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Quello che sappiamo sulle malattie rare più diffuse sul nostro territorio

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Quello che sappiamo sulle malattie rare più diffuse sul nostro territorio

di Paolo Ferraresi, presidente dei Comitati consultivi misti dell’AUSL di Bologna

Le “”malattie rare” vengono definite tali in quanto colpiscono circa una persona su duemila e oltretutto ve ne sono molte centinaia di tipi diversi. Però se si fa un banalissimo conto alla fin fine si scoprirà che poi tanto rare non sono, se sommiamo tutte le persone che ogni anno ne vengono colpite.

I casi malattie rare in carico alla Regione Emilia-Romagna nel 2023 oltre tutto sono in aumento. Rispetto al 2022, i casi totali sono oltre 51mila, rispetto ai 46mila dell’anno precedente (+11% circa). Con malattie rare si intendono tutte quelle patologie che colpiscono meno di una persona su duemila. In Italia se ne contano circa seicento, divise in quattrocento raggruppamenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne stima, però, oltre 7mila, le quali colpiscono, solo in Europa, tra i 27 e i 36 milioni di persone.

L’eziologia, o meglio le eziologie sono quindi tante e molto complesse e tale devono essere anche le formazioni dei medici che sono chiamate a curarle e combatterle.

Qualcuno, banalmente, qualche tempo fa, affermò che parlarne al nostro interno aveva assai poca importanza, e che non si può perciò correre dietro a tutte quelle idee che nascono nella mente dei nostri associati nel formulare i piani di lavoro.

Direi che è una errata concezione e se  anche quella delle malattie rare è una tematica sulla quale il CCMSS non può avere che poco o nulla da dire, per sua intrinseca costituzione, ci sembra altresì doveroso avere su di essa una informazione medico-sanitaria. Oltretutto può essere assai probabile che un nostro vicino od una persona che conosciamo ne sia affetta, perchè oltretutto i casi in assoluto non sono affatto pochi.

Casi presi in carico in crescita dell’11% rispetto al 2022, ma le istituzioni corrono per dotarsi di strumenti sempre più puntuali e all’avanguardia

I casi malattie rare in carico alla Regione Emilia-Romagna nel 2023 sono in aumento. Rispetto al 2022, i casi totali sono oltre 51mila, rispetto ai 46mila dell’anno precedente (+11% circa). Con malattie rare si intendono tutte quelle patologie che colpiscono meno di una persona su duemila. In Italia se ne contano circa seicento, divise in quattrocento raggruppamenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne stima, però, oltre 7mila, le quali colpiscono, solo in Europa, tra i 27 e i 36 milioni di persone.

Il quadro locale

In Emilia-Romagna, nel 2023, sono stati 51.495, di cui il 17,3% residente in altre regioni italiane. Tra i residenti le patologie più diffuse sono cheratocono (2.594 casi), sarcoidosi (2.522) e sclerosi sistemica progressiva (2.101), con il 23,2% delle certificazioni che viene effettuato in età pediatrica (da 0 a 14 anni).

Dei casi totali, oltre il 40% (20.670) sono presi in carico dagli ospedali di Bologna, rispettivamente: 7.809 per l’Ausl, 11.530 per l’azienda ospedaliera dell’Università di Bologna, 1.331 per l’Istituto ortopedico Rizzoli. Il numero sale a quasi 21mila casi considerando anche l’Ausl di Imola (243 casi).

Nel dicembre del 2023, la Regione Emilia-Romagna ha avviato un progetto per la realizzazione del primo dei centri per le malattie rare. L’obiettivo è quello di comprendere tutte le professionalità coinvolte nel trattamento di malattie rare, permettendo loro di fare rete e condividere informazioni, anche in tempo reale, necessarie per la presa in carico del paziente. Inoltre, già da diversi anni l’Emilia-Romagna collabora attivamente con la Regione Veneto, la Regione Friuli-Venezia Giulia, e le Province Autonome di Trento e Bolzano al fine di “individuare protocolli farmacologici per i pazienti con malattia rara”.

Tra le patologie rare, quelle più comuni in Emilia-Romagna riguardano il sistema nervoso, che rappresentano il 15,9 delle diagnosi. Il secondo tipo di patologie più diagnosticate riguarda le malformazioni, a cui seguono le malattie del sangue e quelle della cute.

Fasce d’età

Rispetto all’età, le diagnosi più comuni per l’età pediatrica riguardano le malformazioni congenite e le malattie delle ghiandole endocrine. Per la fascia 15-64, le patologie più comuni sono quelle del sistema nervoso, quelle del sangue, quelle della pelle e quelle dell’apparato visivo. Per la fascia oltre i 65 anni, le malattie più riscontrate sono quelle del sistema nervoso, quelle dell’apparato visivo e quelle del sistema respiratorio.

Non ci sono grandi differenze nella casistica differenziata per sesso. Fanno eccezione le malattie delle ghiandole endocrine, molto più comuni nelle donne, così come quelle relative al sistema osteomuscolare; negli uomini, invece, sono più comuni le patologie del sistema nervoso, quelle che colpiscono la pelle e quelle relative al metabolismo.

Tumori rari

Un’apposita sezione del documento contenente i dati diffusi dall’Emilia-Romagna è relativa ai tumori rari. Nel testo vengono spiegate le principali azioni della Regione per la presa in carico dei pazienti e per la ricerca sui diversi tipi di cancro. “In Regione Emilia-Romagna si è istituito un gruppo di lavoro costituito dai clinici con la maggiore casistica ed esperienza, così come evidenziato dall’esame dei dati ricevuti in merito dalle Aziende Sanitarie. Il gruppo di lavoro ha individuato come primo obiettivo la definizione della rete dei tumori stromali gastrointestinali (GIST) e dei Sarcomi viscerali”, attorno ai quali “si è costituito il tavolo tecnico sul tema specifico”.

Nel 2014, la Commissione Europea ha “previsto la necessità di costituire degli European Reference Network (ERN) per le malattie rare e i tumori rari. Tutti i centri clinici della Regione Emilia-Romagna candidati per i tumori rari hanno ricevuto l’endorsement e sono poi entrati quali full members nei rispettivi ERN”.


 Malattie rare, report 2023
– GRAFICI

Tutti i dati e i grafici fin qui mostrati sono stati forniti dalla Regione Emilia-Romagna, che lo scorso sabato li ha presentati in un convegno a Bologna organizzato dall’assessorato alle Politiche per la salute.

Esenzione e screening

In Emilia-Romagna, tutte le prestazioni volte alle diagnosi sono erogate in esenzione dai ticket. “Nel caso di conferma di diagnosi di malattia rara – si legge sul sito della Regione – il centro di riferimento che ha preso in carico il paziente inserisce i dati del paziente nel sistema informativo regionale per le malattie rare (SIMR) e consegna la certificazione di diagnosi all’assistito dopo averla firmata e timbrata. Il Distretto di residenza del paziente – collegato al SIMR – visualizzerà un attestato di esenzione (distinto dalla certificazione di diagnosi), autogenerato dal SIMR a seguito della nuova diagnosi. In sede di diagnosi presso il centro di riferimento, l’assistito deciderà se farsi recapitare direttamente a domicilio l’attestato di esenzione, e tale informazione sarà registrata sul SIMR e visualizzata dal Distretto di residenza. Nel caso in cui l’assistito decida di riceverlo a domicilio, il Distretto stamperà, firmerà e timbrerà l’attestato per poi inviarlo al domicilio del paziente”.
L’esenzione può essere estesa a tutte le prestazioni correlabili al monitoraggio della patologia rara. Non esiste, infatti, un elenco tassativo delle prestazioni erogabili in esenzione o meno, ma la scelta ricade tra le responsabilità del medico.

I test per le diagnosi riguardano anche i neonati: a tutti i bimbi e le bimbe che nascono in Emilia-Romagna, viene eseguita una piccola puntura sul tallone con l’obiettivo di individuare eventuali malattie che, se non riconosciute precocemente, potrebbero condizionarne negativamente lo sviluppo.

Il quadro nazionale

Nel 2023 l’Italia ha approvato un nuovo Piano nazionale per le malattie rare 2023-2026, individuando obiettivi e azioni specifiche nell’assistenza ai pazienti. I punti più importanti riguardano diagnosi, prevenzione primaria, presa in carico, percorsi assistenziali, formazione e informazione, ma anche registri, sistemi di monitoraggio e ricerca scientifica. Anche se in Italia le fonti di informazione sono tante, “le persone con malattia rara e i loro familiari – si legge all’interno del Piano – continuano a segnalare difficoltà nell’ottenere le informazioni di loro interesse, validate e aggiornate. Allo stesso modo, i professionisti della salute hanno difficoltà ad accedere ad alcune di queste informazioni”. Per questo, “l’informazione può essere quindi considerata ancora oggi come una delle maggiori criticità per le malattie rare”.

Oltre a questo, spesso i problemi dei pazienti e dei loro familiari risultano simili a prescindere dalla patologia da curare: ritardo e a volte assenza di diagnosi, mancanza di una terapia risolutiva, difficoltà a fare ricerca, elevato carico assistenziale. Il Piano nazionale per le malattie rare 2023-2026 si pone l’obiettivo di fornire “risposte più concrete, più vicine ai malati e alle loro famiglie”. Finanziato con 50 milioni di euro, con il Piano “dotiamo le persone con malattia rara di uno strumento di approccio terapeutico di presa in carico e di percorso assistenziale omogeneo su tutto il territorio nazionale – ha detto il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato –. Il Piano è stato pensato per semplificare i percorsi e snellire le parti più burocratiche; se mettiamo a terra quanto previsto, il peso sulla famiglia sarà sicuramente più lieve”.

BOLOGNA TODAY

Gianluca Notari Collaboratore Cronaca 17 marzo 2024 07:32

Screening neonatale in Emilia-Romagna

Un semplice test per proteggere la salute dei bambini

A tutti i bimbi che nascono in Emilia-Romagna viene eseguita una piccola puntura nel tallone per raccogliere su uno speciale cartoncino assorbente poche gocce di sangue, che permettono di eseguire un semplice esame di screening.

È così possibile individuare malattie che, se non riconosciute precocemente, potrebbero condizionare negativamente lo sviluppo del bambino.

Lo screening neonatale è un importante intervento di medicina preventiva che dà la possibilità di identificare malattie anche molto rare, ovvero che colpiscono non più di una persona ogni 2000. In caso di diagnosi positiva è possibile intervenire nei primi giorni di vita, con le cure necessarie e nel Centro clinico con maggiore esperienza riguardo la patologia specifica, offrendo ai bimbi e alle famiglie tutta l’assistenza necessaria. Ai genitori viene offerta anche la consulenza genetica, ovvero la valutazione dei rischi relativi alle eventuali successive gravidanze.

Lo screening neonatale è importante perché le malattie che ne sono oggetto vengono riconosciute precocemente e possono essere curate con ottimi risultati in centri clinici specializzati.

Recentemente l’offerta dello screening è stata estesa su tutto il territorio nazionale ad oltre 40 malattie, rendendolo ancora più efficace.

Screening uditivo neonatale 

L’ipoacusia (una diminuita percezione uditiva dei suoni) è la disabilità sensoriale più comune tra i nuovi nati. Secondo la letteratura internazionale, l’incidenza è di circa 1,0-3,0 ogni mille nati ed è anche 10 volte superiore quando sono presenti uno o più fattori di rischio audiologico, come nel caso di bambini provenienti dalla terapia intensiva neonatale.
Nel bambino, per potersi sviluppare una buona acquisizione linguistica, deve essere integro il sistema uditivo ed essere sollecitato da un’adeguata stimolazione sonora in grado di attivare i sistemi di integrazione cerebrale.
Il mancato riconoscimento di una perdita dell’udito comporta dunque importanti ripercussioni sul piano della comprensione e del linguaggio.

La diagnosi tempestiva e una riabilitazione precoce sono la soluzione per prevenire o ridurre la disabilità e l’impatto sociale.

Cosa fa la Regione

Lo screening uditivo neonatale permette di identificare la maggioranza dei bambini con disturbi dell’udito in un’epoca della vita molto precoce, generalmente entro il 3-4° mese dalla nascita e di cominciare un intervento riabilitativo entro il 6° mese di vita.

In Emilia-Romagna lo screening uditivo neonatale è stato avviato nel 2010 e coinvolge diverse figure professionali secondo un approccio multidisciplinare: audiologi, otorinolaringoiatri, neonatologi, pediatri, neuropsichiatri infantili, logopedisti, audiometristi, infermieri e ostetriche.
La particolarità della programmazione regionale (ridefinita con la delibera di Giunta n. 694/2011) è di integrare lo screening audiologico neonatale al percorso terapeutico assistenziale: viene garantito in questo modo un percorso assistenziale di presa in carico del neonato con sordità o ipoacusia.

In ogni Azienda Usl è presente un team aziendale delle disabilità uditive (TADU), multidisciplinare, costituito dai vari professionisti coinvolti nel percorso clinico per coordinare gli interventi terapeutici e riabilitativi ed essere il riferimento di continuità assistenziale integrata per la presa in carico, la certificazione di disabilità e l’integrazione scolastica.
E’ stato inoltre istituito un tavolo regionale per le disabilità uditive, attualmente articolato per Area Vasta, con compiti di supporto alla rete per lo screening audiologico, di verifica del percorso assistenziale, di confronto con le associazioni dei pazienti.

In Emilia-Romagna lo screening uditivo neonatale è attivo in tutti i punti nascita.

Come avviene l’esame audiometrico

L’esame viene effettuato da tecnici audiometristi o infermieri professionali e ostetriche con una formazione specifica. Il test viene somministrato con un’apparecchiatura portatile automatica costituita da un apparato di registrazione “pocket” e da una sonda applicata nel condotto uditivo esterno del neonato. La durata dell’esame è, per entrambe le orecchie, di circa tre minuti. Lo screening uditivo viene effettuato durante il periodo di sonno spontaneo del neonato.

Rapporto: “Screening neonatale e percorso clinico per bambini con ipoacusia in Emilia-Romagna” (864.99 KB)

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