“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”, così recita un passo dell’atto costitutivo della O.M.S.. Tale assunto partiva certamente da una ispirazione illuminata e progressista, tuttavia svariati decenni di cultura neoliberista l’hanno reso (tristemente) poco più che una ingegnosa trovata di marketing. Si comprende facilmente che il benessere deve essere qualcosa di più rispetto al non essere malati, ma non appena proviamo a definire questo costrutto il compito appare davvero arduo.
La amara verità è che la salute della mente (come e ancor più di quella del corpo) è uno di quei concetti talmente incrostati di aspetti culturali, ideologici, storici e politici da risultare altissimamente tossici per ogni tentativo di esercitare una qualsivoglia onestà intellettuale.
Nell’era neoliberista è andata perduta qualunque narrazione su una buona vita, lasciandoci all’isteria della sopravvivenza, e alla deriva iper-salutista nel cibo e nel fitness. Il salutista non cerca la salute ma la sopravvivenza, pur non sapendo indicare alcuna ragione emotivamente fondata per vivere.