Le disuguaglianze: l’acqua
di Vincenzo Balzani *
L’acqua, risorsa preziosa e praticamente insostituibile, è molto abbondante sulla Terra, ma per il 97% si tratta di acqua salata di mari e oceani, non utilizzabile direttamente dall’uomo. Il restante 3% (acqua dolce) è quasi tutto imprigionato, nelle calotte polari e nei ghiacciai permanenti, o nel sottosuolo. Solo lo 0,3% di acqua dolceè superficiale (laghi, fiumi, paludi, umidità del suolo, atmosfera) e, quindi, utilizzabile. Può sembrare poca, però se questa quantità fosse distribuita equamente, ce ne sarebbe in abbondanza per tutti. Per sopperire alla scarsità di acqua dolce, si può dissalare l’acqua del mare, ma è un processo che costa energia.
Una Risoluzione ONU del 2010 ha stabilito che l’acqua è un diritto umano universale e fondamentale che concerne la dignità della persona, è essenziale al pieno godimento della vita ed è imprescindibile per tutti gli altri diritti dell’uomo. Il diritto di accesso all’acqua dovrebbe essere riconosciuto a ogni essere umano. Si valuta, però, che nel 2030 quasi la metà della popolazione mondiale vivrà in zone ad alto stress idrico e che la siccità provocherà migrazioni di milioni di persone. Sarebbe importante sviluppare politiche di condivisione delle risorse idriche all’interno di ciascuna nazione, nonché fra Stati attraversati dallo stesso fiume o situati su falde acquifere trans-nazionali.
Nelle nazioni progredite l’acqua potabile viene distribuita in maniera capillare in tutte le abitazioni e a un costo molto basso. In Italia, per esempio, il costo medio dell’acqua è di circa 1,50 € a metro cubo (mille litri). Nei Paesi poveri 1,6 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile, 2,6 miliardi non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base e 2,4 miliardi non hanno a disposizione impianti fognari adeguati. Per tale ragione, centinaia di milioni di persone si ammalano e 5 milioni (dei quali 1,8 sono bambini) muoiono ogni anno per malattie legate all’uso di acqua inquinata. La principale ragione del mancato accesso all’acqua per miliardi di persone non risiede nella mancanza di questa risorsa nelle regioni in cui abitano, ma piuttosto nella povertà e nell’impossibilità di accedere a tecnologie e costruire infrastrutture che permetterebbero di disporre e di distribuire questo bene.
Nei paesi sviluppati, dove per avere acqua potabile basta aprire un rubinetto, molte persone, spesso influenzate dalla pubblicità, preferiscono bere acqua «minerale», che ha un costo fino a 500 volte maggiore dell’acqua pubblica e che, a volte, è di qualità addirittura inferiore. Gli italiani sono fra i più grandi consumatori al mondo di acqua minerale in bottiglia, con 200 litri pro capite consumati all’anno, contro una media europea di 118 litri. In Italia sono in commercio più di 300 marche di acqua minerale e la spesa per l’acqua minerale è in media doppia rispetto a quella sostenuta per il pane o per la pasta, circostanza che dovrebbe far riflettere. A questo si aggiunge il fatto che l’uso di acqua minerale comporta la produzione e il successivo smaltimento di 6 miliardi di bottiglie di plastica all’anno e crea inquinamento dovuto al trasporto, che quasi sempre avviene con autotreni.
- Professore emerito di Chimica nell’Università di Bologna, coordinatore di “Energia per l’Italia”