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Perché tanti giovani si stanno ammalando di tumore – Cosa dicono i dati

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Perché tanti giovani si stanno ammalando di tumore – Cosa dicono i dati

di Paolo Ferraresi, presidente dei Comitati consultivi misti dell’AUSL di Bologna 21 Marzo 2024

“Why are so many young people getting cancer?”. Perché tanti giovani si stanno ammalando di cancro? È il titolo di un articolo pubblicato recentemente su Nature. L’articolo su Nature si riferisce all’evidenza sempre più solida (e forse ne abbiamo anche già letto o sentito parlare sui media) che i casi di tumore tra i più giovani sono in aumento.

Per scrupolo, sgomberiamo subito il campo dall’associazione tra cancro, turbocancro e vaccini per Covid che sta girando da un po’ con l’effetto di instillare dubbi e paure in chi in questo periodo si ritrova ad affrontare una diagnosi di tumore. 

È un aspetto su cui dovremmo riflettere: una reazione molto frequente in chi riceve una diagnosi di tumore è chiedersi perché, e perché io. Offrire ad una persona in un momento di grande fragilità o ai suoi cari una risposta che è priva di ogni fondamento scientifico ma che li spingerà a colpevolizzarsi (se avessi dato ascolto, se non mi fossi vaccinato, forse oggi…) ritengo che sia veramente riprovevole. Ma forse bisogna ritrovarcisi, per capire il male che si può fare.

Et de hoc satis. (non se ne può più)

È vero che i dati ci dicono che c’è un’aumento di tumori, e un aumento di tumori che si presentano in modo insolitamente precoce, ma è un fenomeno che si osserva dagli anni ’90, quando i vaccini a mRNA non c’erano (e più avanti questo sarà ancora più chiaro). Il punto è che il perché questo succeda ancora non si capisce. E non sarà facile capirlo, almeno per un po’.

La premessa è che il cancro, nella nostra cultura scientifica (che poi trova conferma nella nostra esperienza) è sempre stato una malattia statisticamente legata all’età.

Un primo motivo è che le cause iniziali del cancro sono le mutazioni. Che siano dovute a  fattori endogeni (acquisite in modo casuale nel corso della vita) o esogeni (causate dall’esposizione a fattori ambientali come inquinamento, alimenti, fumo, uso di sostanze chimiche…), solo poche di queste mutazioni avranno un’effetto sulla cellula, solo poche delle cellule che portano mutazioni riusciranno ad andare avanti. Per questo le probabilità che si verifichi un evento critico aumenteranno con il passare del tempo. 

Ma una mutazione da sola non basta. Perché si abbia un tumore la cellula deve accumulare più mutazioni che compromettano aspetti diversi dei suoi sistemi di controllo. Questo succede, è nella nostra esperienza quotidiana. Ma le probabilità che più mutazioni utili si ritrovino nella stessa cellula (ovvero che si verifichino due eventi in modo correlato) sono basse, e allora ci vuole ancora più tempo. Possono essere necessari anche decenni. 

E ancora altro tempo è necessario perché la cellula vada incontro a ulteriori cambiamenti e de regolazioni che fanno la differenza tra una cellula fuori controllo che sarà eliminata e un tumore che crescerà, sarà capace di invadere e infiltrare altri tessuti, crearsi un sistema circolatorio privato e mandare in giro cellule metastatiche.

Per questo i tumori in genere si manifestano coi loro sintomi e si scoprono dopo una certa età. Hanno bisogno di tempo.

E per questo, scoprire un tumore del colon ormai intrattabile in una sedicenne, o scoprirne uno con metastasi al fegato in una 32enne, è qualcosa di assolutamente anomalo. Nell’articolo vengono definiti “improbable forms of cancer”, tumori improbabili.

Ovviamente tumori infantili ce ne sono, fin troppi. Tumori giovanili pure, ma sono rari, e particolari (spesso con una componente ereditaria), a causa dei meccanismi alla base un po’ diversi da quelli dei tumori dell’età adulta ed avanzata (diciamo dai cinquanta in su). Che però si stanno presentando in aumento ben sotto i cinquanta (secondo alcuni modelli tra il 2019 ed il 2030 si osserverà un aumento del 30%, vedi fig. 1).

E anche se la mortalità per cancro globalmente è in calo, questo aumento potrebbe contribuire a riportare su la curva dei decessi nei prossimi anni [Fig. 2].

Anche perché nei giovani per ora non si fa prevenzione (controlli e screening) per cercare quei tumori finora tipici dell’età più avanzata, quindi spesso questi tumori vengono scoperti in modo tardivo. Ma c’è chi sta già pensando di correre ai ripari e anticipare di almeno 10 anni alcuni programmi di screening come quello del tumore del colon-retto. Ovviamente oltre a capire che sta succedendo qualcosa di strano, è importante scoprirne le cause. E non è facile.

Un primo problema è quello temporale. Anche in un caso veramente semplice da comprendere, come i tumori alla tiroide in chi da ragazzo (quindi con una tiroide molto attiva) è stato esposto in Ucraina e Bielorussia allo Iodio 131 liberato con l’incidente della centrale nucleare di Chernobyl, furono necessari comunque diversi anni prima di avere i primi casi. In pratica, anche in condizioni indotte in modo quasi sperimentale, c’è stato un periodo di latenza rispetto agli eventi iniziali che ha interrotto una consequenzialità causa/effetto in questo caso tuttavia già nota e prevista. Diamo per scontato quindi che per capire quello che si osserva oggi non ci interessa qualcosa che è successo uno o due anni fa ma dobbiamo andare indietro nel tempo, di qualche decennio. E non sarà facile associare in modo retroattivo qualcosa che non sappiamo cosa sia, ma è successo 20, o 30 o anche 40 anni fa, ad un fenomeno che vediamo oggi.

L’altro problema è nei numeri. La tendenza è netta ma i numeri non sono tanto grandi da consentire studi solidi, e se per aumentare la numerosità del campione mettiamo insieme individui e malattie che apparentemente hanno in comune solo una diagnosi precoce, rischiamo di non scoprire i veri fattori discriminanti.  Perché i tumori in aumento sono diversi per tipo, per età di insorgenza, per popolazione, e poi un tumore è per definizione una patologia multifattoriale che può rispondere a fattori molto diversi. La cosa più probabile comunque è che non ci sia una vera e propria pistola fumante da scoprire, ma una serie di fattori che singolarmente o in sinergia determinano questo risultato. 

Di ipotesi se ne fanno tante che però possono spiegare alcuni casi ma non altri. Si va dai cambiamenti nell’alimentazione, sia in quantità che in qualità (maggiore consumo di cibi ultaprocessati) rispetto alle generazioni precedenti, all’obesità in netto aumento nei giovani, al consumo di alcoolici, a cambiamenti nel microbiota (che ha effetti sul sistema immunitario e sempre più correlazioni col cancro, ma che sarà difficile confrontare con quello di chi si è ammalato in età “normale”).

Si stanno considerando anche effetti epigenetici dovuti all’esposizione a sostanze chimiche (disruttori endocrini) durante la gravidanza. Per questa ipotesi ci sono dei precedenti ormai ben caratterizzati, ragazze nate fino agli anni ’70 da madri che avevano fatto uso di un ormone sintetico (il dietilstillbestrolo) durante la gravidanza sviluppavano con frequenza insolita un tumore genitale raro, e per giunta in adolescenza, altro evento decisamente raro. Solo in seguito si capì che l’ormone disturbava in una fase critica dell’embriogenesi il programma differenziativo dei tessuti che avrebbero dato origine all’apparato genitale delle bambine, che nascevano con una sorta di predisposizione a quel tumore. Sembra che per quelle ragazze, poi diventate adulte, ci sia anche un maggior rischio di tumore al seno, alla cervice ed al pancreas, ma i numeri sono piccoli.

Può darsi che quello che vediamo oggi dipenda da qualcosa del genere.  

Per esempio, esattamente un anno fa fu pubblicato su Science un articolo con un focus specifico sul tumore del colon in cui si ipotizza uno scenario analogo. I tumori del colon a comparsa precoce originano mediamente da una regione del colon diversa (e di diversa origine embrionale) da quelli tipici dell’età più avanzata, che farebbe pensare che è successo qualcosa durante lo sviluppo embrionale presumibilmente a seguito dell’esposizione in utero a qualche sostanza chimica non usata in precedenza. In modo tutto sommato analogo a quanto raccontato per il dietilstillbestrolo.

Sarebbe sicuramente molto utile andare a studiare quelle che si chiamano coorti di nascita, ovvero un grande numero di bambini (e le loro madri) seguiti fin da prima di nascere. Di dati e di campioni biologici da analizzare in cui trovare contaminanti che potrebbero avere questo tipo di effetti però purtroppo non ce ne sono molti. 

Stanno emergendo anche altri aspetti significativi a livello di popolazione. Il fenomeno sembra riguardare le donne più degli uomini, negli Stati Uniti gli ispanici e i neri più che i bianchi, e ancora di più alcune minoranze etniche native dell’Alaska. Ma sicuramente non si tratta di una questione etnica e di polimorfismi, quanto di aspetti socioeconomici. 

Livello economico, stili di vita, alimentazione, obesità, sicurezza delle abitazioni (chi è più povero spesso abita in zone più degradate e contaminate), accesso a prevenzione e cure precoci sono strettamente correlati tra loro, e possono essere un fattore importante. Lo abbiamo già visto col Covid. Ma è difficile che siano la causa diretta dell’aumento di incidenza del cancro osservata tra i giovani.

E poi c’è il solito problema (ormai ci torniamo sempre più spesso) delle aree grigie, dei dati che non abbiamo perché riguardano quegli ultimi di cui in fondo ci importa poco. Come esempio, in Sudafrica i dati sull’incidenza dei tumori sono noti solo per il 16% della popolazione che è coperta da un’assicurazione sanitaria. Degli altri non si sa. Se tra gli altri ci fosse la risposta alle nostre domande, non lo sapremmo.

In sintesi, oggi oltre a farci le domande dobbiamo anche iniziare a raccogliere tutte le informazioni possibili in cui, prima o poi, trovare le risposte che forse non troviamo nell’immediato passato.

“We never saw this coming. But in 20 years if we don’t have databases to record this, it’s our failure. It’s negligence”, conclude l’articolo su Nature. “Non ci siamo accorti di quello che stava succedendo. Ma se entro i prossimi 20 anni non avremo dati da studiare sarà solo colpa nostra, sarà negligenza”.

Post Scriptum

Ovviamente chi dà la colpa dell’aumento dei tumori alle vaccinazioni o è in malafede o ignora informazioni elementari.

1) Microplastiche nella rete alimentare:

l’uso e l’abuso della plastica. Sono state trovate microplastiche anche nella placenta materna.

La presenza di oggetti in materiale plastico nelle acque desta particolare preoccupazione per la loro resistenza alla degradazione e la durata nel tempo, uniti al largo consumo che ne fa tutta la popolazione mondiale

2) Il PFAS – Un team dell’università di Padova, coordinato dal professor Carlo Foresta, ha condotto uno studio sperimentale, mettendo in evidenza il meccanismo attraverso il quale PFOA e PFOS, i più diffusi composti della famiglia degli PFAS, interferiscono con il processo di assorbimento cellulare del colesterolo dal sangue e, quindi, con la presenza di elevati livelli di colesterolo tra la popolazione esposta agli inquinanti.
Le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS), oltre 4.700 in numero, sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali ampiamente utilizzate, che nel corso del tempo si accumulano negli esseri umani e nell’ambiente. Sono note come «sostanze chimiche permanenti», in quanto sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e organismo.

Dove si trova il PFAS?

Si trovano nei cosmetici, nei capi di abbigliamento impermeabili, nelle padelle antiaderenti, negli imballaggi in carta. Presenti in numerosissimi prodotti di uso comune, ma anche protagonisti di diversi processi industriali.

Le ricerche condotte hanno rilevato associazioni tra l’esposizione prolungata a pfas e specifici effetti negativi sulla salute umana, tra i quali:

  • disfunzioni del sistema immunitario e malattie alla tiroide
  • aumento del rischio di cancro al rene o ai testicoli
  • sviluppo di malattie metaboliche come obesità e diabete di tipo 2
  • infertilità e patologie gestazionali

Una lecita preoccupazione insorge perché i PFAS tendono a rimanere a lungo immutati nell’organismo e alcuni studi hanno indicato che un’alta concentrazione nell’acqua destinata al consumo umano può causare cancro, diabete, malattie della tiroide e ictus cerebrale.

3) Uso smodato di alcolici

Sindrome feto-alcolica. Il 10% delle donne consuma alcol durante la gravidanza, i rischi: Abortività spontanea, morte intrauterina e insorgenza di difetti dello sviluppo fetale.

È direttamente associato allo sviluppo di oltre 740mila nuovi casi di tumore ogni anno. Sei volte i morti per malaria, per intenderci. O cinque volte il numero di morti per AIDS. Insomma, l’alcol è uno dei fattori di rischio principali per il rischio di mortalità precoce, per le persone tra i 15 e i 49 anni di età (è la causa di circa una morte su dieci in questa fascia di età). 

L’alcol poi ha effetti molto più nocivi sui corpi femminili rispetto a quelli maschili. Non è una questione di bon ton, né di costume. Posto che i corpi non sono mai tutti uguali, in generale il corpo femminile tende ad avere una minore percentuale di acqua e dunque la concentrazione dell’alcol diventa immediatamente importante anche quando se ne beve di meno. E minore è anche la produzione dell’enzima alcol-deidrogenasi, cioè della proteina necessaria a metabolizzare e dunque espellere l’alcol dal corpo. Il che si traduce nel fatto che a parità di dosi bevute, il rischio di malattia per i corpi femminili è più elevato. 

Molto significativo è anche il dato relativo al tumore al seno nelle donne (98mila casi di attribuzione diretta, su circa 2 milioni e 200mila nuovi casi). 

4) Vi Sono gli interferenti endocrini, cioè molte sostanze chimiche che sono state immesse nell’ambiente ai fini più disparati, dai pesticidi ai ritardanti di fiamma, da componenti della plastica (ftalati, bisfenoli) a prodotti inquinanti che si formano nel corso di vari processi di produzione industriale (alchilfenoli, metalli, diossine, idrocarburi aromatici policiclici).

5) La tendenza a mangiare in maniera incontrollata cibi spazzatura o bevande addizionate con zuccheri artificiali. Il rischio di Food addiction, ossia la tendenza a mangiare in maniera incontrollata cibi ricchi di zuccheri e/o saturi di grassi animali, colpisce oltre un milione e 150mila adolescenti tra gli 11 e i 17 anni, in particolare ragazze.

6) Il GLIFOSATO La classificazione della IARC tra i “probabili cancerogeni”

Un gruppo di esperti dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione ha preso in esame tutti gli studi relativi ai possibili effetti per gli esseri umani e per gli animali. L’analisi approfondita si è conclusa nel 2015, con la decisione di inserire il glifosato nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene” (categoria 2A). Nella stessa categoria sono presenti quasi un centinaio di agenti, tra cui, a titolo di esempio, il DDT, gli steroidi anabolizzanti le emissioni da frittura ad alta temperatura, le carni rosse, le bevande bevute molto calde e le emissioni prodotte dal fuoco dei camini domestici alimentati con biomasse, soprattutto legna. In pratica si tratta di sostanze per cui ci sono prove limitate di cancerogenicità negli esseri umani, ma dimostrazioni più significative nei test con gli animali.

In particolare, gli studi epidemiologici sulla possibile attività del glifosato negli esseri umani hanno segnalato un possibile aumento del rischio di sviluppare linfomi non-Hodgkin tra gli agricoltori esposti professionalmente a questa sostanza, un’associazione riscontrata anche da una recente metanalisi. Gli studi di laboratorio in cellule in coltura hanno dimostrato che la sostanza può avere alcuni effetti dannosi, come danni genetici e stress ossidativo.

In ogni modo la ricerca sul glifosato come possibile cancerogeno va avanti, allo scopo di indagare per esempio gli effetti delle diverse formulazioni dei prodotti.

PAOLO FERRARESI

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