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Leggera o pesante non cambia, la droga ha effetti imprevedibili sul cervello: l’allarme dei pediatri

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Leggera o pesante non cambia, la droga ha effetti imprevedibili sul cervello: l’allarme dei pediatri

I pediatri di Società italiana di pediatria sono molto preoccupati vedono una forte sottovalutazione dei rischi legati all’utilizzo di droghe, che possono portare maggiore impulsività e anche l’aumento di azioni aggressive verso se stessi e verso gli altri (compresi gli stupri)

Pubblicato:25-06-2024 19:03 Autore: Redazione, Dire


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La presentazione di oggi in Parlamento sul problema droghe in Italia, ma in generale nel mondo occidentale, conferma che la crescita di sostanze (compresi alcol e ansiolitici al di fuori di ogni prescrizione medica) riguarda un profondo cambiamento di mentalità che vede la dimensione ludica del loro impiego come accettabile, e tendenzialmente priva di conseguenze a livello organico e mentale. Un errore gravissimo.

“OGGI L’USO DI DROGHE SERVE PER ESSERE ACCETTATI”

“Contrariamente agli anni 70 in cui l’uso di sostanze aveva una valenza di trasgressione dai valori condivisi della società- prosegue Dell’Osso- oggi è, infatti, percepito come elemento per essere pienamente accettati dal contesto. La maldestra gestione del concetto di droghe ‘leggere’ e droghe ‘pesanti’ ha fuorviato intere generazioni, e ancora oggi influisce su una percezione svalutatoria del pericolo ad opera di genitori, insegnanti e spesso, addirittura, degli operatori”.Loaded: 100.00%Fullscreen

“IMPULSIVITÀ, DISCONTROLLO E VIOLENZA VERSO SE STESSI E GLI ALTRI”

“Questo modo di pensare ha aperto la strada ad un costante e collettivo abbassamento della soglia di percezione del rischio e soprattutto delle conseguenze in termini di impulsività e discontrollo di cui le sostanze sono mediatori e attivatori, visto che agiscono sulle aree del cervello che regolano questi aspetti, oltre che – più in generale, a livello del funzionamento cognitivo. Altrettanto errata è, spesso, la percezione delle conseguenze negative delle sostanze su comportamenti violenti verso sé (tentativo di suicidio e suicidio) o gli altri (aggressioni e stupri) ma anche forme più subdole di rischio quali il tagliarsi, le gravi dipendenze comportamentali da social o su gravi modificazioni del sonno e dell’alimentazione. Azione tanto più grave quanto è minore l’età dell’utilizzatore”.

“UNA SOCIETÀ CHE NON SA FARE PREVENZIONE”

Il ruolo degli psichiatri è un altro tema chiave. “La difficoltà per gli psichiatri di prevedere tale vulnerabilità nei primi anni della vita – se non attraverso fattori di rischio noti (genetica familiare per disturbi mentali, ADHD e disturbi della condotta in età precoce, traumi fisici, emotivi e sessuali…) – impedisce spesso interventi di prevenzione primaria che vadano aldilà del solito dibattito tra limitare la disponibilità delle sostanze e la generica informazione sui rischi nelle scuole all’interno, purtroppo, di un mercato che va invece espandendosi ed è sempre più facilmente accessibile- spiega la presidente Sip-. Questa società sembra non essere in grado di indirizzare politiche di prevenzione del disagio ma, piuttosto, di ‘rincorrere’ i fenomeni esclusivamente se questi colpiscono e allarmano l’opinione pubblica: la gestione della violenza, in primis, ma anche quella della violazione costante di molte norme del ‘vivere civile’. La realtà attuale esprime, nei fatti, un profondo indebolimento della convivenza sociale e di un’utile condivisione degli strumenti di analisi da parte degli adulti che sembrano nutrirsi, quasi esclusivamente, del ‘politicamente corretto’, a discapito di una visione approfondita dei fenomeni e della loro specificità in una realtà sociale che cambia con una velocità inarrestabile e devia progressivamente dalle certezze che hanno garantito, per secoli, modelli più o meno efficaci, ma stabili, di comportamento”.

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