di Alessandro Volpi*
Voglio insistere sulle assurdità della finanza che stanno devastando il mondo reale. L’attuale crisi bancaria ha un protagonista nuovo: si tratta delle obbligazioni AT1. Sono obbligazioni “subordinate” che in termini di rischio sono inferiori solo alle azioni. Sono nate, in sostanza, dopo la crisi del 2008 perché avrebbero dovuto servire a rendere meno pesanti le situazioni critiche soprattutto delle banche. In pratica, sono nate come strumento contro le crisi; almeno questa è la definizione formale con cui sono state introdotte. In realtà, dopo che, in occasione della crisi di Credit Suisse, è stato deciso di non rimborsale in toto, sono diventate carta straccia e, soprattutto, oggetto di sospetto per tutte le banche che le hanno emesse. Vale la pena ricordare che di tali obbligazioni ne circolano per poco meno di 300 miliardi di dollari, emesse per l’80% da banche e istituzioni europee. E’ evidente che in questo momento è partita la caccia degli speculatori per capire quali banche ne hanno di più e quali danno segnali di volerle “ritirare” anticipatamente. Quindi, tutto ciò genera una grande tensione. Inoltre, si tratta di capire se queste obbligazioni sono state inserite in fondi o in altri prodotti finanziari, come avvenne nel caso dei mutui cartolarizzati perché in questo caso il rischio non è neppure evidente, ma nascosto in altri titoli. Il paradosso è evidente. Per evitare che si ripeta la crisi del 2008 sono stati creati nuovi strumenti finanziari che, invece di scongiurare una simile eventualità, moltiplicano le possibilità che si ripeta; un rischio accresciuto, ora, dalla mancanza di liquidità determinata dagli alti tassi. Vorrei provare a far capire che non sono questioni tecniche, ma siamo di fronte agli elementi malati di un’economia in cui la finanza, ormai da anni, determina i cicli, senza che si ponga alcun limite ad un siffatto abominio.
già docente di Scienze politiche nell’Università di Pisa e Sindaco di Massa