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NOVEMBRE: i vivi e i morti, il vino e il pane

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NOVEMBRE i vivi e  i morti, il vino e il pane

di Beppe Manni, Gazzetta di Modena

Novembre è legato al culto dei morti. Quando facevo il chierichetto sul drappo nero dei catafalchi dove venivano adagiati i morti si leggeva: “Memento mori”, “Hodie mihi cras tibi” ‘Ricordati che devi morire’ oppure ‘Oggi a me domani a te’ con teschi e ossa incrociate, ricamati in argento sul tessuto nero. Oggi questo simbolo è diventato oggetto di mercato con la festa delle zucche illuminate.

Era allora l’esorcizzazione della morte enfatizzata nel seicento, quando tra guerre, fame e pestilenze si moriva come le mosche. In quei tempi amavano a mo’ di meditazione dipingere le ‘Danze macabre’ dove la morte scheletrita con un manto rosso e la falce, tagliava inesorabilmente teste di ricchi e poveri, regine e popolane, vecchi e giovani, vescovi e papi. Forse anche oggi ci potrebbero aiutare a renderci consapevoli della fragilità della nostra vita e ridimensionarci la nostra ingordigia e cupidigia omicida. «Insegnaci, o Signore, a contar bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio”, recita il salmo 90. Anche perché il 4 novembre ci ricorda i 650 mila giovani italiani massacrati in guerra.

Ma basta parlare di morti e di scheletri “Musae, paulo maiora canamus: ‘O Muse ora cantiamo di cose più importanti e più belle” ci suggerisce Virgilio elle aue Bucoliche.

Scolpite sugli stipiti della Porta di Pescheria nel Duomo di Modena, sono raffigurati i lavori dei contadini nelle diverse stagioni. Il mese di ottobre è rappresentato da un contadino che travasa in una botte il vino nuovo e il mese di novembre un robusto seminatore sparge da un grembiule il seme. Non parlano di morte ma del lavoro dell’uomo che coltiva la nostra fiorente campagna. Parlano di vita: del vino e del pane che nutrono e rallegrano le mense anche del povero agricoltore. Per la cultura cristiana sono il simbolo del corpo e del sangue di Cristo, ma prima di diventare questo, il pane e il vino sono il risultato del miracolo della natura e del lavoro dell’uomo che da un piccolo seme di frumento e da un acino di uva ti regala il nutrimento non per la vita eterna ma per questa vita. Tutti, sembrano proclamare le sculture del Wiligelmo, hanno il diritto di nutrirsi e godere in pace, della mensa quotidiana dove si radunano i familiari e gli amici. Il tralcio d’uva e la spiga dl frumento sono eterni simboli di pace e di prosperità.

Le famiglie recitavano prima del pranzo una preghiera: “Ti ringraziamo o Signore per il cibo che ci hai donato e donane anche a quelli che non ne hanno’ E’ un preghiera quasi blasfema si dovrebbe dire “Fa che impariamo a condividerlo con chi il cibo non ha”. Perché il pane e il vino ci vengono donati gratuitamente perché lo condividiamo e facciamo festa con gli altri.

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