Ecografia in sala parto, un aiuto in più per prevenire i rischi del parto distocico
Vaccari (FNOPO): «Valido supporto alla visita ostetrica, al lavoro per precisare ambiti di competenze»
di Chiara Stella Scarano, Sanità informazione
Il parto distocico, cioè che si allontana dalla fisiologia ed è maggiormente a rischio di anomalie e complicanze, riguarda il 30-40% dei parti. Ancora oggi, la diagnosi viene fatta attraverso la sola visita ostetrica e poche tecnologie sono state approntate per il monitoraggio del travaglio. L’ecografia ha da decenni il feto come focus prevalente, ossia lo screening delle sue malformazioni e anomalie di crescite, tuttavia più di recente l’interesse è stato rivolto anche all’evento del travaglio.
L’ecografia intrapartum rappresenta una metodica di grande potenzialità, che consente di valutare in maniera obiettiva la posizione, la stazione, la discesa e la rotazione della testa fetale nel canale del parto. In tal modo, è possibile seguire il travaglio in modo più obiettivo rispetto alla sola visita ostetrica, diagnosticare tempestivamente una distocia e prendere la scelta più opportuna in tempo utile, tra il ricorso ad un parto operativo oppure ad un taglio cesareo intrapartum. Uno strumento che non invade l’ambito di competenze dell’ostetrica, ma che anzi ne supporta l’operato.
Il parto distocico: cos’è
«Il parto distocico è una condizione nella quale si verifica un rallentamento o un arresto della discesa del bambino attraverso il bacino della madre e il canale del parto. Può dipendere da diverse ragioni: le più comuni riguardano una posizione scorretta che il bimbo assume nel canale del parto, oppure una sproporzione tra il bacino della madre e le dimensioni del bambino, oppure ancora da contrazioni uterine scarsamente efficaci..
I rischi del parto distocico
«Se si verifica un parto distocico. il rischio è che si possa rendere necessario un intervento d’urgenza per sbloccare la situazione, in base alle circostanze un cesareo d’urgenza o un parto vaginale operativo, che implica cioè l’ausilio della ventosa da applicare sulla testa del bambino per favorirne l’uscita. Sono tutte evenienze che nella maggior parte di casi vanno a buon fine risolvendosi senza complicanze, ma presentano comunque un rischio aumentato di conseguenze sulla salute di mamma e bambino: sanguinamenti per la madre (danni alle strutture anatomiche dell’addome, del bacino, legati a una estrazione difficile, lacerazioni) o legate alla sofferenza del bambino tanto da richiedere un trasferimento in neonatologia».
L’ecografia intrapartum
«Per migliaia di anni la valutazione dell’evoluzione del parto è stata affidata ai rilievi clinici, tramite l’esplorazione manuale del canale del parto per valutarne la dilatazione, la discesa della testa del bambino e la sua posizione. Tuttavia ci siamo resi conto che anche in sala parto l’ecografia può darci delle indicazioni più valide e precise. L’ecografia quindi, normalmente utilizzata durante la gravidanza per rilevare dimensioni e peso del bimbo, il sesso, la posizione, ed eventuali malformazioni, ha iniziato ad essere utilizzata anche durante il travaglio appoggiando la sonda sulla parte esterna dei genitali femminili, così da consentire di avere informazioni sull’evoluzione del parto».
Un supporto alla visita ostetrica
«Oggi questa pratica, lentamente, si sta diffondendo. Ribadiamo che non è uno strumento che vuole sostituirsi alle mani dell’ostetrica, ma affiancarsi ad esse. Nei nuovi LEA si prevede che tutti i punti nascita debbano avere un ecografo in sala parto, così da rilevare in tempo utile le partorienti che necessitano di un intervento urgente e quelle per le quali è possibile aspettare i tempi fisiologici, oppure aiutare nella scelta della donna da candidare al cesareo o alla ventosa».
Il parere delle ostetriche
«L’ecografia office è uno strumento di cui l’ostetrica si avvale nell’esercizio della sua professione, in concomitanza con la visita ostetrica, come supporto per la rilevazione dei parametri materni e fetali in gravidanza e in travaglio, al fine di interpretare e valutare con tempestività l’evoluzione della gravidanza e del parto. L’ostetrica ha il dovere di trascrivere i parametri rilevati con ecografia office nella cartella clinica e informare il medico specialista dei risultati che deviano da normalità e fisiologia. L’ecografia office non esita in un referto (che è atto medico), ma va ad integrare e supportare le informazioni rilevate con la visita ostetrica. La FNOPO sta lavorando con la SIEOG per delineare più specificamente ambiti di competenza e aree di utilizzo».