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268 minori in rianimazione. Sopra i 10 anni cresce il rischio di ammalarsi con forme severe

Fonte : Il Faro di Roma che ringraziamo

Al 5 gennaio erano 268 gli under 19 ricoverati in terapia intensiva per Covid. Di questi 68 sono bambini di età inferiore ai 3 anni, 24 rientrano nella fascia 3-5 anni, 59 nella fascia 6-11, 61 nella fascia 12-15 e 76 in quella 16-19. Nelle ultime settimane le ospedalizzazioni dei minori stanno aumentando: in particolare nella settimana che va dal 28 dicembre al 5 gennaio c’è stato una crescita di 600 posti letto (da 9423 a 10.082) occupati da under 19 in area medica (ricoveri ordinari).
Nello stesso arco di tempo i casi di Covid totali di soggetti under 19 sono passati dal 1.024.963 del 28 dicembre al 1.182.094 del 5 gennaio (+157.131) mentre le terapie intensive per la stessa categoria sono aumentate di 5 unità (da 263 a 268), le vittime da 35 a 36 (+1). La presidente Sip, Annamaria Staiano, specifica che nella fascia 6-11 anni, “i casi passano per lo stesso periodo da 343.634 a 392.040, i ricoveri da 1605 a 1711, dunque oltre 100 in più in 7 giorni, le intensive da 38 a 39 ed i decessi 9″.
Da questi dati, conclude Annamaria Staiano si deduce che non possiamo escludere manifestazioni severe di Covid-19 anche nei bambini e va ribadito che l’unica protezione efficace è il vaccino. Al momento il vaccino è l’unica vera arma che abbiamo a disposizione”.
Nella fascia 5-11 gli immunizzati almeno con la prima dose sono solo il 16,72%, pari a 611mila su 3,5 mln di bimbi per questa platea. “Sono in crescita ma ancora pochi, non abbastanza, e si dovrebbe fare di più per incentivare l’immunizzazione di questa categoria anche puntando ad una comunicazione mirata”, commenta Staiano, che sottolinea comunque il forte gap tra le Regioni.
Da uno studio internazionale pubblicato su Jama NetworkOpen emerge che dei bambini e ragazzi ricoverati il 14% sviluppa forme gravi di Covid e ha bisogno della terapia intensiva. Jama NetworkOpen ha analizzato i dati di 3.222 bambini e ragazzi che tra marzo 2020 e giugno 2021 hanno ricevuto una diagnosi di Covid dopo una visita in pronto soccorso. Un campione, quindi, che non riflette la popolazione generale: “I nostri risultati – precisano i iricercatori – sovrastimano il rischio di esiti gravi tra i giovani positivi alla SARS-CoV-2 e non dovrebbero essere interpretati per riflettere il rischio affrontato dai casi basati sulla comunità”. Tra i bambini positivi, la grande maggioranza (il 78,8%) non ha avuto bisogno del ricovero, tuttavia una parte di essi (il (12.7%) era costretta a tornare in ospedale nelle due settimane successive, soprattutto perché la febbre e la tosse non passavano. Tra questi, 1 su 6 necessitava del ricovero e circa 1 su 25 andava incontro ad una forma grave. Tra i bambini e ragazzi ricoverati, il 13,3% è stato ricoverato direttamente in terapia intensiva, mentre nel corso del ricovero, complessivamente, il 13,9% ha sviluppato una forma grave di Covid-19. Quattro (lo 0,6% dei ricoverati) sono morti.
Lo studio ha indagato anche i fattori che predispongono a un maggiore rischio di Covid grave: in primis la presenza di malattie croniche preesistenti (aumentano di 2,34 volte il rischio), precedenti episodi di polmonite (aumentano il rischio di 3,15 volte) e il ritardo con cui ci si rivolge a pronto soccorso (chi si rivolge dopo 3-7 giorni dall’insorgenza dei sintomi ha un rischio di 2,22 volte più alto rispetto a chi lo fa prima dei 3 giorni).
“Per mesi non avrvamo visto bambini ricoverati a causa del coronavirus – conferma Massimo Resti, primario di pediatria al Meyer – poi è arrivata quest’improvvisa impennata che ha visto nel giorno della Befana il suo picco più alto. Si tratta comunque di forme lievi – spiega – si tratta ovviamente di bambini con meno di un mese di vita oppure con particolari fragilità che richiedono un’attenzione particolare. Punto cruciale però adesso è riorganizzare i servizi, gli spazi e i reparti per non farci trovare impreparati nel prossimo futuro”.
A preoccupare le possibili conseguenze che potrebbero derivare dal virus. In particolare, al di là degli strascichi abituali dovuti al “long-Covid” (ovvero quei sintomi che caratterizzano molti pazienti, anche adulti, guariti dal virus come affaticamento, astenia, nebbia cognitiva o difficoltà respiratorie), spaventa la prospettiva di un’altra patologia: la Mis-C, ovvero una sindrome infiammatoria multisistemica che “colpisce prevalentemente gli adolescenti ma anche i bambini più piccoli – spiega Resti al Quotidiano il Tirreno – con una infiammazione, nello specifico una vasculite, che interessa i piccoli vasi compresi quelli cardiaci: in questi casi particolari i bambini si presentano in ospedale anche con un’insufficienza cardiaca importante e il ricovero in rianimazione – dichiara il primario – è molto frequente. Nei mesi scorsi a Firenze ne abbiamo curati circa una quarantina”.
Secondo gli esperti, la sindrome rischia di manifestarsi alcune settimane (fino anche ad un mese) dopo la riscontrata positività al Covid-19. Da qui, la preoccupazione dei pediatri ospedalieri in merito all’ondata di contagi riscontrata in questi primi giorni del 2022.
“All’inizio della pandemia i bambini risultavano meno infettati – spiega il dottor Resti – si è ipotizzato che esprimessero poco il recettore su cui si attaccava il virus, oppure che i vaccini abituali contro morbillo, parotite e rosolia determinassero una sorta di protezione indiretta. Fatto sta che questa evidenza, valida anche per le prime varianti del coronavirus, con Omicron sembra decadere. Per cui la sensazione è che ci sia un’impennata di contagi anche tra i bambini. Se i numeri di questo fenomeno rimarranno contenuti alle cifre attuali, riusciremo a reggere l’urto. Ma se i numeri saliranno, e soprattutto se daranno con uguale incidenza il rischio di Mis-C, i posti in rianimazione non basteranno”.

L’immagine è tratta da Wikipedia.  « Autore, www.vperemen.com , Licenza CC-BY-SA .

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