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Le nostre città di oggi, come le vorremmo, come in realtà sono

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A volte le canzoni riescono a farci toccare con mano argomenti che poi rielaborati nei momenti di tranquilla riflessione ci consentono di meditare su aspetti della vita di tutti i ignori che ci sfuggono nel tourbillon quotidiano. Sono partito da una canzone di Niccolò Fabi per pensare alle nostre città di oggi, a come le vorremmo a come in realtà sono. Dice Niccolò Fabi nella sua canzone “hanno vinto le corsie preferenziali,hanno vinto le rotonde ed i ponti a quadrifoglio, i parcheggi in doppia fila, quelli multipla o le tangenziali superfrequentate,le corporazioni infiltrate nei consigli comunali, i loschi affari dei palazzinari, gli alveari umani e le case popolari, le catene di negozi,le insegne luminose sui tetti dei palazzi,le luci lampeggianti dei semafori di notte,i bar che aprono alle7;hanno vinto i ristoranti giapponesi,i locali modaioli frequentati solamente da bellezze tutte uguali,le montagne di immondizia,gli orizzonti verticali,le giornate a targhe alterne e le polveri sottili.Hanno vinto le filiali delle banche,hanno perso i calzolai,ed ha perso la città,ha perso un sogno,abbiamo perso il fiato per parlarci,ha perso la comunità,abbiamo perso la voglia di aiutarci”.Quanta verità in questo testo!!Cosa vorremmo dalla nostra città non lo troviamo:ci manca.Ha perso il sogno di una città intesa come comunità pronta a condividere risorse e conoscenze,capitale materiale ed immateriale,fisico ed intellettuale.La città dovrebbe essere una sorta di laboratorio dove sperimentare forme inedite di protagonismo civile e l’ utopia di una identità condivisa e plurale.I giovani dovrebbero in essa riconoscere motivi di cambiamento ed emancipazione,di migliore qualità di vita,di ascensore sociale.Da sempre nella letteratura come anche nelle arti figurative l’urbanizzazione è stata interpretata come un’occasione di solidarietà,di superamento delle situazioni di isolazionismo.Invece troviamo frenesia e ritmi incalzanti che spesso però poi improvvisamente decadono nella sonnolenza e nell’inserzione.Così diviene difficile per i giovani trovare il proprio posto nel mondo,le proprie condizioni di radicamento,il motivo per essere con e per essere per e non per essere e basta

Luigi Campanella, professore emerito nell’Università La sapienza di Roma

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