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Austerità e povertà

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“Austerità” per i poveri

 Pubblicato il 11 Luglio 2022 da editor Diario Prevenzione

Fonte Antropocene.org

By Prabhat Patnaik

L’adozione di «due pesi e due misure» da parte del FMI mostra la disumanità intrinseca del capitalismo.


Le vite umane in periferia valgono meno delle vite umane nelle metropoli.

Da oltre due anni, il mondo sta affrontando una pandemia che non si vedeva da un secolo e che ha già causato quindici milioni di vittime secondo l’OMS, senza essere lontanamente vicina alla fine. Questa è una crisi senza precedenti per l’umanità nel suo insieme, che richiede uno sforzo enorme da parte di ogni governo, in particolare i governi dei paesi del Terzo mondo, dove le persone sono particolarmente vulnerabili non solo alla malattia ma anche all’indigenza che essa porta con sé.

Essi devono espandere le strutture ospedaliere, tenere pronti un numero adeguato di letti per i ricoveri, creare strutture per i test, rendere disponibili i vaccini e allestire strutture per la vaccinazione e così via. Inoltre, i governi devono fornire soccorso alla popolazione attraverso trasferimenti e aiuto ai piccoli produttori che rischiano di fallire. Tutto ciò richiede un aumento della spesa da parte dei governi.

Ma, proprio a causa della pandemia, soffre la produzione e con essa le entrate del governo alle aliquote fiscali vigenti. A meno che non aumentino le aliquote fiscali sul patrimonio, devono quindi aumentare i loro disavanzi fiscali in proporzione al PIL. In breve, [i governi] devono adottare politiche direttamente contrarie ai dettami del neoliberismo, che violano tutti i vincoli imposti dalla cosiddetta “responsabilità fiscale” e che abbandonano ogni preoccupazione per l’“austerità” fiscale.

Ma vediamo cosa è realmente successo.

Proprio a causa del rallentamento o della stagnazione dell’economia mondiale, le esportazioni dei paesi del Terzo mondo sono in sofferenza. Certo, anche le loro importazioni a causa del rallentamento dei tassi di crescita del proprio PIL; ma, anche supponendo che le esportazioni e le importazioni siano influenzate nella stessa misura in modo che il disavanzo o l’avanzo commerciale scenda in tandem con il PIL, resta il fatto che devono essere rispettati gli impegni ereditari del debito estero la cui entità rispetto al PIL deve aumentare. Questi debiti devono essere rinnovati e il loro servizio deve essere opportunamente differito. In altre parole, anche se i flussi commerciali relativi al PIL dopo la pandemia rimangono gli stessi come prima per tutti i paesi, mentre il PIL stesso ristagna, le scorte di debito estero aumentano rispetto al PIL a causa di questa stagnazione.

L’onere del debito, quindi, diventa maggiore e richiede speciali accomodamenti da offrire ai paesi del Terzo mondo.

Il modo più ovvio per farlo è avere una moratoria del debito per un certo numero di anni; e, all’interno del capitalismo mondiale contemporaneo, l’istituzione che deve essere incaricata di attuare tale moratoria del debito è il FMI, che dovrebbe anche incoraggiare i paesi ad abbandonare l’“austerità” e a spendere per la salute e il benessere delle persone durante la crisi. In effetti, l’attuale amministratore delegato del FMI, Kristalina Georgieva, ha detto spesso ad alcuni paesi membri di abbandonare l’“austerità” in questo momento di crisi, da cui si può avere l’impressione che il FMI abbia finalmente compreso l’entità della minaccia all’umanità nel suo insieme posta dalla pandemia. Ad esempio, ha recentemente esortato l’Europa a non «mettere in pericolo la sua ripresa economica con la forza soffocante dell’austerità».

Ma la realtà, si scopre, è stata molto diversa.

Oxfam2 ha recentemente analizzato quindici accordi di prestito firmati dal FMI con paesi del Terzo mondo nel secondo anno della pandemia, e tredici di questi insistono esplicitamente sull’“austerità”. Tali misure di “austerità” includono tasse su cibo e carburante e tagli alla spesa da parte dei governi che inevitabilmente influiscono sui servizi di base come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Anche nel caso di altri sei paesi con i quali sono in corso dei negoziati, il FMI insiste sempre sull’adozione di misure simili da parte loro.

Questa insistenza sull’“austerità” non può essere respinta come un’eccezione. In precedenza, il 12 ottobre 2020, Oxfam aveva riferito che da marzo 2020, quando è stata dichiarata la pandemia, il FMI aveva negoziato novantuno prestiti con ottantuno paesi; e di questi, in ben settantasei, vale a dire nell’84 % dei contratti di prestito, si è insistito sull’“austerità” che non solo rende la vita più difficile ai poveri intrappolati nella morsa della pandemia, ma si traduce anche in una stretta sulla spesa sanitaria. L’insistenza del FMI sull’“austerità” continua quindi più forte che mai, anche in un momento in cui i popoli del mondo possono meno sopportarne il peso.

Non sorprende che Oxfam abbia sottolineato il contrasto tra il consiglio di Kristalina Georgieva all’Europa di non essere vincolata dall’“austerità” e il programma effettivo su cui insiste per il Terzo mondo l’istituzione che dirige, che consiste nell’osservare “l’austerità”. Su questa base, Oxfam ha accusato il FMI di utilizzare «due pesi e due misure», uno per i paesi avanzati e uno diverso per i paesi del Terzo mondo. L’adozione di due misure è sempre ripugnante, ma al momento di una pandemia che sta colpendo l’umanità nel suo insieme è particolarmente aberrante.

Ciò che manca all’analisi di Oxfam, tuttavia, è la constatazione che, la logica dei «due pesi e due misure», evidente nel comportamento del FMI, è insito nella natura del capitalismo stesso. In effetti, una società di classe comporta necessariamente misure diverse: un lavoratore non può entrare in una banca e chiedere credito, ma ovviamente un ricco può chiedere e ottenere credito. In altre parole, la quantità di capitale che si può ottenere da fonti “esterne” dipende dalla quantità di capitale che si possiede, motivo per cui la proprietà sul capitale è una condizione essenziale per essere un capitalista. Se così non fosse, allora chiunque potrebbe diventare un capitalista, in modo che ci sarebbe una perfetta mobilità sociale piuttosto che una discontinuità che equivale alla divisione di classe.

Infatti, intellettuali difensori del capitalismo come Joseph Schumpeter che attribuivano l’origine del profitto non alla proprietà dei mezzi di produzione ma al fatto che coloro che diventavano capitalisti avevano un talento speciale, che chiamava “innovatività”, affermavano in realtà che chiunque avesse tale “innovatività”, ovvero chiunque avesse un’idea che potesse essere utilizzata per creare un nuovo processo produttivo o un nuovo prodotto, poteva ottenere un prestito dalle banche e avviare un’impresa.

Ma tali tentativi di cancellare le divisioni di classe nella società sono palpabilmente falsi; nessun lavoratore agricolo, per quanto possa avere un’idea innovativa, può avviare un’impresa (anche se ovviamente l’idea può essere rubata da un uomo ricco per avviarne una propria).

Esattamente allo stesso modo, in un mondo imperialista in cui i paesi sono divisi in due categorie distinte — paesi metropolitani e periferici — le banche metropolitane sono molto più restie a concedere prestiti ai paesi periferici che ai paesi metropolitani; e pertanto ci saranno necessariamente «due pesi e due misure» in materia di concessione di prestiti. Il FMI, in quanto custode del capitale finanziario internazionale dominato dalle istituzioni finanziarie metropolitane, deve mantenere questi «due pesi e due misure» nel sanzionare i prestiti e nell’imporre condizioni per la loro restituzione.

Una critica come quella avanzata dall’Oxfam a tale «duplice logica» adottata dal FMI, quindi, si basa sull’idea sbagliata che il FMI sia un’istituzione umana ben intenzionata che si prende cura degli interessi dell’umanità, invece che un’istituzione capitalistica che si prende cura degli interessi del capitale finanziario internazionale.

Il comportamento del FMI riflette quindi la natura stessa del capitalismo, la sua essenziale disumanità. E non intendo “disumanità” solo nel senso che esso antepone i profitti alle persone, ma anche nel senso che ne consegue, ovvero che non considera tutta la vita umana di uguale valore, e applica necessariamente «due pesi e due misure» in ogni ambito della vita. Ad esempio, quando viene sollevata la richiesta che le industrie inquinanti vengano trasferite dalla metropoli nelle periferie, l’ovvio presupposto alla base di questa richiesta è che la vita umana nelle periferie non valga tanto quanto la vita umana nella metropoli.

L’odiosità di un sistema sociale che si basa su questa discriminazione fondamentale, o se vogliamo che fa «due pesi e due misure», diventa evidente soprattutto in periodi come quello attuale, nel pieno di una pandemia. Quando sia l’umanità che la sagacia richiedono che dovremmo occuparci di tutta la vita umana, non importa dove si trovi, un sistema sociale che le discrimina, considerando alcune vite come un valore mentre altre no, si distingue per la sua disumanità e irrazionalità.

Note

[1] Tra i libri recenti di Prabhat Patnaik A Theory of Imperialism (Columbia University Press, 2016 – trad. it. Una teoria dell’imperialismo, Meltemi, 2021) e Capital and Imperialism: Theory, History and the Present (Monthly Review Press, 2021), entrambi scritti insieme a Utsa Patnaik. Questo articolo è stato pubblicato su Peoples Democracy il 15 maggio 2022.

[2] Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief) è «una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo». Wikipedia

Prabhat Patnaik

Traduzione di Alessandro Cocuzza – Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 16.05.2022


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