12% di italiani con intolleranza al glutine
DOTTNET | 27/09/2023
Le patologie conosciute legate al frumento hanno una prevalenza che va dall’1 al 5%. Ma accanto a questo, si stima che a livello globale non meno del 10-15% delle persone si auto-diagnostichi una ‘intolleranza al glutine
In Italia da tempo si assiste ad una vera e proprio epidemia di intolleranze al glutine che riguardano circa il 12% della popolazione. Oggi un’ipotesi di ricerca sembra scagionare il glutine e individuare dei fattori anti-nutritivi contenuti del frumento e allo studio ci sono una serie di possibili soluzioni. “Stiamo assistendo a livello mondiale a un’esplosione del marketing dei prodotti ‘gluten-free’, legata a una vera e propria ‘epidemia’ di intolleranza al glutine
“Ma quanto c’è di ‘moda’ o di suggestione e quanto di solida realtà scientifica? “Le patologie conosciute legate al frumento (celiachia, gluten-sensitivity, allergia al frumento) hanno una prevalenza che va dall’1 al 5%. Ma accanto a questo, si stima che a livello globale non meno del 10-15% delle persone si auto-diagnostichi una ‘intolleranza al glutine’ (in Italia il 12%) e quindi auto-escluda il glutine dalla propria dieta. E questo riguarda soprattutto i millennial e la generazione Z (fino al 15% di autodiagnosi), mentre nei baby boomer il fenomeno si attesta al 4%”.
Una possibile spiegazione di questo boom di intolleranza al glutine potrebbe essere legata all’industrializzazione della produzione del frumento. “I meccanismi che possono indurre sensibilità al glutine sono ben conosciuti; ma bisogna prendere in considerazione anche tante altre proteine contenute nel frumento, in grado di indurre una sensibilizzazione. Grande interesse è appuntato al momento sui cosiddetti ‘fattori anti-nutrizionali’ (Anf) del frumento, quali fitati, tannini, amylase/trypsin inhibitors (Atis) e tanti altri”.
“Queste proteine hanno la funzione specifica di proteggere del frumento dai suoi nemici naturali, ma allo stesso tempo possono rallentare la digestione delle proteine, dei carboidrati e delle molecole presenti nel frumento stesso, oltre che interferire con l’assorbimento di biomolecole (ad esempio ferro e zinco), riducendone la biodisponibilità. Una modalità per neutralizzare questi anti-nutrizionali potrebbe essere ad esempio quella di prolungare i tempi di fermentazione del frumento, a temperatura controllata. Ma un aumento eccessivo della domanda, può portare ad una minore attenzione alla processazione del frumento; in questo caso questi anti-nutrizionali non vengono neutralizzati e possono provocare una cattiva digestione, ma anche innescare meccanismi infiammatori e di immunità innata nell’organismo”. In altre parole, una domanda eccessiva da parte del mercato, può portare a una scarsa qualità della processazione del frumento. E questo potrebbe essere alla base dell’esplosione della cosiddetta ‘gluten sensitivity’, più che il glutine di per sé”.
“Sarebbe importante avere un dialogo continuo con la produzione per cercare di variare la tipologia di frumento e di glutine e fare dei trial clinici controllati per capire se una certa lavorazione provochi o meno la comparsa dei sintomi. Questa ondata di ‘sensibilità’ però, come ricordato, potrebbe non essere imputabile alla genetica del frumento (non sarebbe cioè una questione di grani ‘antichi’ o di grani ‘moderni’), quanto piuttosto alle moderne tecniche di produzione e di processamento. Interessante sarebbe anche andare a variare la tipologia del glutine all’interno del frumento, per individuare quello più immunogenico e in grado di stimolare la sensibilità. C’è insomma glutine e glutine, sia in termini di quantità che di qualità”.
“Il frumento (o grano) è un cereale molto antico, una tra le prime piante utilizzate dall’uomo in campo alimentare e ancora oggi il cereale alla base della nostra dieta mediterranea E’ fonte di circa metà delle calorie alimentari consumate in tutto il mondo ed è ricco di proteine, fibre, vitamine, minerali e antiossidanti. Più recentemente l’uso industriale di pesticidi, fertilizzanti a base di azoto, unitamente al miglioramento genetico, hanno permesso di aumentare la produttività del grano e di ottenere un glutine idoneo alla realizzazione di numerosi prodotti, alcuni dei quali caratterizzanti le zone geografiche di produzione”.
“La produzione sostenibile, con scarso apporto di sostanze chimiche, unitamente a progetti di espansione e utilizzazione della variabilità genetica del frumento, associati al mantenimento di una elevata qualità tecnologica e nutrizionale, sono quindi i principali target di interesse per il miglioramento del grano ai fini dell’uso alimentare umano.