Ictus cerebrale: prevenire meglio che curare
Neurology
Merita una menzione particolare il ruolo fondamentale della prevenzione, ancora più importante in relazione all’aumento generale del rischio di malattie circolatorie legato alla crescita dell’età media della popolazione. Molti ictus potrebbero essere prevenuti semplicemente curando adeguatamente i fattori di rischio modificabili come l’ipertensione arteriosa, l’aumento dei grassi e degli zuccheri nel sangue, alcune anomalie della funzione cardiaca, in particolare la fibrillazione atriale e prestando attenzione ad alcune abitudini di vita dannose come il fumo, il consumo eccessivo di alcol, l’uso di sostanze di abuso, la sedentarietà l’alimentazione scorretta con conseguente tendenza al sovrappeso fino all’obesità. Lo slogan, se vogliamo banale ma efficace è “prevenire è meglio che curare”. E allora, una attività fisica regolare, basterebbe anche una mezz’ora di passeggiata cinque o sei volte alla settimana, una alimentazione sana e bilanciata, non fumare, il controllo della pressione arteriosa e un consulto periodico con il proprio medico di medicina generale per verificare l’eventuale presenza degli altri fattori di rischio possono permetterci di vivere serenamente e ridurre in maniera sensibilissima il nostro rischio di ictus.
Uno studio su 39.457 persone ricoverate negli USA fra il 2007 e il 2017 pubblicato oggi su Neurology denuncia un aumento dell’ictus emorragico soprattutto nelle donne anziane: 13 casi su 100mila in confronto a 10 dei maschi, nei quali il rischio aumenta con l’età. A 50 anni i casi maschili sono 4 su 100mila, ma dopo i 65 salgono a 22. Se l’incremento annuo è per tutti dello 0,7%, nei maschi a 50 anni è dell’1,1% e dopo i 65 del 2,3%, mentre nelle donne resta costante e in quelle giovani addirittura va riducendosi. Un’ulteriore sorpresa dello studio, valida anche per l’Italia divenuta ormai un Paese multietnico, è la sproporzionata prevalenza nei neri con 15 casi su 100mila e un incremento annuo dell’1,8% non rilevabili negli asiatici o nei bianchi non ispanici che presentano una media di 10 casi su 100mila. Il motivo è da ricercarsi tra l’altro nella maggior frequenza di ipertensione geneticamente determinata dei neri che li espone anche a maggior rischio di emorragie subaracnoidee, rottura di aneurismi, ecc. Il problema è ulteriormente accentuato dalla disparità razziale di trattamento che, almeno negli USA, allunga i tempi d’intervento trasformando in ore i minuti che salvano la vita.
“Il cervello è l’organo più delicato che possediamo e subisce velocemente danni che rapidamente diventano irreversibili. È fondamentale quindi saper riconoscere immediatamente i sintomi dell’ictus per poter mettere chi ne soffre nelle migliori condizioni possibili di ricevere una cura adeguata. La comparsa improvvisa di perdita di forza o sensibilità a un braccio o a una gamba, la bocca che si storce, l’oscuramento o la perdita della vista da un solo occhio o in una parte del campo visivo, l’incapacità di esprimersi o di comprendere ciò che ci viene detto, un mal di testa violento, sono tutte potenziali manifestazioni di un ictus. Di fronte a questi sintomi, è importante chiamare subito il 118 o recarsi in ospedale, perché la possibilità di essere curati è legata alla precocità della somministrazione delle terapie.