Appello. Amnesty e Aoi: aiuti e cessate il fuoco, da Hamas e Israele crimini di guerra
Luca Liverani L’Avvenire giovedì 26 ottobre 2023
Mobilitazione per la pace della società civile che chiede al governo italiano di attivarsi per fermare l’escalation. Fiaccolata a Roma e nelle piazze d’Italia nella Giornata di digiuno e preghiera
La conferenza stampa: da sinistra Yousef Hamdouna, la moderatrice Tina Marinari di Amnesty, Silvia Stilli, Riccardo Noury – Liverani
Uno «scempio del diritto internazionale umanitario, con crimini di guerra» da entrambi le parti. Amnesty International Italia e Aoi (Associazione organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale) lanciano, anche a nome di 69 organizzazioni del Terzo settore, un appello al governo e alle istituzioni italiane, sottoscritto da altre 63 realtà laiche e cattoliche (tra cui anche Acli, Agesci, Pax Christi, Associazione Papa Giovanni XXIII). «Condanniamo inequivocabilmente gli attacchi perpetrati da Hamas in Israele», è la premessa: «I crimini di guerra compiuti da gruppi armati, le uccisioni sommarie di civili, i rapimenti e il lancio in discriminato di razzi verso Israele non sono giustificabili in nessuna circostanza». «Allo stesso tempo – prosegue l’appello – nella Striscia di Gaza stiamo assistendo a una delle più disperate crisi umanitarie che sta colpendo più di 2,2 milioni di persone, già sottoposte dal 2007 al blocco illegale da parte di Israele». La ritorsione contro Hamas, secondo Amnesty, è nei fatti «una punizione collettiva» contro i civili palestinesi.
Alla conferenza stampa, assieme al portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury e la presidente di Aoi, Silvia Stilli, sono intervenuti l’operatore umanitario palestinese Yousef Hamdouna, che ha la famiglia bloccata a Gaza, la presidente di Assopace Palestina, Luisa Morgantini, e Maurizio Simoncelli di Archivio disarmo, che fa parte della Rete italiana pace e disarmo e della coalizione Assisi Pace Giusta.
La conferenza stampa: da sinistra Yousef Hamdouna, la moderatrice Tina Marinari di Amnesty, Silvia Stilli, Riccardo Noury – Liverani
I promotori dell’appello manifesteranno domani, venerdì 27 ottobre, a Roma in piazza dell’Esquilino alle 18,30 con una fiaccolata silenziosa, nella stessa giornata di digiuno e preghiera per la pace indetta da Papa Francesco. Molte altre le manifestazioni per la pace in tutta Italia.
Secondo i dati raccolti fino al 24 ottobre da Aoi, in Israele dal 7 ottobre sono state uccise almeno 1.402 persone e 5.445 ferite. Nella Striscia di Gaza i morti finora sono 5.791, tra cui 2.360 minori, i feriti 16.297. Oltre 1.500 i dispersi (di cui 870 minori) e 1 milione e 400 mila sfollati. A questi numeri vanno aggiunti 23 giornaliste e giornalisti morti nello svolgimento del loro lavoro. «Meno noto che nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est – spiega Silvia Stilli – sarebbero stati uccisi almeno 95 palestinesi e 1.738 feriti da militari israeliani e da coloni, responsabili di 120 attacchi».
A Gaza secondo l’Aoi «manca tutto quel che serve alla sopravvivenza: cibo, acqua, beni essenziali e salvavita, energia elettrica, carburante ed équipe mediche. L’evacuazione forzata da Israele nel sud di Gaza – è impraticabile e insostenibile».
L’appello al governo è perché faccia pressioni perché Israele «ponga fine all’assedio totale della Striscia di Gaza e garantisca l’accesso ai beni essenziali e agli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile. Hamas deve rilasciare gli ostaggi israeliani».
«Dopo i crimini di guerra – ribadisce Noury – c’è un punto, non un “sì, però”. Vale per Hamas e per Israele. Indagini su cinque bombardamenti israeliani hanno dimostrato che sono stati attacchi senza preavviso. Tranne uno, in cui però la popolazione è stata mandata al mercato di Jabalia, che è stato bombardato: oltre 50 morti. O il bombardamento lungo la strada Salah-al Deen: non viene garantita la sicurezza delle vie di fuga, indicate per andare verso sud. I civili di Gaza non sono al sicuro in nessun luogo».
Se Israele «decide di chiudere acqua e energia elettrica, dimostra di essere una forza occupante. E l’Oms ha definito “condanna a morte collettiva” l’ordine di sfollamento di ospedali».
Considerare complice la popolazione civile se non si oppone ad Hamas, per Amnesty «è quello che ha già fatto Assad ad Aleppo e Putin a Grozny. Invece di guardare alle azioni, si è scelto di guardare agli attori, applicando quindi doppi standard. Non si può esprimere solidarietà incondizionata ad Israele, come fanno l’Italia e l’Europa, derubricando a problema umanitario la questione palestinese. Hanno bisogno di aiuti, ma soprattutto di diritti e di giustizia».
Per Amnesty «l’evacuazione, ordinata dalla parte nord e centrale della Striscia di Gaza e a Gaza City verso sud, è un ordine che può essere considerato alla stregua di un trasferimento forzato della popolazione civile, cosa che costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario». Secondo Stilli «il conflitto israelo-palestinese non ha avuto inizio con la strage del 7 ottobre a firma Hamas: sono più di 50 anni di guerra e occupazioni militari, da 17 Gaza è sotto assedio. È l’ora di cessare il fuoco e di rispettare il diritto umanitario internazionale». Tra le richieste dell’appello anche il sostegno alla Corte Penale Internazionale, di cui l’Italia è parte, che nel 2021 ha aperto un’indagine formale sulla situazione nello Stato di Palestina, riguardante i crimini commessi a partire dal giugno 2014.
Al governo si chiede anche di astenersi dal fornire armi a tutti gli attori del conflitto e chiedere agli altri Stati di fare altrettanto. Per Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo, della coalizione Assisi Pace Giusta, «la comunità internazionale ha grandi responsabilità, perché ha riempito di armi il Medioriente, dove vengono vendute un terzo delle esportazioni mondiali di armamenti: il 54% dagli Stati Uniti, il 12% dalla Francia, l’8,6% dalla Russia e l’8,2% dall’Italia. Il nostro Paese dal 2012 ha esportato armi e munizioni nella regione per 589 milioni di euro. Oltre un terzo dell’export italiano è verso Nord Africa e Medioriente. Non possiamo stupirci di quello che succede. Dal 2005 abbiamo quasi quadruplicato le nostre vendite a paesi non dell’Ue né della Nato».
«Per noi è fondamentale ribadire la condanna di ogni forma di violenza e di terrorismo – concorda anche Sergio Bassoli di Rete pace e disarmo – ma contestualmente dobbiamo avere il coraggio e la responsabilità di guardare in faccia la realtà per affrontare le cause che hanno determinato questa nuova ondata di odio e di violenza, con il ripristino di principi di diritto e di sicurezza comune per entrambe le comunità. E tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno al Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, al centro di attacchi pretestuosi solo per aver richiamato le parti al fondamentale dovere di essere costruttori di Pace».