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Bologna: la dotta, la grassa, la rossa

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Qualità della Vita 2022: istruzione, servizi e innovazione. Perché ha vinto Bologna

In testa nella Qualità della vita 2022, per la provincia è la quinta vittoria in 12 anni per il capoluogo emiliano che eccelle in ricchezza e demografia e punta a diventare un asset strategico nelle scienze

di Ilaria Vesentini Il Sole 24 ore

12 dicembre 2022

Patrimonio Unesco. Bologna – i cui portici sono patrimonio Unesco – è una città universitaria di primo piano e anche una destinazione turistica. Ogni anno è attraversata da 50 milioni di viaggiatori che si fermano alla stazione dell’Alta Velocità e da 10 milioni di passeggeri dell’aeroporto Marconi

È la ricetta secolare racchiusa nei tre appellativi “dotta, grassa e rossa” a spiegare il perché Bologna conquista, per la quinta volta in 33 edizioni, la vetta della classifica generale sulle province italiane per la migliore qualità di vita. Scalando cinque posizioni rispetto all’edizione 2021 e replicando i primati del 2000, 2004, 2011 e 2020.

L’innovazione non manca, come conferma la virata verso i big data e il supercalcolo suggellata a fine novembre dall’inaugurazione di Leonardo (il quarto computer più potente al mondo), ma «il segreto di Bologna è la certezza di un alto livello di benessere sociale e culturale, garantito da una città piccola se misurata sui suoi 400mila abitanti ma aperta al mondo perché crocevia internazionale», spiega il sindaco Matteo Lepore, che poco più di un anno fa ha preso il testimone del Pd dal suo mentore Virginio Merola.

Il primato nell’istruzione

Bologna è dotta: occupa spesso il primo posto della classifica «Demografia, salute e società» in virtù del record di diplomati e laureati tra i 25 e i 39 anni ed è al terzo posto in Italia per durata del percorso di studi (11,72 anni, dopo Roma e Trieste). Una tradizione che affonda nella più antica università del mondo occidentale, l’Alma Mater (fondata nel 1088), che da quasi un millennio alimenta l’economia della conoscenza.

Ricchezza e coesione

Bologna è grassa, se dietro all’epiteto ottocentesco di Pellegrino Artusi per l’opulenza dei suoi piatti si legge la prosperità dell’economia: la città turrita è seconda solo a Belluno per «Ricchezza e consumi», in salita di due posizioni rispetto all’edizione 2021, è terza per valore aggiunto per abitante, sesta per ammontare delle pensioni di vecchiaia, nona per investimenti in riqualificazioni energetiche.

Bologna è rossa, perché nel colore dei suoi 62 chilometri di portici patrimonio Unesco e della sua militanza a sinistra c’è la coesione di una comunità che ama la competizione ma non le disparità sociali, come ricorda la nuova piazza Liber Paradisus (dal nome dell’atto con cui nel 1256 la città, prima in Europa, abolì la schiavitù). Oggi è prima per partecipazione elettorale (73,9%), seconda per basso numero di Neet, seconda per alto tasso di occupazione (74,8%), terza per penetrazione della banda larga.

Il nodo sicurezza

In mezzo a decine di indicatori che vedono la città della musica (altro riconoscimento Unesco) ai primi posti in Italia per bien vivre, suona la nota stonata della «Giustizia e sicurezza», categoria in cui Bologna si piazza al 95° posto (e al 104° per indice di criminalità). «È un dato che non tiene conto della realtà – ribatte il primo cittadino – perché crimini e denunce sono parametrati sui cittadini e non su una città vissuta ogni giorno da un milione di city users, tra turisti e lavoratori. Ciò non significa abbassare la guardia, ma le città che attraggono ingoiano anche problemi nuovi».

Un quarto della popolazione bolognese cambia ogni dieci anni, l’Alma Mater continua a fare il pieno di iscritti stranieri (+4% anche quest’anno mentre gli altri atenei perdono studenti), fa notare Lepore, «e siamo una città rifugio per il Sud Italia, per i senza dimora, per chi ha bisogno di cure mediche. La sfida è coniugare un’alta qualità dei servizi con l’idea di una città progressista».

Lavoro e imprese

Una città, ricorda Michele Bulgarelli, segretario generale Fiom Cgil Bologna che oggi tiene sotto le Due Torri il suo XII congresso, «che dal 2016 a oggi sta giocando il ruolo di locomotiva non solo per occupazione, salari e ricchezza, ma per contrattazione sindacale e redistribuzione, grazie anche al lavoro di sponda che da dieci anni in città stiamo portando avanti con la IG Metall di Wolfsburg, anticipando i cambiamenti delle fabbriche e delle catene di fornitura». Oggi a Bologna il numero di lavoratori che ha un contratto di secondo livello supera il 61% contro il 20% di media italiana.

È da inizio millennio che Bologna si posiziona ogni anno tra le prime dieci province per crescita del Pil, perlopiù tra le prime tre «e anche le previsioni per il 2023 la collocano sul podio, a sottolineare un percorso evolutivo che trae forza da solide fondamenta: l’industria manifatturiera vale oltre un quarto del Pil bolognese – interviene Guido Caselli, direttore del centro studi Unioncamere regionale – ma la forza del tessuto economico e sociale è nella diversificazione settoriale e nella capacità di creare filiere che escono dai canoni tradizionali e ibridano attività manifatturiere e terziarie, sapere artigiano (quasi un terzo delle imprese sono artigiane) e valori della cooperazione (il 16% degli addetti di Bologna opera nel mondo coop)».

Le incognite sulle traiettorie future sono legate all’invecchiamento della popolazione (Bologna conta 200 anziani ogni 100 bambini, 210 nel comune capoluogo) e al mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Ma gli ingredienti per centrare l’obiettivo fissato da Lepore a inizio mandato di trasformare l’“isola felix” bolognese in asset strategico per lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese ci sono tutti.

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