Un disastro annunciato: non assegnato il 25% delle borse di specializzazione. In emergenza-urgenza meno di 1/3
ANAAO, Sindacato Redazione DottNet
Su 15.256 contratti statali e regionali a bando, solo 11.392 (75%) è stato assegnato, numero destinato a diminuire vertiginosamente a causa delle centinaia di mancate effettive immatricolazioni
I risultati delle assegnazioni del concorso di specializzazione 2024 si confermano un “disastro annunciato“. Su 15256 (aumenteranno nel 2025) contratti statali e regionali a bando, solo 11392 (75%) è stato assegnato, numero destinato a diminuire vertiginosamente a causa delle centinaia di mancate effettive immatricolazioni. Continua inoltre la tendenza negativa per le cosiddette specializzazioni meno ambite, prima tra tutti la medicina d’emergenza-urgenza (30% dei contratti assegnati), oltre alle specialità di laboratorio (15% patologia e biochimica clinica, 11% microbiologia), anatomia patologica (47%) e radioterapia (18%).
A fare il quadro della situazione è l’associazione Als e il sindacato Anaao Giovani, che si dichiarano “preoccupati e amareggiati” per i risultati delle assegnazioni del concorso di quest’anno, “già ampiamente previsti e denunciati in anticipo più riprese”.
Analizzando più nel dettaglio le 36 scuole di specializzazione di Medicina di Emergenza il dato è impietoso: su 1020 contratti banditi, è stato assegnato solo il 30% (304 contratti). “A nulla è valso la campagna-spot del Ministero della Salute per sensibilizzare gli aspiranti specializzandi a scegliere medicina d’emergenza, una campagna ideata insieme ai professori universitari e non coinvolgendo le associazionimaggiormente rappresentative”, spiegano i giovani medici.
“Davanti a questi dati incontrovertibili, la domanda che deve essere posta a tutti coloro che si occupano di politica sanitaria è la seguente: ‘come risolviamo la cronica e pericolosa carenza di medici in branche come la medicina d’emergenza? – chiariscono -. In quanto realtà associative maggiormente rappresentative dei medici specializzandi, non abbiamo dubbi: l’unica soluzione è riformare la formazione medica post-laurea, archiviando l’impianto formativo attuale con un contratto di formazione – lavoro istituendo i learning hospital, con specializzandi che hanno i diritti e i doveri dei dirigenti medici in un contratto incardinato nel Ccnl con retribuzione e responsabilità crescenti; una soluzione che “stranamente” non comporta un aumento di spesa perché abolirebbe non il numero chiuso ma la figura dei gettonisti, costati all’erario pubblico ben 1,7 miliardi di euro dal 2019 al 2023, e risolvere le ormai incancrenite criticità dei pronto soccorso. Inoltre, si dovrebbe evitare di bandire contratti in scuole in cui, qualsiasi siano le ragioni sottese, i contratti vengono abbandonati e/o non vengono attribuiti. In tal modo si potrebbe migliorare l’efficienza del sistema attuale, ma non si risolverebbe il problema alla radice.”
“Questa domanda deve essere rivolta anche al mondo Universitario – Accademico: cosa risponderebbero? Che la formazione italiana è la migliore d’Europa, che i giovani medici pensano solo ai soldi e non alla vocazione, che sono fannulloni e che dovrebbero essere contenti a lavorare per 1300€ netti al mese visto che “ai loro tempi” la specializzazione era gratis? Che occorre aumentare gli ingressi a medicina o peggio ancora andare oltre il numero chiuso? Occorre, pertanto, creare in tempi rapidi un tavolo interministeriale con il mondo associativo, sindacale e accademico per rispondere rapidamente a questa domanda e predisporre tutte le opportune azioni legislative per contrastare una carenza che si sta irrimediabilmente ripercuotendo sulla qualità dell’erogazione del nostro Ssn.
Da qualche mese è attivo un mini – gruppo di lavoro composto da soli membri del Ministero dell’Università: abbiamo seri dubbi, non ce ne vogliate, che il mondo accademico abbia la volontà di riformare pienamente sé stesso e non potrà che proporre modifiche legislative non risolutive e addirittura dannose, come ad esempio una riforma dell’ingresso in scuola di specializzazione per ritornare al concorso locale dove la meritocrazia era una chimera”, concludono i giovani medici