di AMBESTY INTERNATIONAL
I naufragi del 26 febbraio e del 12 marzo, che hanno causato la morte di oltre un centinaio di persone, hanno rappresentato l’ennesimo richiamo alle atroci conseguenze delle politiche che privilegiano gli obiettivi di controllo delle frontiere rispetto alle vite umane. Le indagini ufficiali delle autorità giudiziarie dovrebbero far luce sulla dinamica degli incidenti e sulle potenziali responsabilità delle autorità competenti, poiché i sopravvissuti e i parenti delle vittime hanno diritto alla verità, alla giustizia e alla riparazione, oltre che a godere di un’assistenza adeguata.
Nel frattempo, le autorità italiane non dovrebbero risparmiare sugli sforzi per cambiare le leggi, le politiche e le pratiche che rendono il ripetersi di incidenti simili non solo possibile, ma probabile. Concentrarsi sull’inasprimento delle pene per i trafficanti non porterà, da solo, ai miglioramenti necessari. Allo stesso modo, continuare ad attuare politiche di esternalizzazione e criminalizzazione delle Ong di soccorso produrrà ulteriori violazioni dei diritti umani, senza affrontare le ragioni degli attraversamenti irregolari.
Sono invece necessari un aumento delle capacità delle autorità marittime di pattugliare e garantire un intervento efficace e tempestivo in caso di pericolo, l’introduzione di un meccanismo di sbarco e ricollocamento delle persone salvate in mare, e un significativo ampliamento delle opportunità per rifugiati, richiedenti asilo e migranti di viaggiare verso l’Italia in modo regolare e sicuro[25].
A tal fine Amnesty International rivolge alle autorità italiane le seguenti raccomandazioni:
- cooperare con gli altri stati dell’Unione europea per assicurare che ci siano risorse sufficienti e adeguate dedicate al salvataggio delle persone in mare dove è più probabile che avvengano i naufragi;
- cooperare pienamente con le autorità giudiziarie per assicurare la responsabilità di qualsiasi azione o omissione penalmente rilevante che possa aver contribuito ai naufragi del 26 febbraio e del 12 marzo;
- assicurarsi che vengano condotte indagini interne per rivedere le leggi, le politiche, le procedure e le decisioni a tutti i livelli, e di tutte le agenzie coinvolte, che potrebbero aver contribuito ai naufragi del 26 febbraio e del 12 marzo, al fine di prevenire ulteriori perdite di vite umane. Tali revisioni dovrebbero essere approfondite e concluse tempestivamente e i risultati dovrebbero essere condivisi con il parlamento e l’opinione pubblica;
- garantire un’accoglienza e un sostegno adeguati ai sopravvissuti dei naufragi, e l’accesso all’asilo per coloro che desiderano chiedere protezione in Italia, nonché l’assistenza a coloro che desiderano ricongiungersi con i parenti residenti in altri paesi europei;
- cooperare con le famiglie delle vittime e con le autorità dei paesi d’origine per garantire il rimpatrio delle salme;
- ritirare il Memorandum d’intesa del 2017 con la Libia, astenersi dal facilitare l’intercettazione marittima e lo sbarco di persone in Libia e interrompere qualsiasi forma di cooperazione con la Libia che comporti il trattenimento delle persone nel paese;
- cooperare con gli altri Stati dell’UE per creare un meccanismo prevedibile di sbarco e ricollocamento, per garantire che tutte le persone soccorse in mare siano sbarcate tempestivamente in un porto sicuro;
- eliminare la prassi dei “porti lontani” e abrogare la legge 24 febbraio 2023, n.15 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1);
- astenersi dall’adottare ulteriori misure che criminalizzino, stigmatizzino o ostacolino il lavoro dei difensori dei diritti umani che assistono le persone a rischio, comprese le Ong di soccorso e il loro personale;
- fornire percorsi sicuri e regolari alle persone in cerca di protezione, aumentando in modo significativo il reinsediamento, gli ingressi e i visti umanitari, familiari, per studenti o di altro tipo;
- fornire percorsi sicuri e regolari per le persone, anche ampliando le opportunità di mobilità lavorativa;
- rispettare le raccomandazioni pertinenti fatte all’Italia dagli organismi internazionali per i diritti umani, tra cui l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa.