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A Gaza non ci sono più università, quasi 350 scuole distrutte

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A Gaza non ci sono più università, quasi
350 scuole distrutte
– Nicola Perugini, Il Manifesto, 24.01.2024
Palestina Cancellato lo spazio dell’istruzione palestinese. Uccisi 94 accademici, 4.327
studenti, 231 insegnanti. Il campus di Israa tramutato in centro di detenzione. E nelle
accademie israeliane sospesi o espulsi i docenti che hanno chiesto il cessate il fuoco
L’11 ottobre l’aviazione israeliana ha pubblicato con orgoglio un video dell’attacco contro
l’Università islamica di Gaza, il più antico istituto di istruzione superiore creato nella Striscia
nel 1978. Il bombardamento ha provocato la distruzione di quattro edifici del campus e
danni ingenti alle attrezzature, ai laboratori e agli arredi dell’università. Il messaggio è stato
chiaro fin dall’inizio dell’attacco di Israele a Gaza: le istituzioni educative palestinesi vanno
distrutte.
In questa Giornata internazionale dell’istruzione, dovremmo pensare a misure e azioni
tangibili da intraprendere per contrastare l’aggressione di Israele contro il sistema
educativo palestinese, un’aggressione senza precedenti nella storia dell’area.
ALL’INIZIO di novembre, gli attacchi aerei hanno preso di mira l’Università di Al Azhar, la
seconda più grande università di Gaza, a cui è seguita la distruzione dell’Università di Al
Quds più tardi nello stesso mese. Israele ha giustificato questi attacchi rimandando al
presunto uso di infrastrutture civili da parte di gruppi armati palestinesi per schermare
«campi di addestramento militare». Questa è la giustificazione usata, senza prove, per
legittimare anche la devastazione di ospedali, scuole, edifici civili e altre infrastrutture a
Gaza.
Ma dall’inizio di dicembre la bugia della «schermatura» nel settore dell’istruzione è stata
ulteriormente smascherata. Le truppe di terra israeliane hanno iniziato a occupare e
utilizzare gli edifici universitari palestinesi come postazioni militari, prima di riempirli con
centinaia di mine e di effettuare detonazioni controllate delle università davanti alle
telecamere. Non c’era alcuna minaccia militare che emergesse dagli edifici, l’intento
dell’esercito era la pura eliminazione per il gusto di eliminare.
I soldati israeliani hanno poi condiviso online i video che li ritraevano mentre
commettevano questi crimini e polverizzavano le infrastrutture di istruzione superiore
palestinesi. Ad esempio, il caso della Facoltà di Medicina dell’Università islamica a dicembre
e più recentemente la distruzione dell’Università Israa a Gaza City.
L’edificio di Israa, che ospitava anche 3mila rari manufatti saccheggiati dai soldati
israeliani, è stato utilizzato come centro di interrogatorio e di tortura con cecchini per
colpire i civili nelle aree adiacenti, prima di essere fatto saltare in aria.
La distruzione sistematica dei centri di istruzione palestinesi (un processo che la studiosa
palestinese Karma Nabulsi ha definito «scolasticidio») e gli attacchi agli spazi palestinesi di
produzione e circolazione della conoscenza e della cultura (ciò che gli studiosi chiamano
«epistemicidio») sono una caratteristica strutturale del regime di espropriazione coloniale di
Israele.
In Cisgiordania, Israele ha represso l’istruzione palestinese e attaccato studenti, personale
educativo, scuole e università per decenni. Anche a Gaza scuole, università, studenti e
personale sono stati sottoposti allo stesso trattamento fino al «disimpegno» del 2005, per
poi essere bombardati in tutti i cicli di aggressioni israeliane che hanno seguito l’inizio
dell’assedio di Gaza nel 2007.
TUTTAVIA, gli ultimi attacchi hanno superato la soglia dell’immaginazione. Le cifre sono
terrificanti. Secondo EuroMed Human Rights Monitor e il ministero palestinese
dell’istruzione superiore, dal 7 ottobre sono stati uccisi 94 accademici, 4.327 studenti, 231
insegnanti e amministratori. Tutti gli edifici universitari di Gaza sono stati completamente o
parzialmente distrutti.
Circa 281 scuole pubbliche e 65 scuole delle Nazioni unite sono state completamente
distrutte o danneggiate. In altre parole, lo spazio palestinese dell’istruzione a Gaza è stato
cancellato, al punto che quando il genocidio sarà finito, non ci sarà un sistema educativo a
cui tornare.
In un appello aperto, gli accademici palestinesi hanno invitato i loro colleghi all’estero ad
agire contro il genocidio e la distruzione delle istituzioni educative. Ma come ha reagito il
mondo accademico israeliano allo sterminio dei propri colleghi e alla distruzione senza
precedenti delle infrastrutture educative? Finora non abbiamo sentito alcuna condanna
istituzionale dello scolasticidio e dell’epistemicidio palestinese.
Al contrario, questo silenzio assordante è stato accompagnato da attacchi sistematici
all’interno delle istituzioni accademiche israeliane, principalmente contro gli studenti e il
personale palestinese, ma anche contro i dissidenti ebrei israeliani interni, per la loro
solidarietà con Gaza.
La British Society for Middle Eastern Studies (Brismes) ha riferito come, dall’inizio degli
attacchi in ottobre, le istituzioni accademiche israeliane abbiano represso la libertà
accademica e di parola sospendendo, indagando ed espellendo studenti per aver espresso
solidarietà con il popolo palestinese. Inoltre, la Hebrew University ha pubblicato una lettera
pubblica di potenziale incitamento alla violenza verbale e fisica contro Nadera Shalhoub-
Kovorkian, una professoressa palestinese che ha firmato una petizione a sostegno del
cessate il fuoco a Gaza.
Nel frattempo, il David Yellin Academic College ha sospeso Nurit Peled Elhanan,
professoressa ebrea e vincitrice del Premio Sakharov, per aver criticato un paragone tra
Hamas e i nazisti in una chat Whatsapp dei colleghi. Questa ondata di repressione ha
portato anche al licenziamento del dottor Uri Horesh dall’Achva Academic College a causa
dei suoi post su Facebook in solidarietà con Gaza.
QUESTO QUADRO fa parte di una tendenza storica di complicità delle istituzioni
accademiche israeliane con la repressione e l’espropriazione dei palestinesi, sia all’interno
di Israele che nei territori palestinesi occupati. Le università israeliane collaborano allo
sviluppo di armi, dottrine militari e discorsi ideologici che facilitano e normalizzano la pulizia
etnica coloniale dei coloni e il genocidio dei palestinesi.
Per citare un esempio recente, strettamente legato agli eventi in corso a Gaza, Joel Roskin,
geografo della Hebrew University e esperto di geolocalizzazione che lavora con l’esercito
israeliano, ha scritto un articolo di opinione sul Jerusalem Post in cui sostiene lo
spopolamento di Gaza e l’espulsione dei palestinesi nel Sinai come

Uno dei suoi colleghi, Meir Masri, che insegna politica e relazioni internazionali alla Hebrew
University, ha recentemente scritto che Gaza deve essere distrutta e «rasa al suolo».
Questa è davvero una situazione senza precedenti in cui dobbiamo capire che
l’epistemicidio e lo scolasticidio a Gaza non sono una metafora. Fanno parte della
distruzione della vita collettiva palestinese e sono in definitiva atti genocidiari che
richiedono la nostra azione e mobilitazione immediata. Cosa si può fare?
A livello istituzionale internazionale, l’Unesco dovrebbe onorare questa Giornata
internazionale dell’educazione adottando misure concrete per proteggere il diritto umano
all’istruzione degli studenti e del personale palestinese e, più in generale, l’esistenza del
settore dell’istruzione palestinese che a Gaza è sotto minaccia esistenziale.
Dovrebbe inoltre escludere immediatamente Israele dai suoi Stati membri. Una misura di
esclusione di Israele dai gruppi regionali dell’Unesco è stata presa nel 1974, nello stesso
anno in cui l’organizzazione ha emanato la «Raccomandazione sull’educazione alla
comprensione internazionale, alla cooperazione e alla pace e sull’educazione ai diritti
umani e alle libertà fondamentali», un documento chiave che ispira le celebrazioni odierne.
A LIVELLO individuale e accademico istituzionale, dovremmo onorare l’appello dei nostri
colleghi palestinesi per un boicottaggio accademico completo delle istituzioni accademiche
israeliane, intensificando gli sforzi di boicottaggio esistenti. Questo è l’unico strumento
concreto che abbiamo per agire immediatamente come colleghi responsabili che si
preoccupano di coloro che vengono eliminati con il loro sistema educativo, nello sforzo
coloniale israeliano di cancellare le condizioni di possibilità di trasmissione della cultura,
della memoria e della presenza palestinese a Gaza.
Dovremmo chiedere alle nostre università di rompere il silenzio e di porre fine a ogni forma
di complicità con ciò che sta accadendo a Gaza, revocando le loro collaborazioni
istituzionali con le università israeliane e i loro investimenti in aziende complici del regime
di espropriazione di Israele.
Dobbiamo organizzarci e chiedere alle nostre associazioni accademiche, alle società e ai
sindacati di votare per il boicottaggio e di unirsi alle numerose associazioni e società
nazionali e internazionali che hanno deciso di sospendere i loro rapporti con le università
israeliane. Il boicottaggio è istituzionale e non è diretto a singoli individui, e significa un
impegno concreto contro il razzismo, l’anticolonialismo e i diritti umani dei nostri colleghi
palestinesi.

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