La consigliera di Bologna: “Io in carcere per atti osceni senza motivo, la proposta di FdI è da brividi”
Marcasciano: “Fui fermata e condotta in Questura, mi schedarono come si fa con i criminali. Quell’esperienza resta una cicatrice profonda”
Pubblicato:30-01-2023 16:2 da Dire
BOLOGNA – “Permettetemi di raccontare una parte della mia esperienza di vita che credo sia significativa per una riflessione non dico condivisibile, ma quantomeno necessaria”.
Comincia così l’intervento con cui Porpora Marcasciano, consigliera comunale di Coalizione civica a Bologna, prende la parola oggi nell’aula di Palazzo D’Accursio per parlare pubblicamente di una “cicatrice profonda” del proprio passato: quattro giorni in carcere per atti osceni in luogo pubblico. Dietro la scelta di Marcasciano, ex presidente del Movimento identità trans (Mit), ci sono le notizie di questi giorni sulla proposta presentata dal viceministro Edmondo Cirielli (Fdi) con l’obiettivo di ripristinare il carcere per gli atti osceni in pubblico.
La consigliera comunale torna quindi indietro fino al 1981, anno in cui studiava a Roma. Quel giorno Marcasciano, finita una lezione di psicologia sociale, stava rientrando dall’Università: “Era già buio, avevo po’ di matita agli occhi, abiti vivaci in sintonia con la moda dei tempi. Attraversando piazza dei Cinquecento, ritenuto storicamente un ambiente equivoco- racconta- sfortunatamente incappai in una retata. Fui fermata e condotta in Questura, dove mi schedarono come si fa con i criminali. Da lì fui portata nel carcere di Regina Coeli, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti. I miei famigliari, amici e conoscenti non sapevano nulla. Ero sparita per quattro giorni, che trascorsi con angoscia e disperazione in una cella di isolamento sporca, fredda e triste”.
Aggiunge Marcasciano: “Avevo 24 anni e quell’esperienza resta una cicatrice profonda che non potrò mai cancellare, soprattutto perché ignoravo il motivo di quello che ritengo essere stato un vero e proprio sequestro. Non avevo fatto nulla se non essere quello che ero”. Al quarto giorno di detenzione, prosegue il racconto della consigliera, “il processo per direttissima sentenziò: atti osceni in luogo pubblico. All’avvocato Franco De Cataldo del Partito radicale, che mi difese, dissi che non avevo fatto nulla, ignoravo perfino cosa fosse un atto osceno. Lui mi disse, alzando le spalle in segno di rassegnazione: ‘La tua parola contro la loro, meglio patteggiare’. Due mesi con la condizionale e la non iscrizione al casellario giudiziario, quest’ultima risultava essere la conquista strappata ad uno Stato che attraverso la sua buoncostume sentenziò sul mio modo di essere”.
Poi in questi giorni, “42 anni dopo- afferma Marcasciano- il telegiornale dice che il Governo vuole ripristinare il reato di atti osceni aggravandone le pene. Un brivido mi ha scosso dal torpore. Rabbia e incredulità per il susseguirsi di atti per me inquietanti dell’attuale esecutivo. Eppure, ho pensato, la saturazione delle carceri italiane, spesso riportata in questo Consiglio, dovrebbe far pensare ad alleggerimenti e non ad ulteriori aggravi di pene”. E ripensando a quanto accadde nel 1981, “mi piacerebbe molto, anche per le tante amiche che hanno subito lo stesso trattamento- sottolinea Marcasciano- avere una risposta: non dico di scusa, ma per capire come sia stato possibile fare tutto questo ad una persona di soli 24 anni, con i libri nello zaino e la mente distrutta per sempre”. Così, conclude l’ex presidente del Mit, “assistere alla regressione di certe dichiarazioni lascia attoniti, specialmente nelle giornate della memoria. Da non dimenticare, per piacere”.