Una perfetta ed estrema disumanità
Data: 14 Maggio 2023
Autore: a cura della redazione Tempi di fraternità
L’attuale guerra tra Federazione russa
e Ucraina sta sviluppando una nuova
corsa all’oro finalizzata alla ricostruzione
dell’Ucraina, puntando
a generare guadagni per le varie
aziende attraverso un immenso cantiere da 750
miliardi di dollari. È davvero scioccante pensare
al business e agli affari che si potranno
fare mentre ancora si continua a bombardare
quel paese. Secondo alcuni i danni ammonterebbero
a circa 138 miliardi di dollari (fonte:
https://valori.it/ricostruzione-ucraina/).
A solo titolo di esempio, la Confederazione
finlandese delle industrie avrebbe sponsorizzato
un webinar di un’intera giornata, in cui le
aziende potessero mostrare ai funzionari ucraini
i loro impianti di trattamento delle acque
reflue, trasformatori, trebbiatrici e alloggi prefabbricati.
Sembra di essere ritornati al ricordo
di quegli imprenditori che, durante il terremoto
a L’Aquila, ridevano e si sfregavano le
mani assaporando l’odore dei soldi destinati
alla ricostruzione. E sappiamo tutti come è
andata a finire con le casette di Berlusconi.
Il 26 aprile 2023 si è tenuta a Roma una
Conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina,
insieme al governo di Kiev e oltre
500 imprese italiane.
Alla luce poi delle spese militari, tutto questo
costituisce una intollerabile vicenda che ha
le caratteristiche di un vero e proprio atto disumano.
Nel mondo infatti, secondo il sito
www.pressenza.com, si registra un record storico
delle spese per gli armamenti: ben 2240
miliardi di dollari complessivi, cifra raggiunta
nel 2022. Sempre questo sito ci dice che “la
spesa militare statunitense è aumentata dello
0,7 %, raggiungendo gli 877 miliardi di dollari:
gli Stati Uniti restano di gran lunga al vertice
della classifica, con il 39 % della spesa militare
globale (3 volte maggiore del Paese al
secondo posto, la Cina). Pechino ha aumentato
la propria spesa militare per il 28° anno consecutivo
(+4,2 % a 292 miliardi di dollari)
raggiungendo il 13 % della quota globale. A
causa del conflitto sul territorio ucraino, iniziato
con l’invasione decisa da Putin, si stima
che la spesa militare della Russia sia cresciuta
del 9,2% nell’ultimo anno, raggiungendo gli
86,4 miliardi di dollari (terzo Stato al mondo).
L’Ucraina è entrata per la prima volta nella top
15 (all’11° posto) a causa di un enorme aumento
del 640% della propria spesa militare.
Il SIPRI (Stockolm International Peace Research
Institute) segnala una riduzione della spesa
militare italiana, che invece non è riscontrabile
nei dati di dettaglio, sempre in crescita,
elaborati dall’Osservatorio MIL€X (e nemmeno
da quelli NATO, per i quali vi è una sostanziale
stasi). Nel 2022 la spesa militare europea
è aumentata del 13 %, il più grande incremento
annuale nella regione nel periodo successivo
alla guerra fredda. La spesa totale di
tutti i 30 membri della NATO ammonta a 1.232
miliardi di dollari nel 2022, pari al 55 % della
spesa complessiva”. Ovviamente le aziende
produttrici di armi, nello stesso periodo, hanno
realizzato profitti stellari senza che nessun
governo, tanto meno quello italiano, molto vicino
ai lobbisti, abbiano pensato di tassare gli
extraprofitti.
Davanti a questo scenario, caratterizzato da
morti e distruzioni e da un incremento nel
mondo delle spese militari, cosa fanno i politici?
Quali scelte fanno per bloccare questa escalation?
Poco o nulla ci pare. Probabilmente non
vedono più in là del loro naso, fanno scelte
politiche miopi solo di tipo elettoralistico, finalizzato
a valutare il gradimento alle prossime
tornate elettorali. Nulla fanno per il bene
dell’umanità o, perlomeno, per il bene dei loro
nipoti e pronipoti.
Nel momento in cui operiamo queste riflessioni, la
situazione sul campo è in profonda evoluzione. Quotidianamente
ci auguriamo di poter vedere anche piccoli
segnali di pace, ma in questi giorni continuiamo ad aver
notizia di bombardamenti russi sulle città e sentiamo
parlare di un’imminente controffensiva ucraina, mentre
appaiono in una sostanziale stasi le iniziative miranti
ad aprire spazi utili per un realistico tavolo negoziale.
Al momento anche l’iniziativa diplomatica promossa
dalla Cina sembra alquanto timida, mentre uno
sforzo in direzione negoziale sembra del tutto assente
dall’iniziativa politica del governo italiano. L’ultima
iniziativa ufficiale in merito sembra risalire allo scorso
febbraio, in occasione della visita in Italia del Consigliere
di Stato e Direttore dell’Ufficio della Commissione
Centrale per gli Affari Esteri del Comitato Centrale
del Partito Comunista Cinese, Wang Yi, che è stato
anche ricevuto al Quirinale, ricevendo un sostanziale
appoggio all’iniziativa del suo paese.
Senza l’avvio di un tavolo negoziale e uno stop ai
combattimenti, purtroppo, anche l’affarismo mirante alla
ricostruzione è costretto lasciare campo libero all’affarismo
legato alla produzione delle armi e al loro commercio.
A nostro avviso, non è assolutamente rinviabile
l’assunzione di una posizione forte e credibile per
addivenire all’apertura di un percorso di negoziato. Non
solo, ma oggi sarebbe indispensabile rompere gli schemi
mentali stereotipati e pensare in grande: ristabilire
la fiducia reciproca tra schieramenti contrapposti che
consenta loro di avviare un piano di disarmo graduale e
controllato, onde ottenere cospicui risparmi di risorse
da destinare agli enormi problemi sociali che li affliggono
e che colpiscono, come al solito, soprattutto i ceti
medio bassi. Purtroppo la sensazione è che ci stiamo
avvitando invece in una sorta di spirale perversa, che
vede protagoniste le armi, la morte e le distruzioni, che
si alimentano reciprocamente. C’è invece bisogno immediato
di una sapienza politica capace di pensare alla
pace e alla sopravvivenza dell’umanità e del pianeta.
Non lasciamo giorno senza additare con forza ed entusiasmo
questa speranza, che a noi appare come l’unica
strada che è giusto percorrere.
In questa direzione un segno di speranza ci viene dell’accenno
a una missione in corso per la pace in Ucraina
non ancora pubblica, fatto da papa Francesco nel
corso della conferenza stampa tenuta durante il volo di
rientro dalla visita in Ungheria. Crediamo sia doveroso
sostenere questa iniziativa con la preghiera e con l’impegno
concreto di tutti noi.
Infine, riteniamo importante riprendere con forza l’appello
alla politica a voler superare la miopia, cui abbiamo
già accennato, che la rende inabile a uno sguardo
capace di andare oltre l’orizzonte immediato, perché solo
oltre quella linea è possibile intravedere e leggere le sfide
che sono degne di essere intraprese per garantire il
futuro dell’umanità, del pianeta e di ciascun paese. Solo
con una politica che sappia essere pienamente consapevole
con coerenza e senso di responsabilità della sua
grande funzione, potrà essere costruito passo dopo passo
un cammino di pace. Ma questo non basta, siamo
anche noi persone chiamate a esercitare con forza e determinazione
la nostra cittadinanza, facendo sentire la
nostra voce, partecipando e spingendo con convinzione
il Governo affinché vengano operate scelte decisive in
direzione della pace. In democrazia la responsabilità
delle scelte in definitiva ricade su noi cittadini. Non possiamo
contentarci di qualche “bonus”, dobbiamo chiedere
con forza e decisione di percorrere le vie della pace.