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Franco Nanni

Quel vuoto tra la cultura “ZTL” e l’avviamento

La destra al governo progetta di appaltare interi pezzi di scuola alle esigenze dei privati. La cosiddetta sinistra, nello sforzo di superare le divisioni classiste di origine gentiliana, ha finito con l’avvalorare un modello unico di stampo “liceale” (qualcuno direbbe: da ZTL) bollando come classista ogni tentativo di dare spazio a forme di intelligenza diverse da questa.
Che fare con coloro che in questo sistema proprio non riescono a starci e ne vengono inesorabilmente esclusi? Continuare a proporre loro la solita scuola da ZTL significa continuare a umiliarli. E sono proprio questi il bacino elettorale più ricco per la destra che oggi ci governa (ce lo dicono le analisi del voto del 2022).
In questo deserto qualunque proposta, anche la più becera, che prometta di farsi carico degli esclusi e di fornire loro qualche prospettiva dignitosa può avere un consenso popolare insperato e perfino trasversale.

Figli (poco) sani di una società fuori controllo

Nelle piazze si è consumato un grande rituale, che ha la parvenza di una catarsi dell’impotenza: a me pare che non vogliamo ammettere che le relazioni, le esperienze, i canali comunicativi tramite i quali si formano gli individui siano ormai fuori controllo: una maionese impazzita dove i maggiori social network agiscono da fruste e da moltiplicatori di istanze e contenuti assai simili alla spazzatura e spesso patogeni.

La prevenzione della violenza interroga tutta una società 

Non possiamo più ignorare il ruolo fondamentale della dimensione psicopatologica nelle violenze di genere, psicopatologie a loro volta complesse, germinate da percorsi intergenerazionali traumatici, ma alimentate e sostenute dalle criticità plurime dell’ambiente culturale e simbolico in cui l’individuo di oggi cresce. Dunque, come sostiene la già citata Heidi Kar, “È essenziale integrare un approccio alla salute mentale, basato sul trauma, nelle strutture di salute pubblica per affrontare il nucleo della perpetrazione di violenza.”

La pesca, la bambina e il negazionismo psicologico

Il punto nodale di ogni discorso sulla crisi della famiglia e del legame umano nell‘occidente di oggi va cercato in quel crogiuolo di neoliberismo, tecnologie e seduzione pubblicitaria al godimento che alimenta il batterio implacabile che corrode la capacità degli umani di creare legami, mantenerli.
Forse dobbiamo cominciare a parlare di negazionismo psicologico, ovvero attribuire a cause psicologiche interne malesseri che derivano invece da condizioni imposte dal sistema di produzione in una qualunque delle sue articolazioni. Malesseri, dunque, potenzialmente evitabili.

Hänsel e Gretel, sassolini e scie chimiche

I seguaci delle teorie complottiste sono davvero il nemico? Sono veramente loro i principali ostacoli che si frappongono tra noi e la salvezza della terra? O non siamo piuttosto compagni di sventura e di impotenza impegnati però in danze della pioggia fra loro fuori ritmo? Noi Hänsel, loro Gretel, non dovremmo forse buttare all’aria le coperte, alzarci e andare a cercare la matrigna?

La Gestazione Per Altri: visioni prismatiche

A seconda delle idee con le quali la pensiamo, la gestazione per altri appare essere tante cose, un atto d’amore, un diritto civile, ma anche un uso meccanico del corpo femminile, un abbandono programmato, un atto di potere.

Compiti: troppo non è abbastanza

Le testimonianze che mi giungono da studenti delle medie e delle superiori sono sempre più allarmanti. Tutti sembrano considerare normale che la mole di contenuti da studiare e memorizzare, unite alla quantità di esercizi e compiti, siano al limite e spesso oltrepassino la soglia della fattibilità. Basta un piccolo impegno imprevisto, una visita medica, magari una festa, ed ecco che diventa impossibile finire il lavoro scolastico, salvo tirar tardi o svegliarsi all’alba rinunciando a una o più ore di sonno.Talvolta qualcuno osa timidamente lamentarsi, ma l’ideologia del merito e del dare-il-massimo è penetrata talmente in profondità nelle fibre nervose della società che ogni discorso che miri ad abbassare le richieste performative è automaticamente derubricato come pigrizia e delegittimato in partenza.

Una generazione bruciata dallo smartphone

Una breve rassegna di due studi molto ampi sugli effetti nocivi dell’abuso di smartphone. Più ore al giorno di utilizzo quotidiano dello schermo sono state associate a un minore benessere psicologico, tra cui minore curiosità, minore autocontrollo, maggiore distraibilità, maggiore difficoltà a fare amicizia, minore stabilità emotiva, maggiore difficoltà di cura e incapacità di completare le attività.

Psicologi in ogni scuola: bene, ma la prevenzione è un’altra cosa

Le condizioni di salute mentale dei giovani e dei giovanissimi appaiono ormai stabilmente pessime in molte ricerche e sondaggi. Dotare scuole e Università di servizi psicologici è necessario, purché sia chiaro che ciò ha poco o nulla a che fare con la prevenzione. L’ambiente di crescita è malsano: accudimento, tempi e stili di vita, pressione al successo, abuso di dispositivi digitali, inquinanti che minacciano anche il sistema nervoso. Il tutto per poi entrare in una società difficile, competitiva, dove il fallimento è un dramma. La psicologia dispone di know-how per prevenzione, ma si pensa ad interpellarla dopo che gli eventi infausti sono accaduti. Forse si teme che interferisca con scelte politiche ed economiche che non devono invece essere discusse?

Orientamento, capitale umano e ideologia

Forse nella scuola non c’è ambito più intriso di ideologia e di falsa coscienza dell’orientamento. Si trova stretto tra due opposte e inconciliabili esigenze: di qua l’ostentazione di una cura quasi materna attenta a sviluppare il potenziale di ciascuno, di là c’è il mondo delle imprese, che pretendono che la scuola confezioni esattamente ciò che serve loro. Sono almeno 20 anni che si parla di lifelong learning, sostenendo che nuovi lavori richiedano nuove competenze, ma gran parte delle mansioni sono le stesse da decenni e non servono nuove competenze per passare da una cooperativa esternalizzata di carico-scarico merci a un’altra.
Un altro concetto chiave della visione neoliberale della scuola è “capitale umano”: ci si riferisce non tanto all’essere umano che lo contiene ma al denaro e alle risorse spese nell’istruzione e formazione necessarie per dotarlo di competenze. La visione neoliberale dell’uomo è quella di un contenitore vuoto che, grazie a una spesa (capitale) viene riempito di competenze. Non essere vivente, ma macchina. A ben guardare l’espressione “capitale umano” è essenzialmente un ossimoro, economicamente prima che moralmente.

VINCERE

La nostra civiltà pare destinata a popolarsi di masse di individui malformati dentro, impauriti, carichi di odio e di impulsi di rivalsa, afflitti da un vasto senso di perdita e di depauperamento. Desiderosi, semplicemente, di agire la propria distruttività. Non odiano qualcuno, odiano tutto, perfino sé stessi. Anzi, all’odio di sé sono stati educati proprio dal loro mondo. Si odiano perché non sono eccellenti, non sono primi, si odiano perché sono dei perdenti. Ora, nella propaganda guerresca di questi mesi, vediamo dispiegarsi in tutta la sua potenza la retorica del vincere. Non si parla più di pace, si parla di vincere. Schiacciare l’avversario. Annientare.
Noi italiani stiamo abbarbicati alla nostra amata Costituzione, che merita peraltro tutto il nostro amore, ma non ci rendiamo conto che essa, per le nuove generazioni, parla una lingua che nemmeno in sogno esse possono comprendere. E non la comprendono più nemmeno troppi nostri politici. Conservatori, progressisti, destra, sinistra… categorie divenute ormai ciarpame rugginoso. Resta il preservare: custodire intatto, salvare da un male futuro. Un male futuro terribilmente vicino al presente.

Infelicità senza legami

Gli impulsi umani verso l’attaccamento, l’affettività e la cura, combattuti dentro di sé come pericolose debolezze, e sottaciuti in società come vergogna, sono divenuti nella nostra civiltà a neoliberismo maturo dei clandestini che solcano l’anima a bordo di barconi. Sullo stesso mare veleggiano splendidi panfili, beate fantasie di autosufficienza e viaggi, gente vestita di bianco con i capelli puliti al vento, e i piedi ben piantati sui boccaporti delle stive in cui nascondono l’angoscia di essere brutti, deformi e inadeguati.

Contro il benessere

“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”, così recita un passo dell’atto costitutivo della O.M.S.. Tale assunto partiva certamente da una ispirazione illuminata e progressista, tuttavia svariati decenni di cultura neoliberista l’hanno reso (tristemente) poco più che una ingegnosa trovata di marketing. Si comprende facilmente che il benessere deve essere qualcosa di più rispetto al non essere malati, ma non appena proviamo a definire questo costrutto il compito appare davvero arduo.
La amara verità è che la salute della mente (come e ancor più di quella del corpo) è uno di quei concetti talmente incrostati di aspetti culturali, ideologici, storici e politici da risultare altissimamente tossici per ogni tentativo di esercitare una qualsivoglia onestà intellettuale.
Nell’era neoliberista è andata perduta qualunque narrazione su una buona vita, lasciandoci all’isteria della sopravvivenza, e alla deriva iper-salutista nel cibo e nel fitness. Il salutista non cerca la salute ma la sopravvivenza, pur non sapendo indicare alcuna ragione emotivamente fondata per vivere.

Per una lettura non banale del fenomeno No-vax

Serve una lettura attenta del fenomeno No-vax/noGreenPass, poiché non possiamo illuderci: questo fenomeno crescerà, e solo la sua corretta comprensione può contribuire a modificarne le caratteristiche e a temperarne i potenziali pericoli per la salute pubblica. Etichettarli come pericolosi ignoranti untori non fa che rinserrare e rendere più numerose le loro file. Questo fenomeno rappresenta un problema reale, duro, non banalizzabile, con radici ben piantate nei fondamenti stessi della nostra attuale civiltà neoliberista. Per quanto espresse in forma persecutoria, le sue ragioni sono le ragioni di ogni cittadino di questa nostra società, e comprenderle, anziché schiacciarle sotto un marchio di infamia, è l’unica strada a lungo termine percorribile.

Incel ovvero la lotta di classe senza classi e le moltitudini di solitudini

Almeno sei omicidi di massa sono stati commessi dal 2014 da uomini che si sono auto-identificati come incel o che avevano menzionato nomi e scritti legati ad incel nei loro manifesti o post su Internet. Oggi il termine incel è usato principalmente da uomini eterosessuali, che hanno difficoltà nelle relazioni con le donne e che incolpano di ciò la società e le donne stesse.
Si parte da un disagio originariamente privato, che in seguito nel web trova camere di espansione che soffiano sul fuoco, specialmente del sentimento della rabbia inteso nel suo senso più puro, ovvero l’essere privati di risorse. È in questo senso che si può dire che le dinamiche psicosociali amplificate dal web conducono a una pseudo-lotta di classe senza classi, senza oppressi e soprattutto confinata in moltitudini di solitudini.

Gli inquinanti invisibili della mente – Parte I

Non è solo l’ambiente fisico ad essere inquinato: anche la società, i suoi messaggi e le sue rappresentazioni possono inquinare il loro mondo interno, psichico degli individui con conseguenze sul loro benessere e sulle loro scelte di vita e di salute. Ho definito “sociosfera” il complesso insieme di processi grazie ai quali un individuo forma dentro di sé una serie di modelli su cosa sia un essere umano, la società, il lavoro, le relazioni, il successo, l’amore, l’amicizia, il valore delle persone ecc., e sviluppa motivazioni specifiche verso questo o quell’aspetto. La sociosfera dunque orienta le nostre azioni, le nostre aspirazioni, le nostre scelte di piccolo e grande calibro. Ho poi proposto l’idea che la sociosfera, al pari dell’ambiente fisico, oggi registri un notevole livello di inquinamento, e mi sono messo alla ricerca di segni di questo fenomeno.

Gli inquinanti invisibili della mente – Parte II

Nella prima parte di questo articolo ho definito “sociosfera” il complesso insieme di processi grazie ai quali un individuo forma dentro di sé una serie di modelli su cosa sia un essere umano, la società, il lavoro, le relazioni, il successo, l’amore, l’amicizia, il valore delle persone ecc., e sviluppa motivazioni specifiche verso questo o quell’aspetto. La sociosfera dunque orienta le nostre azioni, le nostre aspirazioni, le nostre scelte di piccolo e grande calibro. Ho poi proposto l’idea che la sociosfera, al pari dell’ambiente fisico, oggi registri un notevole livello di inquinamento, e mi sono messo alla ricerca di segni di questo fenomeno. In questa seconda parte termino questa elencazione e propongo alcune conclusioni.

Beati i primi

La nostra cultura è stata imbevuta dal concetto di competitività in ogni sua sfaccettatura; ogni adulto lo respira ovunque, sul lavoro, sui giornali, sulle riviste del benessere, poi lo passa ai figli. Che cosa è tracimato, di tutto questo, nella percezione comune della scuola? E, dopo questo bagno di agonismo di mercato, cosa è diventata la scuola italiana? È ancora aderente al dettato costituzionale o è divenuta altro, un luogo ostile dove vige il principio “beati i primi”? Un luogo dove la pietà umana è sospesa, nel consenso generalizzato, e dove, per poterne ricevere in deroga, è necessario essere dichiarati “malati”? Qual è il conto che tutto questo ci presenterà in termini di salute mentale?

Educazione civica, una occasione persa

Saper regolare i propri processi emotivi e il proprio comportamento non è una competenza più di quanto non lo siano masticare, deglutire o sorridere. Non si apprende a masticare né a sorridere, semplicemente si abilita e si esercita una funzione della mente incarnata e relazionale. È su quella funzione che successivamente le competenze sociali e civiche specifiche di una società possono essere costruite. In ultima analisi l’unica chiave di volta che sorregge l’autorità o, se si preferisce, l’autorevolezza dell’adulto rispetto a bambini e adolescenti è il fatto che essi sentano di avere un posto nei suoi pensieri, ovvero la presenza di un legame. Allo stesso modo le competenze sociali e civiche sono il risultato di esperienze, assai più che di insegnamenti espliciti. E queste esperienze sono, ancora una volta, fondate su condivisione e legame.

Particolare da: Happiness di Steve Cutts

La Bestia, la ricompensa e l’Apocalisse dell’Occidente

La Bestia del 21° secolo è… la “voglia”, l’ipertrofia del sistema della ricompensa. Una epidemia di individui, soprattutto giovani e giovanissimi, bloccati in una inerzia che impedisce loro di completare gli studi, di curare la salute, di fare esercizio fisico. Una massa di roditori ancorati alla ricompensa piccola e immediata, consumatori anestetizzati, con al vertice una élite di turbo-cervelli con studi e master di alto livello.

Il trionfo del principio di prestazione

Il comportamento di un bambino è sottoposto quasi 24 ore per 7 giorni a qualche forma di principio di prestazione o di disciplina. Il bambino “migliore” socializza facilmente, è veloce nel capire, nel fare i compiti, nell’igiene personale, sta seduto per tutto il tempo richiesto, non fa domande salvo quando deve farle… Insomma, perfetto sotto ogni aspetto. E soprattutto: migliore del 90% degli adulti che lo circondano. Può forse stupire che l’ansia da prestazione affligga un numero di bambini e adolescenti sempre maggiore?

La fretta, patologia del terzo millennio

La mamma sveglia il suo bambino e gli dice di far presto. Escono e corrono a scuola. La mamma guida veloce poi scendono e gli dice di camminare in fretta. Il bambino entra in classe e probabilmente gli verrà detto di sbrigarsi. In tutte queste attività sarà sempre misurato il tempo che impiega, gli verrà fatto notare di essere stato lento, di essere rimasto indietro. Il bambino potrebbe avere altri impegni, nuoto, calcio… Bisognerà fare in fretta ad andare, che l’allenatore non aspetta. E prima o dopo gli impegni c’è l’invasione dei compiti e dello studio. La sera dopo cena gli verrà mostrato l’orologio sulla parete: “è tardi, è ora di andare a letto”. Bisogna fare in fretta anche quello, bisogna dormire in fretta perché domani comincia un altro giorno da fare in fretta.
E nei giorni di vacanza? Orrore all’idea che il bambino possa vivere un poco di tempo liberato dalla pressione temporale. La masturbazione non è più un peccato, ciondolare sì.

La Grande Sperimentazione

Noi abbiamo passato diversi milioni di anni ad affinare la relazione precoce madre-bambino… e appena 15 anni a distruggerla. A partire dalla 2° guerra mondiale, con un’accelerazione verso il 1960, abbiamo cominciato la più grande sperimentazione sociale intrapresa nel mondo occidentale.
C’è voluto tempo per vedere i frutti maturi di questa rivoluzione: forme di attaccamento variamente disturbate, deprivazione da relazioni intime rispecchianti e rinforzanti, una vita troppo precocemente distaccata dall’ambiente caldo e rassicurante della diade madre-bambino. I risultati li vediamo ogni giorno nelle scuole, nelle case, e, purtroppo, talvolta sui giornali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il peso globale dei disturbi mentali continua a crescere con un conseguente impatto sulla salute e sui principali aspetti sociali, umani ed economici in tutti i Paesi del mondo.

Il problema è il bambino?

Sullo snodo tra lavoro e maternità vengono avanzate periodicamente varie proposte, ma mi pare che pressoché tutte si basino in definitiva su un unico assunto: il bambino e il legame con esso sono l’ostacolo, il problema, e da essi la madre va liberata il prima possibile, tramite nidi, micronidi, app, banche del tempo tra mamme, baby sitter e ogni altra risorsa idonea.
il bambino è biologicamente strutturato per ricevere cure e accudimento da chi lo ha partorito, quantomeno nei primi mesi e questa figura non è così intercambiabile nelle prime fasi della vita del neonato. La direzione delle politiche per la maternità dovrebbe dunque partire da un assunto diverso: il problema non è allontanare il bambino dalla madre ma dare supporto, rete sociale e aiuti alla madre per occuparsi bene in serenamente del suo bambino fin quando egli ne ha un bisogno assoluto e biologico.

Bambini d’oggi

Le classi si stanno gradualmente popolando di una tipologia di bambino che potremmo provvisoriamente denominare “disorganizzato” con una definizione volutamente vaga, e che, per evitare ulteriori etichettamenti, chiameremo semplicemente “D”. Si caratterizza soprattutto per avere non bisogni speciali, bensì bisogni normali ma disattesi: ad esempio, aveva bisogno di accudimento e presenza ma è stato inserito troppo precocemente in strutture educative, aveva bisogno di tempo per maturare e apprendere ma è stato sollecitato a produrre performance che non era ancora in grado di dare.

Salute mentale: quale prevenzione?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il peso globale dei disturbi mentali continua a crescere con un conseguente impatto sulla salute e sui principali aspetti sociali, umani ed economici in tutti i Paesi del mondo. Ci sono alcune ragionevoli certezze su quali fattori predispongano allo sviluppo di psicopatologie, e una buona prevenzione primaria dovrebbe agire in modo incisivo su tutti questi fattori, che presentano però fortissime inerzialità e freni dovuti al modello socioeconomico di sviluppo.