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Perché i sogni

di Gigliola Grassi Zucconi

Quando ci svegliamo abbiamo l’impressione di aver sognato solo in quella manciata di minuti prima del risveglio.  I tanti studi fatti sul sonno dimostrano che in realtà abbiamo sognato per tutta la durata del nostro sonno. E dal momento che la specie umana ‘spende’ un terzo della propria vita a dormire, di fatto, un quarto di questa  vita la ‘spendiamo’ a sognare. 

Tutti sogniamo,  e chi dice di non sognare è perché ha meno capacità  di ricordare il sogno.  La capacità o meno di ricordare i sogni dipende infatti dalla fase del sonno in cui ci si sveglia, se il risveglio è dolce o brusco, e se ho tempo o meno  di fermarmi a pensare al sogno che posso aver fatto. Le donne in genere ricordano i sogni meglio degli uomini. Ma che si abbia o meno memoria di ciò che si sogna, l’importante è sognare, anzi è vitale. Un animale che è deprivato di sonno muore dopo tre settimane e muore dopo sei settimane se deprivato dei sogni. Nonostante gli innumerevoli studi,  sappiamo ancora molto poco delle funzioni del sonno  e ancora meno dei sogni. La ricerca che si occupa dei sogni utilizza le ‘banche dei sogni’ che sono immense banche dati ottenute da centinaia di migliaia di individui che al loro risveglio hanno  trascritto in un diario  i loro sogni. Vediamo allora cosa questi ci hanno svelato. I sogni contengono mediamente  il doppio di emozioni negative (paura, rabbia, vergogna) rispetto alle emozioni positive (gioia, felicità, piacere). E’ come se il cervello, rappresentando nel sogno scenari allarmanti, ne derivasse il vantaggio di prepararci ad affrontare le  situazioni avverse.  Per esempio, l’angoscia vissuta in un sogno in cui abbiamo perso le chiavi di casa si traduce, nei giorni successivi, in una particolare attenzione  a dove metto le chiavi.  Sogni particolari, come essere nudi in pubblico o volare, sono stati fatti da quasi tutti almeno una volta, ma rappresentano meno dell’1 per cento di tutti i sogni.  La macchina dei sogni che è nel nostro cervello lavora molte ore ogni notte e questo potrebbe aiutare a spiegare perché a volte si ha l’impressione di fare sogni premonitori. Infatti,  se nella nostra testa scorrono ogni notte centinaia di scenari immaginari, la probabilità che uno di questi si realizzi davvero il giorno dopo non è trascurabile. 

Ognuno di noi ha sperimentato, e molti studi hanno dimostrato, che troviamo più facilmente la soluzione di un problema se ci ‘facciamo sopra una bella dormita’. Le tante cose che impariamo durante il giorno vengono ‘lavorate’ durante la notte, passate al tritatutto, qualcosa viene eliminato per far posto alle informazioni del giorno successivo,  e qualcosa viene trattenuto, non come copia conforme ma come frammenti che nei sogni vengono poi associati e liberamente ricomposti. Da questa complessa ‘lavorazione’ ad opera dei sogni possono anche scaturire momenti di straordinaria creatività. Come nell’aneddoto che racconta come August Kekulè,  chimico del XIX secolo, sognando un serpente che si mordeva la coda, avesse potuto intuire  la struttura ad esagono della molecola del benzene. 

Con l’invecchiamento il sonno si fa in genere più frammentato e superficiale rispetto a quello del giovane, anche  per la presenza delle varie patologie legate all’età, come anche  alla stessa assunzione di farmaci. Di conseguenza i sogni diventano più diradati ma non meno vividi anche perché si può dedicare più tempo a ricostruire i sogni appena fatti e a soffermarsi sui dettagli e sulle emozioni che questi suscitano.

Come avviene anche per altri aspetti del comportamento, molte informazioni sui sogni derivano da casi di patologie sia neurologiche che psichiatriche. Circa l’80% dei pazienti affetti dal Parkinson o dall’Alzheimer presentano disturbi del sonno e in queste persone  la comparsa di movimenti anche aggressivi durante le fasi dei sogni può a volte rappresentare un segno premonitore che anticipa anche di anni la comparsa della malattia. Nei disordini psichiatrici come la depressione, la schizofrenia e i disturbi della personalità la valutazione dei sogni, per lo più negativi e densi di angosce ed incubi,  può servire anche a definire meglio l’entità e lo stadio della malattia e di conseguenza la terapia da seguire.

Chi soffre di apnee ostruttive nel sonno fa sogni pieni di incubi, che comunque tendono a diminuire non appena si ricorre alla ventilazione a pressione positiva

I sogni delle persone con disabilità mettono fortemente in discussione l’idea che tutti abbiamo,  che i sogni siano comunque l’eco delle esperienze da noi vissute. La cosa più inaspettata, emersa dai diari dei loro sogni, è che partecipanti che sono tetraplegici dalla nascita, nei loro sogni camminano, e nel  35% di questi sogni queste persone corrono, ballano, nuotano, vanno in bicicletta e sciano, proporzione che non si discosta molto da quella delle persone non disabili.

In conclusione, poco importa che si abbia o meno memoria di quello che sogniamo, l’importante è sognare. Non se ne può fare a meno, biologicamente è una necessità per il funzionamento del nostro cervello. E’ il momento in cui il cervello misteriosamente  ‘si mette in libertà’. Sta a noi scegliere fino a che punto indagarlo per coglierne i segreti più reconditi,oppure lasciarci rapire dallo stupore del mistero che tuttora avvolge, e avvolgerà ancora a lungo questa funzione 

  • già Docente di Neuroscienze nell’Università di Verona

L’immagine : Dreams (1896), by Vittorio Matteo Corcos, da wikipedia , licenza creative commons 4.0

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