Le prospettive di salute degli italiani peggiorano tra regionalismo differenziato, crisi dell’assistenza sanitaria e cattivi stili di vita. Si dovrebbe puntare sulla prevenzione.
di Federico Licastro, già professore di Immunologia, Università di Bologna
Siamo alla vigilia di potenziali cambiamenti molto negativi nella gestione della sanità in Italia come ci fa intravedere l’approvazione in prima lettura della legge sull’autonomia differenziata già passata al voto della Camera. E’ preoccupante come il clima politico si stia intorbidendo e impedisca alle forze politiche un’analisi della realtà del regionalismo nella sua forma di attuazione dal 2001 ad oggi prima di ampliare ulteriormente le competenze devolute alle regioni.
E’ mancata infatti un analisi puntuale sui difetti, i punti deboli e gli eventuali punti di forza dei servizi offerti nei compiti assegnati alle regioni, che l’attuazione delle revisione del titolo V della Costituzione messa in atto nel 2001, già diede alle regioni; come ad esempio la sanità e la gestione della salute pubblica. I dati sullo stato di efficacia della gestione della sanità nei vari contesti regionali non mancano certo e sarebbe stato auspicabile che un comitato parlamentare si fosse occupato di analizzarne i contenuti prima che il parlamento fosse chiamato a votare una legge che amplia ulteriormente le competenze regionali. Forse però il retro-pensiero dei partiti di centro destra e di destra che hanno approvato la legge sull’autonomia differenziata voleva proprio non guardare la realtà del regionalismo attuale. Tuttavia, l’analisi della gestione della sanità nelle 20 regioni italiane permette una visione realistica dei limiti e dei difetti già presenti nel sistema e delle diseguaglianze sociosanitarie fin qui prodotte dalla gestione regionale della salute.
Recentemente sono stati pubblicati i dati CREA sanità XII edizione del 2024, “Opportunità di tutela della Salute: le PerformanceRegionali” Executive summary XII edizione; 2024 D’Angela, B. Polistena F. Spandonaro. Dip. di Economia e Finanza”
I dati di performance delle regioni nella gestione della sanità sono stati analizzati esprimendoli in un indice unico che misura il grado di efficienza nella somministrazione dei servizi sociosanitari ai cittadini. Il massimo teorico è uguale a 1, calando progressivamente a seconda delle prestazioni realmente erogate da ciascuna realtà regionale.
I risultati sono stati espressi nel grafico che sulla mappa dell’Italia riporta per ciascuna regione il rispettivo indice di efficacia. Solo poche regioni si avvicinano all’indice 1 con la migliore (Veneto) che arriva a 0,60. Colpisce la grande eterogeneità dei punteggi e che vede l’Italia divisa in tre settori. Il Nord è più efficiente, seguito dal centro e poi parecchio indietro il sud con i punteggi peggiori. I rapporto stima che a livello nazionale, a fronte di un livello complessivo di Performance (ottenuto mediando gli indici di Performance delle singole Regioni), pari al 43,8% del valore teorico ottimale, nell’ultimo quinquennio si è registrata un miglioramento del 46%; tale miglioramento ha interessato tutte le ripartizioni geografiche, in maggior misura le Regioni del Mezzogiorno (+75,9% in media), poi quelle del Nord-Est (+44,9%), quelle del Nord-Ovest (+40,9%) e del Centro (+37,4%).
Indice di Performance (0. peggiore; 1. ottima)
Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, è evidente che siamo già, e non da oggi, in presenza di una forte eterogeneità nelle erogazioni delle prestazioni sanitarie che determina serie diseguaglianze in termini assistenziali e di salute sul territorio nazionale. Se poi l’analisi fosse estesa all’interno delle singole regioni e stratificata per territori è facile intuire che vi sono territori maggiormente serviti e altri meno, con un’ulteriore scala di diseguaglianze infra-regionale. Quindi se il governo avesse voluto guardare la realtà del nostro paese non sarebbe stato difficile e l’esperienza dell’attuale gestione delle sanità regionale avrebbe potuto far riflettere sulle implicazioni negative che un’ulteriore estensione delle competenze regionali, mantenendo fermi gli attuali limiti, potrebbe causare sulle diseguaglianze socioeconomiche nel nostro paese. La conoscenza del paese reale sembra non interessare molto il governo di destra e centro destra e si procede per assunti che non hanno rapporto con la realtà producendo infine leggi, come l’attuale versione della autonomia differenziata, che aumenteranno le divisioni e le diseguaglianze non solo in termini di prestazioni sanitarie, assistenza socio sanitaria e salute ma anche in altri settori e che peseranno sullo sviluppo socio economico del paese in modo grave.
Sempre restando in ambito sanitario, ad esempio non avendo finanziato i LEP (livelli essenziali di prestazioni), nè messo rimedio alla situazione sperequata di partenza e perdurando un cronico sotto-finanziamento della sanità, si prevede un peggioramento delle prestazioni e dello stato di salute nel sud del paese.
Altro rapporto sullo stato della sanità del nostro paese è contenuto nel XX Rapporto Osserva Salute 2022, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle regioni Italiane, che opera nell’ambito di Vihtali, spin off dell’Università Cattolica, presso il campus di Roma. Questo report ha fotografato gli aspetti caratteristici dello stato sanitario del paese. Di seguito riporto alcuni passaggi significativi.
“ Sistema sotto finanziato. I dati parlano chiaro, nel 2022 la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 131 miliardi (6,8% del PIL), quella a carico dei cittadini a circa 39 miliardi (2% del PIL). I confronti internazionali evidenziano, nel 2020, che la spesa sanitaria dell’Italia, a parità di potere d’acquisto, si è mantenuta significativamente più bassa della media UE-27, sia in termini di valore pro capite (2.609 euro vs 3.269 euro) che in rapporto al PIL (9,6% vs 10,9%).
Tanti anziani e pochi figli. L’età media della popolazione, che è pari a 46,2 anni nel 2022 . Inoltre, nei prossimi decenni si prevede proseguirà il calo della popolazione residente dovuto al protrarsi del regime di bassa fecondità e alla graduale diminuzione dei flussi migratori dall’estero. Si prevede, infatti, che la popolazione residente passerà dai 59,2 milioni di abitanti attuali ai 54,2 milioni di abitanti residenti nel 2050. La popolazione ultracentenaria va rapidamente aumentando sia in termini assoluti che relativi. Nel 2013 quasi tre residenti su 10.000 hanno 100 anni ed oltre , soprattutto donne. La popolazione di età 65 anni ed oltre rappresenta il 23,9% della popolazione residente ossia più di una persona su cinque ha 65 anni ed oltre.
Le cronicità, Nel 2021, l’ipertensione arteriosa è la patologia maggiormente riscontrata nei pazienti in carico agli 800 MMG validati del network Health Search (il 29,7% degli assistiti), seguita dai disturbi tiroidei (con l’eccezione dei tumori tiroidei), con il 17,1%, l’osteoartrosi, il 15,9%, l’asma bronchiale, il 9,1%, il diabete mellito tipo 2, con l’8,1%, l’ictus ischemico, con il 4,7%, le malattie ischemiche del cuore, il 4,3%, la Bpco, con il 2,9%, lo scompenso cardiaco congestizio, con l’1,2%, e, infine, la malattia di Parkinson con lo 0,3% dei pazienti assistiti.
È fondamentale l’assistenza territoriale, perché è sul territorio che si disegnerà la sanità del futuro: in questo ambito emerge che le prime visite specialistiche effettuate nel 2021 ammontano a 23 milioni e 600 mila (delle quali i due terzi prescritte dai Mmg). Si tratta di un numero ancora inferiore all’anno pre-pandemico: nel 2019 erano circa 26 milioni e 700 mila. Per quanto riguarda invece le visite specialistiche di controllo nel 2021 ne sono state erogate 25 milioni e 243.346, delle quali circa il 58% prescritte da un medico specialista; nel 2019 erano circa 32 milioni e 700 mila.
Stili di vita e ambiente. Gli italiani sono sempre più in sovrappeso : il 12% della popolazione, quasi 6 milioni di adulti, è obesa e, complessivamente, il 46,2% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale e poco attivi, con più di un terzo delle persone (33,7%) che ha dichiarato di non praticare sport o attività fisica nel tempo libero (30,3% degli uomini e 36,9% delle donne). La variabile età è poi una discriminante per l’aumento ponderale: al crescere dell’età aumenta la percentuale di popolazione in condizione di eccesso di peso (in sovrappeso o obesa). La percentuale di persone in condizione di sovrappeso passa dal 15,1% della fascia di età 18-24 anni al valore massimo del 42,9% tra i 65-74enni; anche l’obesità passa dal 4,3% al 17,6% per le stesse fasce d’età.
La sedentarietà è dilagante anche tra i più giovani. Infatti, tra il 2020 e il 2021 si è registrato un forte decremento della pratica sportiva tra i bambini e adolescenti di età 3-17 anni. In queste classi di età tra il 2020 e il 2021 si è osservato un vero e proprio crollo della pratica sportiva specialmente di tipo continuativo, diminuita di circa il 15% (dal 51,3% al 36,2%) e compensata soltanto in parte dalla pratica di qualche attività fisica (dal 18,6% al 26,9%), svolta in modo destrutturato e, quindi, al di fuori delle palestre e dei centri sportivi interessati dalle chiusure. La sedentarietà è, infatti, aumentata dal 22,3% al 27,2%.
Gli italiani sembrano sempre più depressi . A partire dagli anni 2011-2012, a livello nazionale il volume prescrittivo dei farmaci antidepressivi ha registrato inizialmente un lieve aumento, pari a +1,8% dal 2013 al 2016, mentre successivamente l’aumento è stato decisamente più significativo, con i valori che tra il 2017 ed il 2021 hanno registrato un +10,4%. Nel 2021 il consumo di farmaci antidepressivi è stato di 44,6 DDD/1.000 ab die, facendo registrare un aumento del 2,4% rispetto al 2020. A proposito del consumo di farmaci antidepressivi, a partire dagli anni 2011-2012, a livello nazionale il volume prescrittivo dei farmaci antidepressivi ha registrato inizialmente un lieve aumento, pari a +1,8% dal 2013 al 2016, mentre successivamente l’aumento è stato decisamente più significativo, con i valori che tra il 2017 ed il 2021 hanno registrato un +10,4%. Nel 2021 il consumo di farmaci antidepressivi è stato di 44,6 DDD/1.000 ab die, facendo registrare un aumento del 2,4% rispetto al 2020. Dal 2011 la variazione media annua è stata dell’1,5%.
L’ambiente in cattiva salute ci fa ammalare Riguardo infine ai fattori di rischio ambientali, il Rapporto mette in luce che, nel 2020, nelle acque superficiali, sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei punti di monitoraggio (nel 2018 la percentuale era 77,3% e nel 2017 era 72,4%). La maggiore presenza di pesticidi in Umbria (94,1%), Puglia (86,4%), Sicilia (81,6%); superano il 70% Piemonte, Lombardia e Veneto.”
A questo punto cosa rimane se non usare al massimo l’intelligenza per sfuggire a questa tempesta perfetta che attacca la salute del nostro paese causata da scarse risorse, aumento dell’età, calo nascite, distopia politica, aumento dei fattori di rischio legati allo stile di vita e ad un ambiente malsano.
Che fare? PREVENZIONE; Una risposta innovativa potrebbe venire nell’investire molto di più in prevenzione primaria e secondaria contro le più frequenti malattie che colpiscono i cittadini italiani. Si comincia nelle scuole primarie e secondarie fino poi a dedicare cicli di seminari sui fattori di rischio delle malattie cronico degenerative nelle scuole secondarie. Inoltre appare necessario introdurre l’insegnamento della prevenzione e della medicina predittiva e di precisione nei corsi universitari per le professioni sanitarie. Poi campagne contro il fumo, il consumo di alcol e droghe per conservare lo stato di salute in gioventù. Una reale campagna di prevenzione degli infortuni sul lavoro con controlli puntuali e continui da parte degli istituti di sorveglianza. Offrire sul territorio corsi di ginnastica, camminate sociali di quartiere e corse podistiche e ciclistiche durante il fine settimana aperti a tutte le fasce di età. Incoraggiare l’uso della bicicletta e dei mezzi di trasporto pubblici a scapito dell’auto privata. Incoraggiare il consumo di frutta e verdura e dell’aderenza alla dieta mediterranea in associazione ad un aumento di attività fisica per combattere sovrappeso e obesità. La medicina territoriale, le case della salute e gli infermieri di comunità insieme a i MMG possono svolgere un ruolo primario in questa riconversione culturale che punta sulla prevenzione e sui corretti stili di vita. Non da ultimo si può coinvolgere le comunità locali ( es. i quartieri) per il controllo del territorio e la lotta alle fonti di inquinamento che aggrediscono aria, acqua e terra aumentando il rischio di farci ammalare.
In conclusione, le forze di opposizione a questo attuale governo retrivo dovrebbero chiedere non solo un aumento di finanziamento per il SSN. ma anche un cambio di paradigma focalizzando l’enfasi sanitaria non solo sulla cura ma anche soprattutto sulla prevenzione.