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Osteoporosi e non solo: a cosa serve la vitamina D

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Osteoporosi e non solo: a cosa serve la vitamina D

di Irma D’Aria

Si stima che l’80% della popolazione abbia una carenza di vitamina D, sostanza fondamentale per la salute delle ossa e non solo.

Più fragili e instabili, quindi con un rischio maggiore di cadute e fratture. Accade a chi soffre di osteoporosi, malattia che riguarda in Italia circa 4 milioni di individui, di cui 3,2 milioni di donne. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a causa dell’osteoporosi in tutto il mondo ogni 3 secondi si verifica una frattura di femore, polso o vertebra.

Una ‘ladra silenziosa’

L’osteoporosi porta al progressivo indebolimento delle ossa, ma questo non vuol dire che le fratture da fragilità siano un inevitabile segno dell’invecchiamento, anzi devono essere riconosciute il più presto possibile per evitare il peggio al paziente, ma anche per non gravare sui costi di assistenza del Sistema sanitario nazionale. Purtroppo, spesso l’osteoporosi non dà segni evidenti e la sua prima manifestazione è proprio una frattura, infatti viene definita ‘ladra silenziosa’.

I fattori di rischio

Le donne sono più predisposte all’osteoporosi, ma tra i fattori di rischio ci sono anche l’età, la menopausa, alcune terapie (ad esempio, cortisone), i malassorbimenti intestinali, il basso peso corporeo e i periodi di amenorrea (assenza di ciclo mestruale superiori ad una durata di tre mesi). Un ruolo rilevante hanno anche le abitudini alimentari, dal consumo di alcol, tabacco e caffè, dall’attività fisica e dall’assunzione di farmaci che interferiscono con il normale metabolismo di fosforo e calcio.

La prevenzione

Poiché l’osteoporosi oggi non è più considerata come un processo inesorabile legato all’invecchiamento, gli specialisti sono convinti che sia necessario puntare sulla prevenzione primaria introducendo le quantità raccomandate di calcio con la dieta e accumulando una sufficiente quantità di vitamina D, specie nell’età avanzata quando non ne viene prodotta a sufficienza, esponendoci al sole, e dedicando all’attività fisica alcune ore a settimana. Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato che l’esercizio fisico può ridurre il rischio di cadute e di frattura di circa il 30-40% indipendentemente dall’effetto sulla densità minerale ossea

Il ruolo della vitamina D

Tutti la conosciamo per la sua utilità legata alla salute delle ossa perché aiuta l’organismo ad assorbire il calcio, uno dei principali costituenti del nostro scheletro e a prevenire l’insorgenza di malattie ossee, come l’osteoporosi o il rachitismo. Oggi però molti studi hanno evidenziato che la vitamina D svolge anche un ruolo extrascheletrico.

“Una carenza di questa sostanza può favorire l’insorgenza di diabete mellito o patologie autoimmuni. Inoltre, uno studio pubblicato sul British Medical Journal ha dimostrato che con valori superiori a 30 nanogrammi/ml si previene l’insorgenza di polimialgia reumatica e artrite reumatoide”. Una quantità insufficiente di vitamina D è correlata anche a diverse malattie cardiovascolari, come ipertensione, scompenso cardiaco, infarto, ictus, fibrillazione atriale, e a patologie metaboliche, a cominciare dal diabete. Uno studio pubblicato su Medicine e condotto dagli esperti del Centro Cardiologico Monzino di Milano, ha, infatti, riscontrato che l’80% dei pazienti colpiti da un infarto presentava un deficit, totale o parziale, di vitamina D.

Vitamina D e Covid

Questa sostanza entra in gioco anche quando si parla di Covid-19. Già alcuni studi avevano messo in relazione la somministrazione di vitamina D con potenziali effetti positivi sul decorso della malattia mentre bassi livelli sono stati associati allo sviluppo di Long Covid. Ora un nuovo studio su più di 100 operatori sanitari pubblicato sulla rivista internazionale Endocrine da un gruppo di ricercatori del San Raffaele di Milano ha evidenziato come chi aveva valori di vitamina D nel sangue inferiori a 20 ng/ml, cioè la soglia comunemente utilizzata per definire la carenza ormonale, mostrava un calo significativo rispetto ai soggetti con normale vitamina D dei valori anticorpali tra il quinto e il nono mese dalla fine del primo ciclo vaccinale anti Covid.

A conferma di questi dati i ricercatori del San Raffaele hanno riscontrato che i valori di vitamina D prima della vaccinazione correlavano significativamente e indipendentemente da altre variabili con la concentrazione degli anticorpi anti Covid al nono mese dopo la seconda dose del vaccino anti Covid.

Quant’è difficile fare scorta di vitamina D

Purtroppo, in Italia c’è una diffusa ipovitaminosi D dovuta a vari fattori. Più dell’80% del nostro fabbisogno di vitamina D deriva dalla produzione cutanea di calciferolo in risposta all’irraggiamento solare che, però, nonostante il clima favorevole è ridotto in quasi tutte le fasce di età: “La maggior pratica di attività indoor da parte dei bambini, l’utilizzo di creme solari che costituiscono un ostacolo all’azione di vitamina D, l’abitudine dei giovani a trascorrere le notti estive in discoteca saltando il mare al mattino e l’invecchiamento della popolazione con minore capacità da parte della cute di una corretta sintesi della vitamina D rendono insufficiente l’esposizione al sole”, sottolinea Giannini. Né è più facile introdurre questa sostanza attraverso i cibi visto che quelli che contengono vitamina D (aringa, salmone, sgombro, tuorlo d’uovo, fegato, formaggi grassi e burro) non sono alla base della piramide alimentare mediterranea e inoltre è scarsamente utilizzata nel nostro paese la fortificazione dei cibi Vitamina D, pratica invece largamente utilizzata, per esempio, nei paesi scandinavi.

Perché mettere a posto la vitamina D

Nonostante l’Italia sia un paese con tanti anziani e quindi soggetti colpiti da osteoporosi e a rischio di frattura, la prevenzione non è un tema sotto i riflettori così come quello del ruolo della vitamina D.

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