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Psicologi in ogni scuola: bene, ma la prevenzione è un’altra cosa

Le condizioni di salute mentale dei giovani e dei giovanissimi appaiono ormai stabilmente pessime. La Rete degli studenti medi e l’Unione degli Universitari hanno distribuito trentamila questionari compilati da alunni e studenti a inizio 2023. Tre i dati più eclatanti: il 59% riferisce di soffrire d’ansia, il 57% di solitudine, oltre il 70% denuncia noia e demotivazione. Chi è ben informato sa perfettamente che la pandemia e le varie forme di distanziamento sociale hanno solo dato il colpo di grazia a un’onda lunga di malessere che era già ben delineata in un bel libro scritto quasi vent’anni fa, L’epoca delle passioni tristi.

È assolutamente opportuno dotare scuole e Università di servizi psicologici evoluti e autosufficienti, purché sia chiaro che si tratta di un presidio di emergenza che poco o nulla ha a che fare con la prevenzione del malessere di cui stiamo parlando. Per prevenire occorre partire da una mappa realistica delle macro-cause principali, e questa mappa, a voler guardare, è sotto i nostri occhi: l’ambiente in cui giovani e giovanissimi crescono è malsano sul piano dell’accudimento, dei tempi e stili di vita, della pressione al successo, dell’uso e abuso di dispositivi digitali, delle relazioni, delle rappresentazioni del futuro, e malsano è anche il mix di inquinanti chimici che minacciano in vari modi la salute e anche il sistema nervoso.

Si potrebbe cominciare rallentando i tempi di vita, avendo maggiore cura delle relazioni primarie di accudimento, abbassando le esorbitanti pressioni al successo e all’impegno in ogni ambito della vita, pressioni che portano alcuni a un’ansia di prestazione sempre più alta e altri a una rinuncia sempre più estesa.

Insegnanti, genitori, allenatori sportivi, in definitiva tutto il mondo adulto che ruota intorno ai bambini e agli adolescenti non è che un gigantesco ingranaggio che li stritola nella prospettiva di dover entrare in una società sempre più difficile, competitiva, dove il fallimento è un dramma. Chiediamo loro di più, sempre di più, sempre di più. Non basta mai. Si deve dare il massimo e il massimo è sempre un po’ più in là di ciò che si è dato.

Nel mio lavoro di psicologo privato con adolescenti avverto l’impotenza a modificare il clima tossico che questi ragazzi respirano intorno a sé. L’egemonia di questo modo di pensare agonistico, competitivo e stigmatizzante verso chiunque non eccelle o non si sforza di farlo è talmente pervasiva che qualunque  critica appare automaticamente delegittimata, disfattista e in definitiva priva di fondamento. Ben vengano tanti psicologi in ogni scuola, ma serviranno soltanto a curare il male già profondamente penetrato nei tessuti. La psicologia dispone di un know-how idoneo ad operare anche nella prevenzione, ma si pensa ad interpellarla quasi sempre solo dopo che gli eventi infausti sono accaduti. Forse si teme che, facendolo prima, essa interferisca con scelte politiche ed economiche che non devono invece essere discusse?

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