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Parlando di Vialli e altri, verso la proposizione di algoritmi

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       Parlando di Vialli ed altri, verso la proposizione di algoritmi

di Francesco Domenico Capizzi*

Come capita di solito per eventi avversi inattesi, e soprattutto luttuosi, ci si rammarica, se ne discute, poi tutto sparisce nel profondo scatolone del dimenticatoio personale e collettivo. Si è parlato di Vialli, come in precedenza della Melato, di Pavarotti, Sacchetti, cinquant’anni or sono della Magnani…e poi avanti come prima, con le abitudini quotidiane di sempre.

A prevalere la fatalità, come per gli sconvolgimenti tellurici. Semmai, gli aneddoti e le incertezze vengono mitigate dalle speranze giustamente riposte nella ricerca scientifica e nella tecnologia, ma marginalizzando, involontariamente, i fattori patogeni che continuano a radicarsi ed agire in ogni piega della società: modi di organizzarsi, produrre e consumare, squilibri ambientali e sociali crescenti nella vita quotidiana.

Orientamenti condivisi davanti alla “malattia per eccellenza”, la neoplasia: dall’esaltazione della tecnologia elevata a criterio assoluto all’oscuramento delle elementari conoscenze patogenetiche nella convinzione che la salute dell’organismo – un insieme di organi, apparati e funzioni – si difenda pur trascurando le proprie condizioni di vita quotidiana che, in realtà, costituiscono larga parte del terreno di cultura su cui allignano le neoplasie.

A corroborare questa visione le notizie del giorno che prospettano “controllabili meccanismi molecolari dei tumori… farmaci inibitori di metastasi… vaccini…killer di cellule neoplastiche…azioni risolutive di intelligenze artificiali… e di robot in sala operatoria…ecc.”.

Nella realtà dei fatti, a fronte di tumori solidi, le misure terapeutiche sono fortemente incentrate su procedure chirurgiche, le quali, però, possiedono un ruolo marginale nelle localizzazioni pancreatiche lasciando così molto spazio ai chemioterapici, ma con risultati del tutto insoddisfacenti.

Infatti, l’adenocarcinoma pancreatico presenta una sopravvivenza del 22% ad un anno dalla diagnosi, del 7% a tre, del 5% a cinque anni, del 3% trascorsi cinque anni. Nei casi diagnosticati precocemente, suscettibili di intervento chirurgico demolitivo ad intento radicale, il tasso di sopravvivenza a cinque anni sale al 20% (Airtum 2021). 

Perché tanta penuria di risultati? Principalmente per la sintomatologia subdola e tardiva che riduce il numero dei malati candidabili all’intervento chirurgico a circa 1/5 del totale (in Italia oltre 8.300 casi/anno).

Dunque, al momento, in mancanza di strumenti diagnostico-terapeutici migliori, bisogna porre sul tappeto due questioni basilari: la prevenzione e la diagnosi precoce.

La prima, come risulta dagli studi epidemiologici sulle insorgenze neoplastiche in genere, può essere affrontata sul piano degli stili di vita: tabagismi e svaporismi vari, uso considerevole di alcoolici, scarsa mobilità, obesità favoriscono (non determinano) in maniera significativa la crescita neoplastica a localizzazione pancreatica. Una prova? A causa di stili di vita simili ormai a quelli maschili il ca. pancreatico nelle donne presenta oggi un’incidenza simile a quella maschile.  

La seconda questione, una volta esclusa la validità di uno screening specifico, poggia sul rilievo di tre fattori: l’inspiegabile notevole perdita di peso corporeo, movimenti anomali della glicemia, la constatazione del complesso di urina scura, feci chiare, pelle giallastra.

A queste conclusioni strategiche è giunta una recente ricerca guidata dall’Università di Oxford, che, muovendo da questi dati, si prefigge di proporre un algoritmo che includa tutti i fattori di rischio e i sintomi soggettivi ed oggettivi per giungere precocemente alla diagnosi e al conseguente iter terapeutico.

E’ molto poco quanto viene prospettato in questo momento? Certamente lo è, ma intanto sopravanza e scuote i fatalismi e i chiacchiericci di prammatica.

*già docente di Chirurgia generale nell’Università di Bologna e direttore delle Chirurgie generali degli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna

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