oggi è oggetto di valutazione da parte del CREA e dei suoi esperti: oltre ai rappresentanti del Panel, il CREA si avvale di docenti universitari nei campi dell’economia, del diritto, dell’epidemiologia, dell’ingegneria biomedica, della statistica medica.

Le Performance Regionali Sono sei le dimensioni analizzate (appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione ) e le performance sono state indicate dal Crea Regione per Regione nel modo più semplice: i valori degli indicatori sono stati associati a due colori differenti: verde se il valore è migliore della media nazionale e rosso se è peggiore. Così, ad esempio, il Veneto (Regione che ha ottenuto i risultati migliori) presenta tutti gli indicatori delle prime quattro dimensioni per importanza “verdi”. E solo nella dimensione economico-finanziaria ha due ‘rossi’ per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica e l’incidenza dei consumi sanitari sul totale dei consumi; e nella dimensione innovazione non va l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico. La Calabria (la Regione coi risultati peggiori) è quasi tutta “rossa”; su diciotto indicatori, in verde ha solo quelli sull’ospedalizzazione evitabile per malattie croniche (unico nelle dimensioni maggiori), l’indice di salute mentale, la spesa pro-capite standardizzata, l’implementazione della rete oncologica e lo sviluppo del fascicolo sanitario elettronico.

Entrando nello specifico delle “pagelle”, come abbiamo visto, Veneto, Trento e Bolzano hanno ottenuto il miglior risultato 2023 (con punteggi che superano la soglia del 50% del risultato massimo ottenibile, rispettivamente: 59%, 55% e 52%). Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Marche vanno abbastanza bene, con livelli dell’indice di Performance compresi tra il 47% e il 49 %. Ma le buone notizie finiscono appunto qui: se Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo raggiungono livelli di Performance abbastanza omogenei, seppure inferiori, compresi nel range 37-43%, Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria, hanno livelli di Performance che risultano inferiori al 32%. La valutazione 2023 delle Performance regionali, in tema di tutela socio-sanitaria offerta ai propri cittadini residenti, oscilla da un massimo del 59% (fatto 100% il risultato massimo raggiungibile) ad un minimo del 30%: il risultato migliore lo ottiene il Veneto ed il peggiore la Calabria.

La rilevanza delle dimensioni di analisi Sulle sei dimensioni (appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione) a loro volta suddivise ciascuna in tre indicatori – ognuno con un suo peso che ha determinato le differenze finali -, la valutazione degli stakeholder è stata abbastanza omogenea (ma i ‘voti’ più bassi sono stati quelli degli utenti).

Le tre dimensioni appropriatezza, equità e sociale contribuiscano per oltre il 60% alla Performance: 24,9%, 22,6% e 15,6% rispettivamente; segue la dimensione esiti (13,9%); le dimensioni economico-finanziaria e innovazione, contribuiscono rispettivamente per il 12,1% e l’11,5 per cento.

Con alcune differenze quantitative, equità e appropriatezza (quest’ultima con l’eccezione dei rappresentanti delle istituzioni) sono nelle prime tre posizioni per tutte le categorie di stakeholder; la dimensione sociale anche, ad eccezione però, dei rappresentanti dell’Industria medicale.

Autonomia differenziata sotto controllo, le proposte del Crea, Dal Crea arriva anche una proposta su come verificare che con l’autonomia differenziata non si generino arretramenti regionali (almeno rispetto ai LEA, ma anche rispetto alla Performance complessiva), ovvero che tutte le Regioni procedano in un processo di miglioramento, evitando peggioramenti attribuibili al rischio che l’autonomia diventi più competitiva che cooperativa., obiettivo del CREA e degli oltre 100 stakeholder sarà

Come? Osservando le variazioni di un nucleo di indicatori “permanenti”, onde permettere l’apprezzamento delle dinamiche in essere, grazie a tre indicatori: il primo, basato sulle variazioni dell’“area” delle Performance peggiori regionali; il secondo, sul numero di miglioramenti o peggioramenti di tali Performance; ed il terzo, sulla diversa dinamica registrata dagli indicatori nelle Regioni a cui sarà stata riconosciuta un’autonomia differenziata in Sanità, rispetto alle restanti.

Nel primo caso, spiega una nota, l’aspettativa è che, coerentemente con la logica del rispetto dei LEA e del miglioramento complessivo della Performance (effetto “traino” descritto nel Ddl sull’autonomia differenziata) l’area (rossa nel grafico: gli indicatori sono quelli riportati nelle schede regionali per ogni dimensione) generata fra il valore medio nazionale e i risultati peggiori regionali (ovvero il risultato delle Regioni posizionate in corrispondenza del valore minimo o, in alternativa, del primo quartile della distribuzione) diminuisca negli anni (ovvero crescano i livelli minimi di Performance regionali sui singoli indicatori).

Nel secondo, che utilizzando le preferenze sviluppate nell’ambito del progetto “Le Performance Regionali”, sia possibile raffinare ulteriormente l’indicatore, elaborando una “area standardizzata” in base ai pesi attribuiti alle diverse dimensioni o ai diversi indicatori prescelti. La terza necessità emersa dal Panel di esperti richiede un adeguato investimento per migliorare i sistemi informativi: infatti, spesso i sistemi di monitoraggio adottati nell’ambito del Ssn sono stati costruiti (anche) sulla base della disponibilità dei flussi informativi che, peraltro, sono stati originariamente sviluppati per altre necessità, per lo più di tipo amministrativo.

“È il momento di attribuire un ruolo forte al Ministero della Salute, con risorse dedicate ad appianare le disuguaglianze di salute che dividono il nostro Paese. Le Performance Regionali” del Crea – Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità, presentato questa mattina a Roma. Otto le Regioni promosse, di cui solo Veneto, Trento e Bolzano con lode. Sette quelle rimandate e sei le bocciate, in base a una valutazione su sei dimensioni che vanno dall’appropriatezza e l’equità delle cure agli aspetti economico-finanziari e all’innovazione.   

“Il Rapporto Crea Sanità sulle performance regionali – spiega Anelli – ci dà, chiaramente e in maniera drammatica, il quadro di un’Italia spaccata in due, con 29 milioni di italiani, residenti nelle otto Regioni in alto nella classifica, che godono di una buona assistenza sanitaria, e altrettanti, quasi tutti nelle Regioni del Centro-Sud, che potrebbero incontrare serie difficoltà nell’accesso alle cure”.

Soprattutto in vista della riforma per l’autonomia differenziata – aggiunge – è fondamentale ripianare tali disuguaglianze. Sinora le Regioni, a 22 anni dalla Riforma del Titolo V, non ci sono riuscite. È quindi il tempo di rafforzare il ruolo centrale del Ministero della Salute. E di dedicare una percentuale del Fondo sanitario nazionale a colmare le differenze, in modo da far partire le Regioni tutte dalla stessa linea. Altrimenti, le differenze non faranno che acuirsi, con una frattura che causerà il crollo del nostro Servizio sanitario nazionale”.Anche il II Rapporto sul Sistema sanitario italiano . ‘Il termometro della salute’, redatto da Eurispes ed Enpam, e presentato sempre stamattina, accende un riflettore sul fenomeno della mobilità sanitaria, che porta i cittadini a ‘emigrare’, per curarsi, verso strutture pubbliche di altre Regioni, per ottenere prestazioni non erogabili nel territorio di residenza a causa dei deficit. Si innesta così un circolo vizioso, per cui le Regioni in difficoltà devono pagare le prestazioni a quelle in condizioni migliori, che possono così contare su risorse extra da investire in strutture e personale, a beneficio dei cittadini residenti. Il gap tra Regioni, così, si amplia ulteriormente”.

“Infine – conclude Anelli – il XX Rapporto Osservasalute 2022, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, e presentato sempre oggi, evidenzia come la mortalità evitabile riconducibile ai servizi sanitari sia quasi il doppio in Campania rispetto a quella registrata nella Provincia autonoma di Trento. È nostro dovere porre fine a queste ingiustizie, che rinnegano i principi costituzionali di tutela della salute, di uguaglianza, di garanzia dei diritti fondamentali. Che sconfessano i principi di equità, uguaglianza, universalità, solidarietà messi a fondamento del nostro Servizio sanitario nazionale”.  

“Appropriatezza, esiti, equità, innovazione, sostenibilità e integrazione con il territorio sono le dimensioni da tutelare per salvaguardare l’unitarietà e l’omogeneità del Servizio Sanitario Nazionale”. Lo afferma Barbara Cittadini, Presidente nazionale di Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, che aggiunge: “Dall’ultimo Rapporto del Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità) sulle “Performance Regionali”, che valuta proprio queste dimensioni, emerge, invece, un Paese diviso, con una parte della popolazione che vede, sistematicamente, disattesa la propria domanda di salute”.

“La frammentarietà – prosegue la Presidente – va al di là della divaricazione Nord-Sud e disegna un’Italia a 21 velocità, nella quale l’accesso alle cure è drammaticamente condizionato dalla casualità di risiedere in una determinata area geografica. Una eterogeneità che costringe chi può ad affidarsi alla mobilità sanitaria o al mercato privato delle prestazioni, anche in regime di intramoenia, e chi non dispone di sufficienti risorse finanziarie a rinunciare a prevenzione e cura”. “Il Rapporto C.R.E.A. Sanità – continua Cittadini – non fa che ribadire, ancora una volta, quello che emerge dalla totalità dei documenti tecnici e scientifici elaborati in questi anni: adesso è responsabilità della politica farsi carico di ricomporre le disuguaglianze e assicurare una equità che tenda, però, verso l’alto e non a discapito della qualità e dell’efficacia dell’assistenza. In questo senso, avendone apprezzato la visione strategica, siamo certi che il Ministro della Salute Schillaci saprà trovare la corretta sintesi tra le peculiarità territoriali e il carattere universalistico e solidale del SSN”.

“Aiop è la realtà maggiormente rappresentativa della componente di diritto privato del SSN, che assicura il 28% di tutte le prestazioni, assorbendo solo il 12% della spesa ospedaliera pubblica: anche noi, come i pazienti, come i professionisti, come le società scientifiche viviamo nel quotidiano la sofferenza del SSN e ci diciamo, una volta in più, pronti a offrire il nostro contributo in un improcrastinabile percorso di risanamento e riqualificazione della sanità pubblica” conclude Cittadini.

 

 

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